Si abbasseranno i livelli di democrazia se il "Si" prevarrà. E con essa scenderà ulteriormente il livello di benessere del Paese
Di Mauro Aurigi
LA RABBIA DI KRUSCEV
Qualcuno dei meno giovani se lo deve ricordare nei primi anni ‘60 lo scazzo del presidente sovietico Kruscev in un violento intervento indirizzato anche alla Casabianca di Kennedy, con cui denunciava un fatto per lui inaccettabile: non le potenze vittoriose della seconda guerra mondiale, ma i tre paesi nazi-fascisti che quel conflitto avevano scatenato e perso, Germania, Italia e Giappone, invece di un dopoguerra di umilianti ristrettezze e nonostante le distruzioni belliche, avevano in pochi anni realizzato le tre economie più brillanti del pianeta. In effetti era vero: quello tedesco, con un marco pimpante, fu definito “bum economico”, quello italiano perfino “miracolo economico” (alla fine degli anni ’50 addirittura la ”liretta” italiana si guadagnò il premio Oscar di moneta più solida del pianeta). Per il Giappone e il suo yen di allora non c’è bisogno di illustrazioni.
Perché questo fenomeno si è verificato? Il povero Kruscev non poteva capirlo, perché come i suoi connazionali poco o niente si intendeva di democrazia. Ma anche da questa parte del mondo, ancora oggi, non è che di democrazia ne mastichiamo troppo o comunque non sempre in maniera congrua. Infatti per i più la democrazia è solo portatrice di valori etici quali la libertà, la dignità, la giustizia, l’uguaglianza, la solidarietà ecc. Ma in realtà la democrazia è anche e soprattutto portatrice di valori molto più materiali e tangibili. Perché la democrazia è produttrice di ricchezza che a sua volta è produttrice di cultura (la povertà produce ignoranza), e la cultura infine induce lo sviluppo della scienza e delle arti. Mentre le tirannie non solo non producono ricchezza, ma nutrono un’insaziabile cupidigia per quella altrui.
A quei tre paesi che disturbavano i sonni del dittatore sovietico (segretario del partito dominante e capo del governo, proprio come Renzi) era successo proprio questo: furono obbligate a un impatto brusco e repentino con la democrazia dopo il buio annoso – nel Giappone addirittura secolare – di tirannie violente e spietate. Insomma dopo la guerra si trovarono improvvisamente immersi nella democrazia come mai nella loro storia. Questo improvviso impatto ha provocato il veloce recupero dalle distruzioni e il miracoloso avvio verso la prosperità economica. Un paio di decenni dopo, e non è storia ma attualità, lo stesso fenomeno si ripeté nella Spagna dopo la fine del franchismo: un rapido recupero (qualcuno preconizzò addirittura il sorpasso dell’Italia), però troppo presto bloccato dalla crisi attuale.
SUPERIORITA’ DELLA “RAZZA BIANCA”? NO, SUPERIORITA’ DELLA DEMOCRAZIA
Che la democrazia abbia questi benèfici effetti materiali oltre che morali, lo riscontriamo anche su un piano enormemente più vasto, quello planetario. Anche se pochi, nonostante le dimensioni del fenomeno, sembrano accorgersene, l’Occidente è diventato quello che è solo ed esclusivamente perché ha adottato livelli di democrazia che spesso sono del tutto inesistenti nel resto del mondo. A coloro che vedono in ciò una dimostrazione della superiorità della “razza bianca” o addirittura del Cristianesimo su tutte le altre razze e religioni (è vero l’Occidente è prevalentemente, se non esclusivamente, bianco e cristiano), va ricordato che fino al XIII secolo gli orienti arabo, indiano e cinese erano di secoli se non di millenni più evoluti dell’Occidente. E anche al ricorrente richiamo alle radici greche e/o romane dell’Occidente attuale dobbiamo replicare che la Grecia e Roma guardavano soprattutto a Oriente (la Grecia esclusivamente) del quale si sentivano parte, piuttosto che all’Europa, avvertita non come un miraggio del futuro, ma come terra di barbari, non di civiltà.
Il fatto è che nel XIII secolo, nelle libere città-stato del centro-nord d’Italia, esplode l’Umanesimo italiano, la più grande rivoluzione culturale di quel millennio. I Comuni fanno la guerra e sottomettono i feudatari delle campagne, i quali, per quanto formalmente soggetti all’Imperatore, erano quanto di più simile alla mafia rurale si possa immaginare. Allora e per la prima volta nella storia ai nobili, da sempre monopolisti del potere politico, militare e religioso per grazia di Dio, viene tolto ogni diritto e privilegio politico. E ancora per la prima volta giuristi delle università comunali coniano locuzioni come “sovranità popolare” (una voluta provocazione lessicale in quanto la sovranità compete al sovrano) e populus sibi princeps (il popolo principe di se stesso) e attribuiscono alla politica, considerata l’arte più nobile dell’uomo (oggi è comunemente definita la più sporca), la seguente definizione: “arte di gestire una società di uomini liberi solo sottomessi alle leggi che essi stessi si danno”. Perfino per il Papa viene teorizzata l’elezione popolare.
Secondo Quentin Skinner dell’università di Cambridge è lì che nasce la prima forma di democrazia moderna e quindi nasce il pensiero politico occidentale, ossia è da lì che nasce l’Occidente. Senza di ciò niente Rinascimento, niente Riforma protestante, niente Illuminismo, niente Occidente attuale.
