Smarrita e poi ritrovata... Dopo 9 mesi
![](https://www.ilcittadinoonline.it/wp-content/uploads/originali/cut1387352334192.jpg)
SIENA. Attenzione alle date:
31.7.2009. Il mandate agreement relativo alla ristrutturazione del prodotto Alexandria viene sottoscritto per parte Mps da Antonio Vigni e Gianluca Baldassarri, rispettivamente direttore generale e responsabile dell’Area Finanza.
12.01.2012. Il dottor Viola si insedia a Rocca Salimbeni per ricoprire la carica di direttore generale del Monte Paschi in sostituzione del dottor Vigni.
9.5.2012. La Guardia di Finanza perquisisce la Direzione Generale in Rocca Salimbeni.
20.9.2012. Il dirigente Valentino Fanti, responsabile della segreteria di presidenza rinviene nel protocollo dell’ex-segreteria di Direzione una copia del mandate agreement.
10.10 2012. Il dottor Viola scopre nella cassaforte di Vigni l’originale del mandate agreement.
“Preciso che ho rinvenuto l’originale dell’accordo nella cassaforte del Vigni. Mi sembra di ricordare che nella bozza consegnata da Contena (un collaboratore di Baldassarri, n.d.r.) ci fosse scritto ‘depositato in cassaforte’. Mi sono così messo alla ricerca della cassaforte, che ho trovato nell’ufficio già occupato da Vigni”. Secondo il direttore generale, la chiave della cassaforte “era, per quanto a mia conoscenza, in mano al solo segretario del collegio sindacale. Posso ragionevolmente ipotizzare che una chiave l’avesse anche Vigni perché la cassaforte era nel suo ufficio ed al suo interno ho rinvenuto effetti personali del Vigni”. Inoltre, “oltre all’accordo cui faceva riferimento la bozza consegnata da Contena, c’era altra documentazione che ho messo in un pacco – conclude Viola – che poi ho sigillato, firmato e fatto firmare anche a Leandri (capo dell’audit) ed infine consegnato alla Gdf”. Queste sono le dichiarazioni rilasciate ai Pubblici Ministeri senesi dall’attuale Direttore Generale e Amministratore Delegato del Monte dei Paschi Fabrizio Viola sul ritrovamento del documento citato, così come riportate dal Tgcom 24 del 18.2.2013.
Ora, come in un thriller che si rispetti quale è la vicenda di cui parliamo, con un flashback torniamo al giorno di giovedì 12.01.2012 e domandiamoci: cosa avrà fatto il dottor Viola appena messo piede in Direzione Generale dopo aver scambiato i saluti e gli auguri di rito con i suoi nuovi collaboratori?
Avrà riunito, presumo, la segreteria particolare dell’ex Direttore Generale Vigni per provvedere al passaggio di consegne, canonicamente da documentarsi a verbale, verbale nel quale dovrebbe essere stata ricompresa la cassaforte a muro che era situata nell’ufficio del dottor Vigni, come conferma il dirigente Valentino Fanti nel mentre riferisce ai Magistrati :“…sapevo che in uno stanzino dentro al suo ufficio c’era appunto una cassaforte…” (così racconta L’Huffington Post del 28.8.2013): l’esistenza di tale cassaforte era quindi di dominio pubblico nei piani alti del Monte.
Ma l’esistenza di quel documento rimase davvero sconosciuta fino al giorno 10.10.2012?
