Chiti e Cerretti: "La vita di contrada esprime oggi, in un presente di cui nessuno nega la problematicità, valori e comportamenti antichi ma sempre nobili, sani e vitali"
SIENA. Molti cittadini senesi guardano con preoccupazione ad eventi come l’episodio di violenza verificatasi venerdì scorso alla Pania durante la 53° Fiera Gastronomica, dove a farne le spese è stato un contradaiolo della Tartuca al quale va tutta la nostra solidarietà. Episodio di violenza a cui il popolo della Nobile Contrada del Nicchio ha saputo reagire con estrema razionalità, evitando conseguenze ancora più negative. Ma se una certa preoccupazione può essere comprensibile, comprensibile non può certo essere la psicosi. Occorre valutare simili eventi con la necessaria lucidità, senza inutili allarmismi e soprattutto con la serenità che viene dalla forza della nostra Tradizione. Sarebbe sbagliato, a nostro avviso, assecondare il (cattivo) senso comune che, di fronte ad ogni episodio di violenza, invoca impossibili (oltre che illusorie) “soluzioni” draconiane, pur nella consapevolezza, lo ripetiamo, che purtroppo c’è stato un contradaiolo ferito.
Per evitare di strumentalizzare episodi che restano per fortuna circoscritti – e di esclusiva pertinenza di chi è istituzionalmente chiamato a perseguire chi trasgredisce le regole della civile convivenza – occorre ricordare che la vita di contrada esprime ancora oggi, in un presente di cui nessuno nega la problematicità, valori e comportamenti antichi ma sempre nobili, forti, sani e vitali. Al netto dei grandi cambiamenti epocali che anche le Contrade hanno dovuto attraversare, esse hanno perso poco o nulla della loro genuina forza morale, del loro spirito appassionatamente senese. Le Contrade, anzi, rappresentano ancora oggi l’anima più pura e popolare di Siena, di cui custodiscono i valori anche nell’epoca di Internet e della globalizzazione. Questi valori sono improntati alla solidarietà reciproca, alla mutualità che “cementa” una comunità. Le radici più autentiche della vita contradaiola si trovano in un senso di comunità non escludente, fondato sull’aiuto, sul sostegno offerto soprattutto a chi si trova in difficoltà. Nobiltà d’animo, umanità, altruismo. Di questo si parla, quando si parla della vita di contrada, oggi come ieri. Non bisognerebbe mai dimenticarlo.
E’ evidente che le Feste in contrada hanno raggiunto delle dimensioni che sono oggettivamente difficili da gestire. Ma le dovute riflessioni che ogni Consorella saprà fare all’interno dei rispettivi organi contradaioli, finita la stagione Paliesca, non hanno niente a che vedere con la strumentalizzazione più o meno mediatica-politica o quantomeno con il facile qualunquismo. A chi ha millantato che abbiamo perso valori come la senesità e lo spirito d’interscambio di cultura contradaiola, vorrei semplicemente ricordare che quando gli scriventi frequentavano le serate invernali nelle prime discoteche di contrada ed anche le serate estive dedicate alla settimane che accompagnavano le Feste Titolari, della maggior parte delle Contrade, era un continuo susseguirsi di fronteggiamenti più o meno amichevoli fra contradaioli e persone di fuori e fra contradaioli di rioni differenti. E nessuno si scandalizzava.
Non ci facciamo impressionare da episodi come quello di venerdì scorso. Noi non crediamo che la violenza di qualche ragazzotto intemperante o anche di qualche gruppo un po’ più organizzato, come è successo venerdì sera, debba fare paura a Siena e alle sue Contrade. L’incanto di suoni, colori, sapori che costituisce la bellezza della città e delle sue Contrade può e deve essere il più possibile partecipato. Ovviamente nel rispetto dovuto a una grande tradizione civile e a una forza identitaria uniche al mondo. Apertura e rispetto sono le facce di una stessa medaglia. Tutte le iniziative che “aprono” lo scrigno di Siena e delle sue Contrade a chi desidera conoscerlo – e tra queste ci sono sicuramente anche le settimane gastronomiche – sono da considerarsi ben accette.
Non è certo chiudendosi e isolandosi che si rinnovano i (presunti) bei tempi andati. Anzi, è proprio rifiutando questo atteggiamento di miope (e illusorio) conservatorismo, che le nostre Contrade possono essere ancora oggi, nel secondo Millennio, organismi vivi: il cuore pulsante di Siena, e non fossili di mera pertinenza etno-antropologica.
Nessuna paura, quindi, nessun ripiegamento. Bando alla sindrome dell’assedio: la violenza non è qualcosa che ci minaccia dall’esterno, cui si debba rispondere alzando muri e finendo per diventare autoreferenziali, quindi fatalmente deboli. La violenza è, purtroppo, uno dei caratteri della nostra epoca. Non bisogna certo arrivare a Firenze per trovare persone che eccedono nel bere o nell’uso di altre sostanze. Mi sembra che la realtà che quotidianamente troviamo nei giornali dimostri che questi fenomeni sono più che presenti anche a Siena. E’ semmai vero che le Contrade, ancora in qualche modo, riescono ad arginare tali derive e che i nostri giovani hanno comunque anticorpi abbastanza robusti per poter vivere bene, anche quando mala tempora currunt.
Non è forse questo che rende la nostra Tradizione tanto vitale e resistente? Proprio non arretrando di fronte ai tempi nuovi, non lasciandosene intimidire, le nostre Contrade hanno potuto, e potranno ancora a lungo, viverli da protagoniste. Così come pure, ancora e sempre, la nostra Siena. Una città che non arretra nell’auto-contemplazione, che non abiura le sue radici accoglienti e solidali, che si mostra oggi più che mai capace di coniugare identità e ospitalità, tradizione e apertura al futuro.
David Chiti – Alessandro Luca Cerretti
Presidente e vicepresidente Associazione Culturale Noi Siena