Che si arrampica inutilmente sugli specchi della verità
MASSA. A Siena, come del resto in tutta l’Italia, il menù dell’informazione prevede da tempo ormai, in prima pagina, il solito piatto, che é l’argomento ossessivo della pandemia Covid-19. Il virus cinese sembra aver dato nuova linfa al tipico quieto torpore senese, che riesce ad anestetizzare avvenimenti cruciali per la città. Così notizie importanti, come quella della condanna in primo grado a Milano di Viola e Profumo per uno dei mille rivoli dell’affaire Antonveneta, sono transitate con la velocità di una meteora. Io credo invece che oggi sia ancora più necessario che l’opinione pubblica tenga il faro puntato su quel disastro, per il quale nessuno dei responsabili ha ancora pagato pegno.
La maledizione Antonveneta, a distanza di 13 anni da quell’8 novembre 2007 ferale (che sarebbe bene dedicare alla memoria), in cui il cda del Montepaschi approvò l’acquisizione della banca veneta, ha colpito ancora.
Troppe oscurità continuano ad avvolgere l’affare del secolo, in particolare lascia perplessi il fatto che sia stato concluso senza minimamente avere l’idea di cosa si stesse comprando. Vorrei trattare un tale aspetto da un’angolatura particolare, basandomi su quanto affermato in proposito da una fonte più che attendibile, che conosce a menadito la gestazione di quell’acquisizione. In quel tempo era l’uomo più potente e invidiato di Siena e dintorni, ed è stato colui che ha trattato e concluso l’affare in prima persona, al grido di “s’ha da fare a tutti costi”. Sto parlando dell’ex presidente di Rocca Salimbeni Giuseppe Mussari, che prova a spiegare le sue ragioni il 15.2.2013, alla presenza dei tre Pubblici Ministeri di Siena, titolari della prima inchiesta penale, che lo interrogano in qualità di indagato. Leggendo quel verbale saltano agli occhi alcune spigolature che danno conto dell’estrema faciloneria e della mancanza assoluta di prudenza in capo a Mussari nel mentre decideva le sorti di decine di miliardi del patrimonio secolare del Monte dei Paschi.
L’ex presidente motiva così i mancati controlli preventivi su Antoneveneta:“…Botin la due diligence era contrario e la giustificava in maniera logica: “Io ho comprato un asset sul mercato e non l’ho mai gestito, te lo vendo come l’ho comprato”.
A me pare assai poco cartesiano l’uso di una logica di tal fatta per giustificare i mancati controlli sui conti di Banca Antonveneta: cioé, il Santander ha acquistato quella banca assumendosi il rischio di un’operazione al buio, per cui anche Montepaschi non può fare altro che soprassedere. La realtà è che quel volpone di Botin scaricò il rischio Antonveneta su Mussari senza colpo ferire, sulla falsariga di un famoso film in cui Totò riesce a vendere la Fontana di Trevi ad un facoltoso quanto ingenuo turista americano. Ma Mussari era tutt’altro che un sempliciotto, all’epoca era l’enfant prodige della città e un affermato avvocato, pertanto non poteva non conoscere le regole di prudenza che vanno obbligatoriamente seguite a fronte di un affare supermiliardario.
Questa è la verità, a dir poco stupefacente, secondo Mussari: “Ragioniamo da parte nostra: cosa stiamo comprando? Una banca italiana gestita da un grande gruppo internazionale (Abn Ambro) che ha accentrato tutto, la finanza, la tesoreria, quindi troveremo crediti e debiti, vigila … (sic) vigilata dalla Banca d’Italia, gli olandesi avevano fatto una bella pulizia di bilancio dopo averla comprata e l’avevano reso pubblico al mercato, peraltro quando c’entrammo dentro scoprimmo che da poco Banca d’Italia aveva fatto un’ispezione sui crediti e quindi da questo punto di vista…fummo anche fortunati”.
Come si può notare, l’ex presidente si rifugia dentro una realtà virtuale e, pro domo sua, giustifica le sue scelte poggiando su fatti e circostanze che invece lo accusano.
