Una riflessione su giornalismo, etica, libertà di stampa
di Silvana Biasutti
SIENA. Se voglio sapere come saranno le ‘spalle’ nella moda d’autunno, leggo il Corriere della Sera; anche se voglio sapere quali sono i vini più premiati e pure se desidero sapere come vivono alcuni personaggi che mostrano casa, arredi, bibelot, e ultimi loro sfizi: sul Corsera. Anche quali sono i cibi ‘giusti’ per gusto, dieta, salute, fitness e uso di mondo, li trovo sul Corriere della Sera.
Per fortuna, di domenica, sul Corriere c’è ancora qualcuno che mi dà informazioni preziose per la salute, condite da una robusta dose di integratori che dalle pagine pubblicitarie mi propongono una vita migliore e più lunga.
Il vecchio – e affidabile – giornale quotidiano, che leggo ogni giorno per sapere come va il mondo, mi dà un sacco di notizie, su un sacco di temi; solo che mentre diminuisce il numero degli articoli dedicati a conoscere che cosa pensano di fare i politici per salvare il mio paese da una deriva greca, o che cosa succede tra i grandi “players” del mondo, o altre notizie basilari per essere informati, mi scopro a sfogliare un numero crescente di suggestive pagine, che vampirizzano il mio interesse, con colori e foto e disegni attraenti parlando al mio stomaco, a ciò che resta della mia vanità di donna, parlando al mio gusto per il gusto, e così via.
Insomma che cosa importa se Renzi procede con il renzismo e se Trump ogni giorno persa di trumpare l’Europa, o se quel sant’uomo di Juncker ne studia un’altra per favorire qualche sua amica banca!
Ciò che importa è sapersi regolare con la lunghezza delle gonne, nella prossima stagione; anzi: si porteranno di più le gonne a matita (lunghezza poco sopra il ginocchio) o la gonna lunga anytime. Ma anche gli uomini (il lettorato del Corriere sarà ancora in prevalenza maschile?) possono avere informazioni vitali per stare sul mercato del lavoro; la cravatta sarà in maglina, stretta, o in pongé di seta con fantasie giapponesi? Ma, soprattutto, la cravatta si porta ancora? È quest’ultima la risposta che ogni protagonista della finanza oggi si aspetta sfogliando con impazienza il quotidiano nazionale più autorevole.
Tuttavia fino a ieri ho resistito – ho resistito anche oggi – e ho continuato, se non a leggerlo come un tempo, a comprarlo, il Corriere della Sera. Perché il web non mi accontenta del tutto, la tv l’ho abolita da anni (luce) e – udite, udite! – a radio3 (Rai), due volte su tre l’apertura è su ciò che ha detto il Papa (con grande rispetto per il Papa, che riesce spesso a dire ciò che la politica dimentica), e qualche volta i giornali radio hanno perfino dato per due giorni la notizia di tre giorni prima (ad esempio quella del ‘rastrellamento’ alla Stazione Centrale di Milano).
Resisto, dunque, in nome di alcuni giornalisti che sul corrierone scrivono in italiano, anche se – facendo di tutte le notizie un fascio – ci si accorge che c’è “una politica” dell’informazione, che è una libera (molto libera) interpretazione della “libertà di stampa”. Intendiamoci, questo accade in tutti i quotidiani, ma solo Avvenire è – a mio modo di vedere – trasparente, perché è il giornale dei vescovi, e lo dice chiaro e tondo. Gli altri no. E nemmeno il mio quotidiano del cuore, cioè il Corriere della Sera. Però continuerò ad acquistarlo, magari scegliendo quale firma della moda è più attendibile.
Ma non lo acquisterò più di giovedì e vi spiego perché.
Di giovedì c’è Sette, anzi, c’era. Perché dalle lettere siamo passati al numero e hanno speso fiumi d’inchiostro per spiegarmi perché. Innanzi tutto, hanno scritto, perché il numero 7 ha un forte valore simbolico, ma inoltre perché il numero piace al nuovo direttore, che è anche un ottimo giornalista, è – inoltre – il giornalista che ha più frequentato il mondo anglosassone, acquisendone anche stile ed etica; perciò è anche sempre stato severo con le abitudini italiane, come ad esempio l’uso delle raccomandazioni per trovare un posto di lavoro. Io immagino che il numero 7 forse può piacere anche di più al nuovo ‘editore’, ma di certo non lo so, perché nessuno ha scritto niente in proposito.
Il Corriere, fino a tre settimane fa, aveva un ‘inserto’ del venerdì chiamato Sette, un giornale con una serie di rubriche – alcune più felici di altre – abbastanza interessanti; aveva, anche, un imprinting ecologico-ambientalista dichiarato, e abbastanza moderato (giusto, trattandosi del Corriere della Sera!). Ogni settimana ci si potevano trovare informazioni utili a costruire una sensibilità ai problemi ambientali – aria, acqua, rifiuti, ogm, clima, eccetera – ma anche notizie pratiche, poiché gira voce che l’ambiente sia in pericolo, e a parte Trump, il resto del mondo senziente pare ne sia convinto. Ma niente: l’editore, e chi altri?, ha scelto un giornalista di sicuro profilo e di grande stile (anglosassone); un giornalista che non aveva mai diretto un giornale, essendo piuttosto un fustigatore (moderato) di costumi, un interprete del giornalismo serio che al primo numero del nuovo numero (7) ha fustigato gli stalker. Il che mi ha fatto piacere; però già in copertina si capiva che il ‘tone of voice’ della fustigazione aveva un ché di paradossale, un risvolto quasi umoristico che – a mio modo di vedere – toglieva un po’ di mordente alla storia per rendere più interessante (con un filo di empatia) il profilo di uno di questi spiacevoli (e pericolosi) individui.
Poi è uscito il secondo numero, con la copertina bianconera (la prima era tutta gialla) e una zebra, per spiegarmi perché sono diventata juventina. Figurarsi, io sono milanista da sempre, ma anche se fossi juventina, o anche se fossi colta da altrettanto stupida passione, avrei domande più urgenti a cui chiedere risposte serie, oppure anche colte, spiritose, e anglosassoni.
Perciò il secondo numero di 7 è finito dritto e filato nella differenziata (cassonetto carta).
Prima però ho controllato – sperando di farlo inutilmente – che, anche nel secondo numero di 7, non apparisse la firma di una signora con lo stesso cognome del direttore. Una new-entry (come si dice in inglese) del giornalismo, casualmente sua omonima, I suppose.