Scrive Davide Vecchi sul Fatto Quotidiano del 23.10.2013: “Dagli atti…emerge che…il contratto tra Nomura e Monte dei Paschi di Siena è stato protocollato da Sandra Bartolommei, ex segretaria della direzione generale, come ogni altro atto, il 3 agosto 2009… Il documento era dunque stato inserito nell’archivio informatico della banca. Il file di protocollo è allegato agli atti del giudizio immediato a carico di Gianluca Baldassarri…”
Il 15.10.2013 esce un articolo di Fabrizio Massaro per il Corriere della Sera (cfr. anche La Stampa in pari data) in cui si dà conto di “Un’email che fa risalire al 20 settembre 2012 la scoperta del testo del contratto nascosto nella cassaforte dell’ex direttore generale Vigni”. E’ quella inviata il 30.10.2010 da Fanti al dirigente Leandri, Responsabile dell’Area Revisione Interna, nella quale resoconta che il 20 settembre 2012 – e quindi venti giorni prima del ritrovamento ufficiale avvenuto il 10.10.2012 – trova nel protocollo una copia di quel documento, con l’annotazione “conservato in cassaforte”. Subito avvertì Leandri perché “…effettuasse una verifica presso detta cassaforte”.
Passarono altri 20 giorni prima che fosse individuata la cassaforte di Vigni.
Spiega il dottor Viola nella sua testimonianza all’udienza del 2 dicembre u.s. del processo per ostacolo all’azione di controllo dell’Autorità di Vigilanza che “c’era inizialmente un’indicazione nell’archivio, ma non si diceva in quale cassaforte. Riuscimmo solo il 10 ottobre 2012 a capire che si trattava di quella di Vigni” (da Il sole 24 Ore del 3.12.2013).
Dalla e mail di Fanti apprendiamo che la copia del mandate agreement fu trovata nel Protocollo dell’ex segreteria di direzione (così nell’articolo del Corriere della Sera già citato). E’ un’indicazione precisa, circostanziata, dalla quale apparirebbe logico far discendere la conclusione che la cassaforte indicata fosse quella dell’ufficio di Vigni (della cui esistenza il dirigente era a conoscenza, come abbiamo visto), beneficiario dei servizi della segreteria di Direzione.
Una conferma pare venire dall’inciso “effettuasse una verifica presso detta cassaforte“. Mi sembra di poterne interpretare il significato nel senso che la verifica richiesta da Fanti non fosse quella generica di rintracciare una cassaforte fra le tante probabilmente esistenti in Direzione Generale, ma quella di controllare il contenuto di una già individuata, di “detta cassaforte” appunto, cioè quella che Fanti ha riferito essere indicata nel Protocollo dell’ex segreteria di Direzione.
Ad un osservatore esterno rimane difficile comprendere perché sia occorso così tanto tempo per ritrovare l’originale del contratto famigerato, anche perché, come afferma sempre il Fatto quotidiano del 23.10.2013 “Dagli atti non solo emerge che era stato protocollato, ma anche che l’evidenza del collegamento tra le due operazioni (la ristrutturazione di Alexandria e il finanziamento per l’acquisto dei Btp, n.d.r.) era già stata sottolineata, tra gli altri, dagli ispettori di Banca d’Italia…nella relazione e lo conferma il Tribunale del Riesame lo scorso 13 luglio…“Tale collegamento è chiaro” prima ancora del rinvenimento del contratto, scrive il Riesame”.
Tra l’altro, come riporta La Stampa del 15.10.2013 “il 13 dicembre 2012 Mingrone (Cfo Mps, n.d.r.) ‘gira’ a Fabrizio Viola una serie di scambi di mail del luglio 2009 relative alla rinegoziazione del contratto, con il testo del mandate in allegato, dove erano almeno in sei i funzionari di Mps indicati in copia…’Sembra che almeno questi lo avessero’, chiosa il direttore finanziario”.
Mi sembra di poter concludere che se il documento doveva rimanere top secret, il sistema di sicurezza in uso al Monte ha dimostrato in questo caso qualche problema.
Il dottor Viola in un’intervista apparsa su Famiglia Cristiana il sette marzo 2013 rivendicava con orgoglio l’attività svolta per la pulizia e trasparenza del Monte. “Tra le tante cose che a quel punto abbiamo fatto c’è stato anche esaminare con attenzione il portafoglio finanziario, che ci è parso subito complicato e di scarso rendimento. E così, di scoperta in scoperta, arriviamo ai fatti clamorosi delle ultime settimane. Perché una cosa dev’ esser chiara…Queste brutte cose le abbiamo scoperte noi, le abbiamo tirate fuori noi e le stiamo sistemando noi. Nessuno ci fa favori o lavora al posto nostro”.
