"Sono convinto che il nostro arcivescovo possa valutare un nuovo protagonismo del prete di contrada, come elemento cardine per dare vigore al rapporto della nostra comunità con la dimensione religiosa"
SIENA. Una recente ricerca condotta da SWG sul rapporto degli italiani con la religione ha confermato ciò che vediamo anche nella nostra realtà locale: solo la metà degli intervistati ha dichiarato di riconoscersi nella religione cattolica; prima del COVID erano ancora il 62%, un calo significativo in soli due anni.
È un rapporto che si sta destrutturando, con l’affermazione di altre forme surrogate di religiosità personali, ‘à la carte’. Fra le cause, penso che vada inserito anche il progressivo allentamento della presenza sul territorio dei sacerdoti dovuta alla crisi delle vocazioni: nel 1958 in Italia erano oltre 65mila, fra diocesani e religiosi; oggi sono poco più di 40mila, con ripercussioni sulla conduzione delle 25.594 parrocchie, visto che i parroci sono ormai scesi sotto le 17mila unità.
Da noi non abbiamo casi-limite, come il prete trentino che amministra 19 parrocchie, ma la situazione non ha risparmiato la nostra Arcidiocesi, dal numero dei parroci a quello dei correttori di contrada. Eppure, la stessa ricerca SWG ha evidenziato che è ancora forte l’esigenza di spiritualità: il 25% degli intervistati ha dichiarato di aderire a forme alternative di religiosità; e il 60% guarda alle pratiche di meditazione con interesse. Se la messe è ancora molta, ma gli operai sono pochi, una strada è certamente quella indicata da papa Francesco: riformare la stessa Chiesa, liberandola da ciò che l’ha appesantita e allontanata dalla sua missione, e puntando di più sul ruolo dei fedeli. Ma penso che occorra riscoprire anche da noi la vocazione missionaria, il tornare fra la gente, con un rapporto “faccia a faccia” con le singole persone. Peraltro, proprio nella nostra Siena, abbiamo una specificità che può essere una delle chiavi da cui ripartire: mi riferisco al correttore della contrada. Con i dovuti distinguo, non è forse una declinazione del “prete di strada”? Il correttore accoglie il contradaiolo neonato, e lo accompagna in tutti i momenti della vita, con un rapporto fatto di vera cura pastorale. Sono convinto che il nostro arcivescovo, così attento agli aspetti della vita pastorale, possa valutare un nuovo protagonismo del prete di contrada, come elemento cardine per dare nuovo vigore al rapporto della nostra comunità con la dimensione religiosa; non per fare proselitismo, ma per ridare protagonismo a quei valori fondanti della nostra stessa civitas, a partire dalla solidarietà, dall’inclusione, dall’attenzione all’altro.
Di norma in questo periodo a Siena ci si preparava per il Palio dell’Assunta. Di norma, perché la pandemia ci ha proiettati in una dimensione extra-ordinaria, con il timore che quella “nuova normalità” con cui dovremo fare i conti, rimescoli pesantemente le carte non solo del nostro modello economico e sociale, ma anche del nostro orizzonte identitario e valoriale. Eppure, proprio nei periodi di difficoltà c’è bisogno di tenere salde le fondamenta; altrimenti si ricostruisce sulla sabbia e il tessuto sociale si disgrega. A Siena, oggi più che mai, c’è quella necessità di “seminare speranza nutrita dai valori”, di cui parla spesso il papa. E la nostra identità cittadina è fatta di una appartenenza a un orizzonte di valori laici, civili e religiosi, grazie al quale – anche nei momenti più bui – abbiamo sempre saputo trovare la forza per risollevarci.
Alfredo Monaci
Presidente Associazione Siena Ideale