"Dieci contrade avevano scelto, perché creare una coda di polemiche? In democrazia vincono i numeri"
SIENA. Non ho partecipato alla votazione sul Palio straordinario, solo per non creare un ulteriore elemento di divisione e contrasto. Dieci contrade avevano scelto, perché creare una coda di polemiche? In democrazia vincono i numeri, anche quando alcune centinaia di persone, dentro ogni Contrada, hanno potuto esprimersi per un’intera città. Tuttavia, si è trattata di una scelta emblematica.
Il Palio è la cartina al tornasole di tendenze, che ci permette di leggere le trasformazioni che attraversano la nostra collettività e, tramite queste, la “salute” complessiva della nostra società. C’è anche una narrazione di questo evento. Senza leggere i resoconti dei vari media, ma parlando, ascoltando qualche contradaiolo che ha partecipato alle assemblee un aspetto mi è apparso costante: il prevalere del “si”. Non del “si” affermativo che pur c’è stato, ma il “si” impersonale, quello del: “si vota”, “si corre”, “si dice” e via discorrendo. Il “si” che accorcia il tempo della discussione, che non permette di argomentare, di spiegare, il “si” del correre come unico atto, come gesto, che riduce la complessità dell’evento a un singolo frammento, a un episodio. L’individuo si nasconde dietro, dentro una maggioranza che agisce secondo la logica del “si fa”, “si dice”… Il “si”, impersonale, ha la funzione primaria di sgravare l’essere da responsabilità e scelte. Tutto diventa più leggero e tutto si trasforma in un gioco impersonale sia per chi avrebbe là responsabilità primaria della conservazione dei valori (Comune), sia per chi è chiamato a votare. Ci “si” trastulla su questa superficialità per cementare un presunto consenso, senza guardare alle conseguenze. Il Palio, con questa leggerezza, viene ridotto a semplice merce da consumare, data in pasto non solo ai turisti ma anche ai senesi. Basterebbe una riflessione minima per capire che il Palio, se inflazionato, ridotto a mero diversivo (con all’origine la proposta di un’associazione molto discutibile) perde di valore, diventa una mera corsa priva di significato. Da qui la contrapposizione, che in alcune contrade è stata evidente. Il “si vota” senza un confronto vero ha annullato ogni valore sedimentato, con la scelta istintiva dei giovani contro una “élite” più anziana e decisamente più ragionevole. La “casta” dei dirigenti, da una parte, la ricerca della novità in quanto tale, dall’altra (ho voluto appositamente usare dei termini che oggi fanno riferimento al populismo: élite, casta). Ecco perché la stessa amministrazione ha sottolineato, positivamente, la presenza di molti “giovani” al voto. Una nuova generazione che guarda poco al futuro ma si chiude in una tradizione vuota, alla ricerca di qualche rassicurazione. In realtà, è la generazione che è diventata, non certo solo per responsabilità locali, consumatrice.
“Si” consuma di tutto e velocemente dimenticando il ricordo, la memoria di ciò che accade o è accaduto. La persona – trasformata ormai in consumatore – vuole consumare, e l’oggetto del consumo diventa nella fattispecie la corsa-merce. Non è da molto tempo che Siena viene identificata totalmente con il Palio e il Palio con Siena. Ma questa identificazione non fa altro che sottolineare la crisi economica e sociale di una città (il progetto della Galleria del Palio va in questo senso) che, non avendo serie prospettive di sviluppo, si chiude dentro se stessa e a un conformismo che porta a inflazionare e svuotare di senso l’unico elemento distintivo rimastogli. Ed è, anche, in questa chiusura a riccio che va letta la polemica sull’ultimo drappellone che non può essere la semplicistica contrapposizione tra cultura laica e cultura religiosa. Si è persa l’occasione per capire fino in fondo il rapporto fra tradizione e contemporaneità, la stessa che per alcuni aspetti sta attraversando la decisione del Palio straordinario. Non siamo in presenza della libertà assoluta dell’artista ma dentro un rapporto fra tradizione, iconografia e lo stile del pittore. Se quest’ultimo prevale sui primi abbiamo uno stravolgimento del senso profondo del Palio, cosa che è avvenuta diverse volte nella realizzazione del drappellone. Attenzione, però, perché i tempi che stiamo vivendo non sono né semplici, né normali. A tutti si chiederebbe più prudenza e consapevolezza i rischi a cui si può incorrere sono altissimi. Nel nostro caso non sono in discussione la pittura di un drappellone o un Palio straordinario, ma la stessa conservazione di una identità collettiva. Che come tutte le identità è sotto minaccia del consumo e dei valori populistici.
Pierluigi Piccini