Rimane da capire chi fosse il soggetto misterioso che aveva in dotazione le chiavi della cassaforte del Vigni.
Immagino che quando l’ex Direttore Generale lasciò l’incarico provvide a consegnare le chiavi della sua cassaforte secondo la prassi.
Il dottor Viola afferma di ritenere che l’attrezzo fosse nella disponibilità del “solo segretario del collegio sindacale”, (il dirigente Florio Piero). Quindi si desume che la sua custodia non fosse di competenza del Responsabile della segreteria particolare di Vigni
“Posso ragionevolmente ipotizzare – continua il Direttore Generale – che una chiave l’avesse anche Vigni perché la cassaforte era nel suo ufficio ed al suo interno ho rinvenuto effetti personali del Vigni”.
Fanti a sua volta dichiara: “…sapevo che in uno stanzino dentro al suo (di Vigni, n.d.r.) ufficio c’era appunto una cassaforte ma non ne ho mai avuto le chiavi e non so se le avesse solo Vigni“ (così riferisce L’Huffington Post del 28.8.2013).
Mi scusi dottor Viola, mi verrebbe voglia di chiederle, con il dovuto rispetto, chi attualmente sia in possesso delle chiavi della cassaforte del Direttore Generale del Monte dei Paschi di Siena. Posso permettermi di ipotizzare ragionevolmente che sia il medesimo Direttore Generale?
Forse i Pubblici Ministeri di Siena dottor Nastasi, dottor Grosso e dottor Natalini potrebbero conoscere il nome di chi ricevette le chiavi dal Vigni, se tra gli atti raccolti nella loro inchiesta vi fosse anche il verbale dello scambio di consegne che dovrebbe essere avvenuto nel lontano 12 gennaio 2012 fra l’ex ed il nuovo Direttore Generale.
Non possiamo poi ignorare l’esistenza del verbale della perquisizione compiuta dalla Guardia di Finanza il 9 maggio 2012 presso la Direzione del Monte a Siena. Da quanto è emerso dai resoconti giornalistici, non risulterebbe che il mandate agreement sia stato rinvenuto nell’attività di indagine e quindi o la cassaforte non è stata controllata dai minuziosi e professionali finanzieri oppure quello scottante documento non c’era al suo interno.
Per un approfondimento su questo episodio, degno di una spy story, rimando ad un interessante articolo di Red sul Il Cittadino online del 4.2.2013, dal titolo “MPS: manine fatate e legislatori preveggenti”.
Mi sembra corretto, per dovere di cronaca, citare in conclusione quanto messo a verbale da Baldassarri, non prima di ricordare che lo stesso è imputato, in concorso con Vigni e Mussari, del reato di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle pubbliche Autorità di Vigilanza:
“Il collegamento economico tra l’operazione Btp e la ristrutturazione di Alexandria è stato da me illustrato al dottor Viola nel gennaio/febbraio scorso, prima della mia uscita dal Monte avvenuta a fine febbraio del 2012. Ho avuto 3 riunioni con Viola e in una di queste mi chiese ragione per cui erano stati acquistati 3 miliardi di Btp. Gli spiegai che rispetto alla ristrutturazione di Alexandria con il contratto di pronto/termini noi abbiamo ricompensato Nomura per l’operazione Alexandria e quindi lui a distanza di pochi giorni dal suo insediamento aveva colto il collegamento economico tra i due contratti e per questa ragione mi chiese espressamente spiegazioni al riguardo” (così come riportato nel sito”Italianiinmente.it” del 19.2.2013).
Mandate agreement Alexandria “nascosto” o “custodito” (in cassaforte)? Ai Giudici di Siena il compito di svelare il mistero.
Marco Sbarra
N.B. Il corsivo ed il grassetto utilizzati per evidenziare le citazioni sono opera dell’autore dell’articolo.