Ma è necessario "ricostruire la città" assumendo ruoli di responsabilità
SIENA. Carissima Direttrice,
Lei ha avuto la generosità di ospitare, nel recente passato, alcune mie riflessioni sull’impegno della società civile: riflessioni che molto volentieri ho sottoposto alla sua attenzione e a quella dei lettori del Cittadinoonline. Le chiedo gentilmente ospitalità, come semplice cittadino che nutre forti preoccupazioni per il futuro della propria Città, per tornare nuovamente sul tema.
Il Paese sta vivendo una crisi economica profondissima unita ad una altrettanto profonda crisi istituzionale. I Partiti tradizionali, da vent’anni a questa parte, figli, nipoti e pronipoti dei Partiti “storici” – nel frattempo letteralmente implosi per una crisi che li attanagliava da tempo – si sono più volte riposizionati, modificando nomi, strutture, modelli; a tutto ciò si sono aggiunte, come se fossero il mezzo attraverso il quale scardinare il sistema precedente, riforme elettorali, nuovi discutibilissimi metodi di scelta della classe dirigente. Un quadro così confuso e continuamente mutevole, unito agli scandali quasi quotidiani, ha allontanato tante persone dalla “politica”. Un quadro desolante.
E Siena non è stata e non è da meno: anzi.
In ogni caso, se volgiamo lo sguardo al futuro, la situazione nei prossimi anni – ma lo avevo scritto da tempo – sarà difficilissima. La crisi epocale che ha colpito l’Istituto bancario e, di conseguenza, la Fondazione con la susseguente assenza di risorse, sta trasformando la Città: le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Ciò nonostante bisogna tentare di ricostruire la Città, le sue Istituzioni, assumendo ruoli di responsabilità con la necessaria ed ineludibile sobrietà di comportamenti; perseguire il bene comune attraverso una solidarietà operosa che deve veder coinvolti i cittadini, senza distinzioni di ceto e di casta; affrontare i sacrifici necessari – e questa è la nota più vera e più dolente – sacrifici che andranno distribuiti in maniera proporzionale e progressiva, tutelando, il più possibile, i soggetti più deboli: ve ne sono tanti in questa nostra Città, ma sono quelli che non fanno notizia o la fanno molto poco.
Occorrerà contestualmente rilanciare, con entusiasmo, e con azioni coordinate, il turismo e la cultura, due ambiti strettamente connessi; sostenere l’innovazione pensando, soprattutto, alle giovani generazioni che, restando così le cose, saremo ben presto costretti – ma sta già accadendo – a veder letteralmente emigrare altrove. Sono convinto che questa nostra Città abbia le possibilità potenziali per il suo rilancio anche senza poter contare sulle cospicue risorse economiche, spesso mal utilizzate, ricevute in passato, talché ne è derivata un’economia cittadina e del territorio sostanzialmente “assistita”. Una Città unica nel suo genere, con un tessuto urbano ancora molto integro – anche se parzialmente rovinato da scelte urbanistiche a dir poco discutibili – con bellezze artistiche e architettoniche potenzialmente in grado di rilanciare uno sviluppo sostenibile, con territori e Comuni vicini con i quali integrarsi, con azioni coordinate, che ne rilancino le indubbie potenzialità (penso, solo a mo’ di esempio, all’agro-alimentare, al turismo culturale e religioso), con servizi in numerosi àmbiti ancora molto buoni (se paragonati ad altre realtà del Paese) che certamente andrebbero mantenuti e in alcuni casi migliorati sotto il profilo dell’efficienza, perché migliorare è sempre possibile.
Occorre che i senesi – sia consentito dirlo a chi, pur non essendo nato in questa Città, ci vive da 40 anni – orgogliosi della propria storia, facciano riemergere spirito di orgoglio, senso di appartenenza comune, concreta solidarietà.