Andiamo a confrontare gli argomenti difensivi di Mussari con gli assunti che Carmelo Barbagallo presentò il 22.11.2017 – nella sua qualità di capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia – in occasione dell’interrogatorio, come persona informata dei fatti, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
Barbagallo cita la lettera che comunicava l’autorizzazione all’acquisto della banca veneta, inviata il 26 marzo 2008 al MPS da Bankit, in cui si dava conto “delle anomalie da tempo riscontrate nei profili tecnici della banca acquisenda”. Quali erano quelle difformità? Il funzionario di Bankitalia spiega che Via Nazionale chiedeva a Mps di “rafforzare la struttura di governo del gruppo di Antonveneta” “al fine di assicurare … una netta soluzione di continuità nei criteri gestionali”, con riferimento alla rischiosità creditizia, alla redditività e al sistema dei controlli, avuto riguardo “alle carenze presenti” in Antonveneta “nel quadro regolamentare, nei processi di pianificazione e controllo di gestione e nei meccanismi di audit, anche per l’insufficiente dotazione di risorse umane e tecniche“. E’ di tutta evidenza che l’affresco su Antonveneta dipinto da Barbagallo è l’esatto contrario di quello rappresentato da Mussari.
Le parole dell’ex presidente del Monte acquisiscono poi la valenza di un qui pro quo sesquipedale quando Barbagallo ci fa sapere che “ Tali prescrizioni … traggono origine anche dall’esito … di una ispezione generale della Banca d’Italia su Antonveneta ultimata quindici mesi prima (dicembre 2006) … conclusasi con un giudizio «in prevalenza sfavorevole» (4 in una scala da 1 a 5, quindi un giudizio molto negativo”). Quel responso infatti sconfessa alla radice la presunta vincita al superenalotto descritta da Mussari(“e quindi da questo punto di vista fummo anche fortunati”). Un giudizio “molto negativo” dell’esito ispettivo può essere forse valutato come un colpo benigno della sorte?
Ricapitoliamo: secondo l’ex presidente Abi, Banca Antonveneta: 1) “Era gestita da un grande gruppo internazionale”, quindi era sottinteso che Antonveneta non dovesse avere grossi problemi 2) I debiti e i crediti erano stati controllati poco tempo prima dalla Banca d’Italia, per cui il Monte poteva dormire sonni tranquilli 3) Mps aveva fatto tombola perché su Antonveneta avevano fatto un’ispezione gli uomini bankit, il che garantiva la qualità del suo credito. Peccato che la realtà fattuale si sia incaricata di smentire le ricostruzioni artificiali dell’allora numero uno di Mps.
Certo, avvocato Mussari, che bisogno c’era di una due diligence, o di una clausola di salvaguardia nel quadro idilliaco di Antonveneta da Lei ricostruito? Garantivano Abn Ambro e Bankit! Purtroppo le cose non andarono come Lei auspicava. Rimane fitto però il mistero su chi le abbia dato l’input di concludere l’affaire senza utilizzare alcun criterio prudenziale.
Perché, vede, è del tutto irrealistico che Lei abbia trattato autonomamente e tutto da solo quella montagna di miliardi non suoi, “dimenticandosi” di tutelare adeguatamente il Monte, senza prima aver ricevuto un mandato preventivo da qualcuno tanto potente da potersi permettere di rimanere dietro le quinte. E di assistere impassibile ai suoi guai giudiziari.
La verità è che Lei ha acquistato Banca Antonveneta completamente al buio, senza seguire quelle imprescindibili norme di prudenza che sovraintendono ad affari miliardari. E Lei, come ho già spiegato, non era certo uno sprovveduto, era invece il dominus (quello visibile, s’intende) incontrastato di Montepaschi. Come poteva assumersi una responsabilità così pesante senza un mandato esterno? Ci dica finalmente quale mente luciferina abbia concepito quel disegno ferale: forse è da ricercare in qualche sede di partito e in certe stanze di consorterie segrete?
Sa, avvocato Mussari, come la chiamava, seppur scherzosamente, Enrico Bombieri, un importante dirigente di J.P. Morgan, la banca d’affari di casa a Siena – sì, quella del finanziamento Fresh –? “Il genio del male, tanto di cappello”, che è il massimo dei complimenti che si possano ricevere nel bel mondo che conta. Eppure, quel principe degli affari inspiegabilmente si è “dimenticato” di seguire quegli accorgimenti che chiunque utilizzerebbe. Ora, avvocato Mussari, ci dica com’è andata per davvero. Abbia il coraggio di parlare, si liberi la coscienza e ci dica la verità, finalmente.
Marco Sbarra
Nota bene: Le sottolineature e i caratteri in grassetto e corsivo sono opera del redattore del testo.
“Da un punto di vista sostanziale il deus ex machina di Monte dei Paschi era indubbiamente Giuseppe Mussari”.
“Chi prendeva le decisioni nella Banca Montepaschi di Siena? Certamente Beppe Mussari” (Tommaso di Tanno)