Vi sentirete dire che non è prevista, a questa risposta rifiutatevi di pagare avete ugualmente il diritto di avere la vostra Raccomandata
SIENA. Le Poste Italiane possono incassare senza emettere ricevuta?
Chi ha avuto la necessità di recarsi a ritirare una raccomandata, presso lo sportello di deposito, si può essere trovato di fronte alla richiesta di pagare 0,52 centesimi. Il motivo è tutto nel fatto che la busta è rimasta in deposito per più di cinque giorni.
Ovviamente le argomentazioni sostenute dall’Azienda Poste sembrano plausibili, è un servizio al cittadino e come tale deve essere pagato. Una piccola tassa, quasi impercettibile e, dove i più, sono certo, pagano senza obiettare. Che cosa può fare il cittadino di fronte a questa richiesta? Mette mano a tasca e paga.
Ogni protesta, di fronte a 0,52 centesimi, appare sicuramente ridicola.
Anche perché la richiesta è formulata con gentilezza, lo sportello è delle Poste Italiane è li che svolge un servizio, è difficile dire di no.
Tutti di fronte alla richiesta sborsano il piccolo balzello. Protestare per cosi poco, con tutti i problemi ben più gravi che ogni giorno devono essere affrontati, meglio pagare e non pensarci più.
Da cittadino, che si rifiuta di pagare, mi fa sentire un po’ alieno.
Il rifiuto non è protesta verso il costo di un “servizio forse dovuto”, ma dal fatto che non è rilasciata ricevuta per la somma pagata.
In un momento, dove tutto il Paese o quasi tutto è “proteso a contrastare l’evasione fiscale”, Poste Italiane ogni giorno, in tutti i comuni italiani, per ogni raccomandata che rimane in deposito cinque giorni di calendario, incassa senza emettere ricevuta. Quanti 0,52 centesimi ogni giorno vengono incassati senza nessuna oggettiva tracciabilità?
A noi contribuenti, rispettosi delle regole, rimane solo la forza di chiedere la ricevuta. Vi sentirete dire che non è prevista, a questa risposta rifiutatevi di pagare avete ugualmente il diritto di avere la vostra Raccomandata.
E’ una piccola ribellione, proviamoci, può farci sentire meglio.
Chi ha avuto la necessità di recarsi a ritirare una raccomandata, presso lo sportello di deposito, si può essere trovato di fronte alla richiesta di pagare 0,52 centesimi. Il motivo è tutto nel fatto che la busta è rimasta in deposito per più di cinque giorni.
Ovviamente le argomentazioni sostenute dall’Azienda Poste sembrano plausibili, è un servizio al cittadino e come tale deve essere pagato. Una piccola tassa, quasi impercettibile e, dove i più, sono certo, pagano senza obiettare. Che cosa può fare il cittadino di fronte a questa richiesta? Mette mano a tasca e paga.
Ogni protesta, di fronte a 0,52 centesimi, appare sicuramente ridicola.
Anche perché la richiesta è formulata con gentilezza, lo sportello è delle Poste Italiane è li che svolge un servizio, è difficile dire di no.
Tutti di fronte alla richiesta sborsano il piccolo balzello. Protestare per cosi poco, con tutti i problemi ben più gravi che ogni giorno devono essere affrontati, meglio pagare e non pensarci più.
Da cittadino, che si rifiuta di pagare, mi fa sentire un po’ alieno.
Il rifiuto non è protesta verso il costo di un “servizio forse dovuto”, ma dal fatto che non è rilasciata ricevuta per la somma pagata.
In un momento, dove tutto il Paese o quasi tutto è “proteso a contrastare l’evasione fiscale”, Poste Italiane ogni giorno, in tutti i comuni italiani, per ogni raccomandata che rimane in deposito cinque giorni di calendario, incassa senza emettere ricevuta. Quanti 0,52 centesimi ogni giorno vengono incassati senza nessuna oggettiva tracciabilità?
A noi contribuenti, rispettosi delle regole, rimane solo la forza di chiedere la ricevuta. Vi sentirete dire che non è prevista, a questa risposta rifiutatevi di pagare avete ugualmente il diritto di avere la vostra Raccomandata.
E’ una piccola ribellione, proviamoci, può farci sentire meglio.
Sergio Betti
Presidente Associazione Prospettive