Occorre perciò guardare al futuro senza dimenticare gli errori del passato quanto meno per non commetterli nuovamente, prendendo finalmente coscienza che un’antistorica età feudale che ha avvinghiato anche questa Città, se si vuole realmente farla rinascere, deve finalmente terminare. Occorre guardare al futuro delineando scenari possibili e realistici. Non si tratta, inoltre, come pure da più parti si sente dire, di avere coraggio; ce n’è bisogno, ma non basta. Si tratta di ben altro. Si tratta del fatto che la Città deve avere la piena contezza della drammaticità della situazione; si tratta di comprendere, finalmente, che non c’è bisogno di un qualsivoglia “uomo della provvidenza” il quale, con la sua vera o presunta autorevolezza, pone mano ai problemi e li risolve; si tratta di capire, fino in fondo, che questa città va ricostruita e risanata; e che per farlo c’è bisogno del lavoro di tante persone non interessate al proprio “particulare”, ma al bene comune o, se si preferisce, al bene della nostra Comunità. Solo da esso, complessivamente inteso, potranno derivarne benefici, a lungo termine, per tutti. Si tratta, in definitiva, di tentare di costruire – confrontando liberamente idee e programmi alla luce del sole, diradando le nebbie che ancora lo avvolgono – il futuro della Città.
E’ una vera e propria “missione” che deve essere compiuta con serietà, correttezza, coerenza, capacità e competenza. Abbiamo bisogno, come l’aria, di uomini e donne che guidino la “cosa pubblica”, i quali più che “governanti” siano innanzitutto “testimoni”, in prima persona, del “ben operare”.
Quel che, ad oggi, al semplice uomo della strada appare spesso inaccettabile è il distacco della “politica” dai problemi quotidiani: tutto sembra ridursi ad accordi, formule, strategie.
La recente esperienza delle primarie nazionali del centro-sinistra, pur avendo evidenziato numerose problematiche, aveva attestato un indiscutibile riavvicinamento della gente alla politica, una voglia di partecipare che forse era stata colpevolmente dimenticata, una palpabile volontà di scegliere i propri candidati (visto che questa scelta continua ad esserci vergognosamente negata dalle leggi elettorali vigenti), un desiderio evidentissimo a che le scelte non fossero più il frutto esclusivo dei vertici o degli apparati, ma di un confronto, anche serrato, che vedesse protagonisti in prima persona gli uomini e le donne di questo Paese. Tutto questo, io credo, è dovuto ad una crisi gravissima della quale si stanno sentendo fortemente gli effetti: una crisi dalla quale si può uscire solo coinvolgendo le forze più sane del Paese; di qui una partecipazione che, almeno a mio avviso, aveva certificato e certifica ancora oggi un dato: è finito il tempo delle deleghe in bianco. I semplici cittadini vogliono essere coinvolti, vogliono capire, vogliono valutare, vogliono esprimere la loro volontà, vogliono cambiare il modo di partecipare alle scelte politiche, vogliono “contare” perché la “mediazione” fra l’elettore, il simpatizzante, il semplice cittadino e chi è chiamato a rappresentarci – e questo è il rapporto tra la “società civile” e la “politica” – non avviene più da un bel pezzo.
E’ giunta l’ora, a mio parere, che questo coinvolgimento sia sempre maggiore. Non è più il tempo delle contrapposizioni frontali preconcette, delle regole scritte su misura, del rimpallo delle responsabilità, degli slogan forse accattivanti ma sostanzialmente vuoti, delle “parole d’ordine”, delle vaghe promesse. Anche a livello locale si dia finalmente voce in maniera il più aperta possibile ai cittadini affinché possano esprimersi liberamente.
Scelte diverse comportano, a parere di chi scrive, il rischio assai grave della disillusione e di un allontanamento sempre più marcato dei cittadini dalla politica: come semplici cittadini abbiamo bisogno di un ritorno immediato alla democrazia partecipata cancellando, definitivamente, la democrazia populista e demagogica che troppo a lungo ha avvolto e continua ad avvolgere il Paese in una spira soffocante.
Ringraziandola per la fiducia, l’attenzione e l’ospitalità, la saluto molto cordialmente
Giovanni Minnucci