Lettera di risposta al dipendente Nino che solleva il problema del riscatto dei dipendenti
“Lo schiavo che non organizza la propria ribellione non merita compassione”
(Thomas Sankara, citato da Nino in un commento al link: “In Mps la schiavitù è volontaria?”)
MASSA CARRARA. Il tuo intervento Nino, che riferisce un passo del discorso fatto all’ONU dal passato presidente del Burkina Faso (che io non conoscevo) Thomas Sankara, mi ha colpito profondamente.
Mi sono chiesto cosa volessi dirmi con il tuo messaggio. Forse era un invito a smetterla di “rompere” continuamente i colleghi con la tiritera della lotta per tutelare la propria dignità, visto che la stragrande maggioranza di loro fa orecchie da mercante? In altre parole: Marco pensa ai tuoi casi, visto che nessuno ti ha cercato, non mettere in difficoltà i tuoi colleghi con proposte provocatorie.
O forse volevi farmi capire che tu e gli altri “schiavi” non meritate la mia solidarietà in quanto non avete il coraggio di “ribellarvi”?
O chissà, hai inteso manifestare lo stato di disagio di coloro che si sentono incapaci di opporsi alle ingiustizie che subiscono sul lavoro, con l’aggravante della presenza di uno che sembra compiacersi di dimostrare presunte qualità guerresche nei confronti dell’azienda? Siamo in presenza di un’autoaccusa di vigliaccheria ritenuta imperdonabile?
Senti Nino, io apprezzo la tua sincerità e il tuo desiderio di trovare una soluzione alle tante situazioni critiche vissute dai dipendenti. Ti voglio dire una cosa. A volte basta un episodio, anche negativo, per acquisire una consapevolezza del proprio valore interiore prima sconosciuta.
Io fino a qualche anno fa non ero certo un cuor di leone, poi una circostanza ha trasformato la mia personalità, facendomi prendere coscienza dell’intangibilità della dignità personale e della nequizia insita nelle ingiustizie.
Un giorno subii il primo atto di mobbing – una violenta aggressione verbale al limite dello scontro fisico – da parte di un collega illegittimamente nominato mio superiore. Nello spazio di un secondo si decise la mia sorte. Grazie a Dio trovai la forza di reagire alle urla, alle ingiurie e alle minacce del collega e lì scattò come un clic dentro di me che mi fece acquisire una forza insospettata, la quale mi permise di continuare per oltre un anno a tener testa all’aggressore e al direttore della Capogruppo che lo copriva, fino poi a veder riconosciute le mie ragioni dopo una lunga odissea giudiziaria.
Ti ho raccontato una scheggia delle mia vita lavorativa per testimoniare che, seppur apparentemente deboli e remissivi, tutti possiamo produrre gli anticorpi contro le violenze. Io quindi non la penso come Sankara, che lascia al suo destino coloro che non combattono.
Fin dal mio primo intervento sul Cittadino online mi sono rivolto ai colleghi per fare fronte comune contro le ingiustizie subite da parte dell’azienda e continuo tutt’ora, nonostante la perdurante ignavia collettiva. Perché io considero ogni atto di mobbing, ogni pressione indebita una ferita che colpisce ed umilia anche me. E’ per questo che ho sempre offerto la mia solidarietà e quel briciolo di esperienza che ho maturato a tutti ed in particolare ai miei colleghi di Filiale.
Nino, dobbiamo avere più fiducia in noi stessi, anche perché non c’è rimasto altro che riccorrere all’autotutela, visto il tradimento dei sindacalisti.
Certo non posso dire di avere ottenuto risultati esaltanti. Però qualche movimento, seppur piccolissimo, si intravede all’orizzonte: vale la pena quindi di continuare, anche perché la situazione del Monte sta peggiorando a quanto pare e la sindrome da sconfitta ha contagiato pure il nostro amministratore delegato. Quindi tutti dobbiamo continuare nell’opera di sensibilizzazione e mobilitazione.
Continua ad interrogarti Nino, alla fine farai la scelta più giusta. Non scoraggiarti, perché tutti insieme possiamo contare. Io ci sono, se poi desideri discuterne con me sai dove trovarmi.
Ti saluto e ti auguro serenità.
Marco Sbarra