L’ABISSO SOCIO ECONOMICO CHE DIVIDE LA DUE AMERICHE
Sento di dover aprire una parentesi per dire a chi è ferocemente critico verso l’Occidente per i suoi innegabili errori costati miserie e lutti senza fine alle popolazioni degli altri continenti, di riflettere sul fatto che senza Occidente oggi l’intero pianeta sarebbe tutto Sud America, Africa e Asia. Tanto per chiudere la parentesi: le elaborazioni di ideologie quali l’anti-colonialismo, l’anti-schiavismo e l’anti-imperialismo sono di democratica marca occidentale, non del secondo, terzo o quarto mondo. Chiusa la parentesi.
Devo infine aggiungere che l’equazione che ho prima enunciato, ossia che esiste un rapporto diretto di causa e effetto tra i livelli di democrazia adottati e i livelli di prosperità economica e civile di un paese, è una norma che a mio parere non ha eccezioni né nella storia né nell’attualità. E’ solo così, tanto per fare un esempio, che si può decifrare l’enorme differenza tra l’America del Nord e quella centro-meridionale, altrimenti inspiegabile. Anche all’interno dello stesso Occidente la validità di quella norma è facilmente riscontrabile: i paesi a democrazia più evoluta, segnatamente quelli protestanti, hanno realtà sociali, culturali ed economiche superiori a quelli a democrazia carente, segnatamente quelli cattolici o ortodossi che in occasione della crisi attuale sono stati addirittura definiti sprezzantemente PIGS (porci), acronimo di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Ed è bene sottolineare che anche nel nostro stesso Paese la distanza che oggi separa il Settentrione dal Mezzogiorno ha la stessa causa: i differenti livelli di democrazia. E qui il delta ha le sue antiche radici nel fatto che l’esperienza comunale che coinvolse tutta l’area centro-settentrionale non interessò il Sud neanche marginalmente. Ed è bene ricordare a chi attribuisce il fenomeno a ragioni “razziali” – il guru della Valtrompia Salvini e i suoi compari, tanto per non fare nomi – che per ben 2000 anni e fino al XIII secolo il Meridione era stato di gran lunga più avanzato del centro-nord: Palermo e Napoli erano da secoli le città più importanti d’Europa.
Perché questo lungo e forse noioso discorso?
Questa premessa mi è sembrata necessaria per introdurre la discussione sulla riforma costituzionale Boschi-Verdini. La quale, bisogna ricordare, è stata votata da un Parlamento di nominati dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale. Come non bastasse è collegata alla nuova legge elettorale, l’ “Italicum”, che è stata votata dallo stesso Parlamento illegittimo e che è perfino peggiore di quel “Porcellum” che è già stato dichiarato incostituzionale dalla Suprema corte ma che è ancora, negli effetti, vigente. Come meglio spiegheranno altri, la “Boschi-Verdini” e l’ “Italicum”, oltre a diversi e pesanti difetti estetici e tecnici che aumenteranno esponenzialmente i conflitti di competenza, comportano una drastica riduzione dei livelli di democrazia.
RIDUZIONE INQUIETANTE DEL TASSO DI DEMOCRAZIA: UN SALTO NEL BUIO
Intanto va subito detto che il tutto discende “democraticamente” dall’alto (Capo dello Stato, Napolitano, e Capo del Governo, Renzi) invece di salire dal basso (Parlamento). Per cui non c’è da meravigliarsi che il dato più sconcertante della riforma complessiva sia l’anacronistico trasferimento di potere politico e amministrativo dalle periferie (Comuni e Regioni) e dagli eletti del popolo, ossia dal Parlamento, ad un organo di nominati, il Governo, anzi nella mani del suo leader. Il quale leader (è la traduzione letterale di duce e führer) entrerà in possesso della facoltà di nominare la maggioranza dei parlamentari (violando il principio costituzionale che spetta al Parlamento il controllo sul Governo e non viceversa). Ma nominerà direttamente o indirettamente anche la maggioranza del Consiglio superiore della magistratura, della Corte costituzionale e addirittura sarà decisivo anche nell’elezione del Capo dello Stato. Non si tratta di novità assolute. Il progetto è vecchio: si chiama “governabilità”, condizione che rappresenta da sempre la massima aspirazione e giustificazione di ogni tiranno o leader di popolo, a cominciare da Mussolini. Ma non c’è bisogno di andare tanto lontano. Si può partire dalla “P2” di Gelli tra gli anni ’70 e ’80 (ma forse ancora prima da “Gladio” dove fu coinvolto Cossiga) per continuare, solo per citare i nomi più importanti, con Craxi, Berlusconi, D’Alema e Napolitano (che chiamavano la governabilità più graziosamente “più potere all’esecutivo” e quindi meno potere al popolo) e per finire con Renzi che la realizzerà se vincono i “Sì”. Potrebbe essere il colpo di grazia a questo nostro traballante Paese, perché non esiste un solo paese civile e prospero nell’attualità e nella storia che debba la sua civiltà e prosperità a un leader, mentre un leader c’è sempre quando una comunità vive in condizioni di civiltà e prosperità deplorevoli e comunque insufficienti.
Siamo già nel gradino più basso della scala delle democrazie (e delle economie) occidentali. Al di sotto di questo livello è già dittatura. Quindi la vittoria del “Sì” comporterà ineluttabilmente la discesa da quel gradino: fine della democrazia, inizio del regime e di una depressione sociale e economica senza fine, com’è logico che sia.
Il nostro destino sarà irrimediabilmente segnato. Sarebbe comunque il primo passo per una spirale verso il basso. Nell’era di Putin, Erdogan, Orban, Le Pen, Trump, ecc. in Italia ci saranno sempre più aspiranti autocrati, progressivamente sempre peggiori di Renzi e disposti a succedergli.
Così si precipita nell’altra sponda del Mediterraneo, ossia fuori dall’Occidente.