Riflessioni amare sullo stato dell'insegnamento e altri corollari
SIENA. Alla redazione de Il Cittadino online
Ad un tratto dopo il referendum i media hanno annunciato che la Buona Scuola di Renzi (legge 107) non è tanto buona e che gli insegnanti (denigrati e infangati in modo programmato e plateale, come ha fatto Rondolino nei vari talk show) avevano avuto ragione di protestare, anche se in molti comitati per la difesa della scuola statale e la raccolta di firme per un referendum abrogativo della 107 (fallito per ragioni tecniche, ma che aveva ricevuto più di 530 000 firme) sono stati sempre ignorati. Purtroppo la “società civile” non si è mossa.
Sulla grande stampa e alla televisione se ne è parlato solo per aspetti marginali come i trasferimenti degli insegnanti da un capo all’altro della penisola, in base a certi cervellotici algoritmi (e anche qui la colpa è stata degli insegnanti che non si vogliono muovere) o per fatti sensazionalistici (tipo crolli, epidemie, violenze).
E io qui vorrei porre l’attenzione sulla sostanza effettiva della legge 107 che, seguendo le piste della lontana riforma di Luigi Berlinguer (il primo ministro dell’Istruzione di sinistra della Repubblica italiana) mette il cappello sulla sostanziale parità tra scuole statali e private, chiamate tutte paritarie o paritetiche. In effetti si invitano i capitali privati a finanziare in modo generoso la scuola mentre nello stesso tempo si aumentano i finanziamenti alle scuole private e si danno loro privilegi mai avuti. Basti pensare che quest’anno scolastico il punteggio per l’insegnamento nelle scuole private parificate è di 12 punti come nella scuola statale, prima era la metà, mentre queste possono scegliersi il personale secondo i loro criteri, per lo più cattolici ma anche capitalistici. In quanto a questo la scuola statale italiana è ormai abituata da tempo se si pensa che gli insegnanti di religione cattolica sono scelti dagli arcivescovi e pagati dallo stato con privilegi che credo esistano solo in Italia.
Quindi si può parlare di privatizzazione della scuola pubblica e pubblicizzazione della scuola privata.
Come secondo punto, attraverso il nuovo ruolo affidato ai dirigenti scolastici nell’assumere gli insegnanti a chiamata e distribuire loro meriti e “piccoli” compensi, si verticalizza la scuola ormai azienda, mettendo in competizione gli insegnanti, ricattati dall’alto della burocrazia e dai soldi concessi dalle aziende private, con conseguente perdita di libertà dell’insegnamento.
Come terzo ma non ultimo punto ne consegue come corollario la burocratizzazione della didattica basata più su un addestramento (vedi test Invalsi, progetti vari) che su l’educazione al pensiero critico.
La “società civile” non sospetta minimamente, ignara e ignava, la ricaduta che tutto questo avrà sull’avvenire dei giovani, discriminati sempre più in base al reddito, orientati a servirsi delle scuole private e a seguire direttive economiche imposte, contravvenendo al dettato della Costituzione.
Le scuole private, si parla di scuole di famiglia, di scuola possibile, di scuole senza zaino, senza voti, ma sempre con molti soldi, prolificano intanto appropriandosi e servendosi delle conquiste pedagogiche di anni e anni di sperimentazione nelle scuole statali.
La Costituzione è stata da tempo violata per quanto riguarda i diritti fondamentali della scuola, del lavoro, della sanità, molto al di là dei temi, anche se importanti, su cui abbiamo votato recentemente.
Mi scuso per la lunghezza. Vorrei che la stampa si occupasse della scuola in modo più organico ed approfondito.
Con stima
Gabriella Macucci