L'accusa di un lettore: "Il risultato è la “desertificazione” della città, un guscio vuoto privo di presidi di vita"
SIENA. Continua inarrestabile, metodica, implacabile, l’opera di eliminazione dei piccoli negozi di vicinato di Siena, il gioiello del Medioevo famoso per il Palio e le Contrade. Nella centralissima via Montanini aprono due nuovi supermercati. Una sorta di occupazione “manu militari” di un’altra porzione di città, che avrà come effetto la chiusura dei negozietti storici. Prosegue un processo, in corso da anni, che ha visto a Siena l’apertura di un numero spropositato di supermercati. Prima sono sorti in periferia, dove si può arrivare in macchina. Ora l’invasione si è estesa anche al centro storico, chiuso alle auto. Si tratta dell’assalto alla città racchiusa dentro le mura. Una “espugnazione” che assume un sinistro valore simbolico. La presunta “modernità” uccide la storia, una storia fatta anche di botteghe centenarie, che si sono tramandate di generazione in generazione.
Il risultato è la “desertificazione” della città, destinata a diventare un guscio vuoto privo di quei presidi di vita, di socialità, di sicurezza che qualificano una comunità come quella senese, dove il senso di identità e la coesione sociale sono molto spiccati.
Tutto questo è lo scempio perpetrato da scelte politiche miopi, perseguite per decenni da una classe politica che ha sacrificato ai potentati economici – rappresentati dalla grande distribuzione – la sopravvivenza dei piccoli commercianti. Si tratta della progressiva cancellazione della classe media nell’indifferenza generale.
In questa difficile fase storica, in cui da più parti si denuncia l’acuirsi delle disuguaglianze sociali, si continua a premere sull’acceleratore che va in direzione contraria al necessario rimedio: anziché contenere gli appetiti dei potentati economici per redistribuire risorse a vantaggio dei soggetti più vulnerabili, si affossano i più deboli per dare profitti sempre più alti ai forti.
E’ ora di fermare questa deriva. E’ ora che tutti gli attori interessati a questo fenomeno di inarrestabile concentrazione della ricchezza in poche mani prendano coscienza dei danni fatti al tessuto sociale della città e comincino ad alzare la voce, a pretendere un’inversione di marcia: in primis, dovrebbero insorgere i piccoli commercianti con le loro organizzazioni, poi le associazioni che hanno a cuore la loro città, quindi i semplici cittadini che vogliono passeggiare in vie animate e pulsanti e non in strade silenziose e buie, costellate di saracinesche abbassate e vetrine oscurate.
Non si tratta di mobilitarsi per la “difesa dei bottegai”, come dicono coloro che banalizzano il problema, ma di difendere un prezioso patrimonio collettivo che costituisce l’anima della città.
Solo con una ribellione corale, popolare, si può indurre la classe politica a cambiare direzione, prima che sia troppo tardi.
Franco Tinelli