SIENA. Dal 25 settembre 2008, quando fu svelato il disastro finanziario dell’Ateneo senese, ne abbiamo viste di tutti i colori, a cominciare dal fatto che di tale disastro nessuno si è assunto una pur se minima responsabilità, a parte Focardi cui va dato atto che, dopo non essersi accorto di nulla per due anni, si è assunto la responsabilità di quel che è avvenuto nei due anni successivi.
La Magistratura ha aperto un’inchiesta che va avanti stancamente (almeno così sembra) da due anni senza che sia stato accertato nulla di significativo, nonostante i ripetuti solleciti di alcune forze politiche come la nostra e nonostante la legge preveda tempi di indagine non superiori ad un anno e mezzo.
C’è stato poi il tavolo interistituzionale, composto da Provincia, Comune eccetera, che salvo incoraggiamenti e pacche sulle spalle nulla ha prodotto.
Per di più oggi l’università è lacerata da lotte intestine delle lobby di potere, lotte che nulla hanno a che vedere con l’interesse dell’Ateneo, ma che aggravano il disagio e ritardano le azioni necessarie per uscire dalla crisi.
In altra occasione abbiamo detto che per salvare l’università non bastano i ragionieri, ma che occorre un progetto strategico di rinnovamento e qualcuno che possa portare avanti il progetto con decisione, nonché l’assunzione di responsabilità da parte di tutti
Purtroppo la cronaca di questi giorni è l’esatto contrario di quello che auspicavamo, e dobbiamo assistere a comportamenti che hanno determinato la giusta rivolta del personale tecnico amministrativo, che sembra debba essere l’unico a pagare la colpa di un disastro di cui non è responsabile.
Facciamo specifico riferimento alle PEO (progressioni economiche orizzontali), ovvero una sorta di riconoscimento di anzianità di servizio che per i docenti è automatica, mentre per gli amministrativi necessita di una copertura finanziaria, di una selezione e di approvazione del CDA.
In altre parole i docenti hanno già ricevuto un aumento che su stipendi medi di 4000 euro corrisponde mediamente a 150 euro mensili, che non incidono sul potere d’acquisto di questi stipendi, mentre non si trova la possibilità per gli amministrativi di consolidare il loro stipendio medio di 1100 euro al mese. E’ evidente che si tratta della solita ingiustizia, anche se a termini di legge, che fa pagare ai più deboli il costo della crisi.
Ma l’Ateneo senese, al di là della retorica patriottarda, è una delle risorse strategiche con cui la nostra comunità civica dovrà misurarsi con le sfide del futuro e sarebbe atto criminale lasciarla affogare tra lotte intestine, responsabilità non accertate ed una lotta di classe innaturale tra docenti ed amministrativi, che sono componenti inseparabili di uno stesso organismo.
Urge quindi che siano gli stessi docenti e amministrativi ad assumersi la responsabilità di un confronto che possa addivenire ad un patto di solidarietà, dove ognuno mette qualcosa, per uscire dalla crisi e dare a loro stessi, al CDA e alla città la prospettiva di fuoriuscita dalla crisi.
Basterebbe che la docenza si renda disponibile al congelamento del pagamento degli aumenti stipendiali, fino a quando non ci saranno condizioni economico finanziarie più favorevoli per l’Ateneo.
Agostino Milani e Massimo Bandini del Gruppo Consiliare Futuro e Libertà
La Magistratura ha aperto un’inchiesta che va avanti stancamente (almeno così sembra) da due anni senza che sia stato accertato nulla di significativo, nonostante i ripetuti solleciti di alcune forze politiche come la nostra e nonostante la legge preveda tempi di indagine non superiori ad un anno e mezzo.
C’è stato poi il tavolo interistituzionale, composto da Provincia, Comune eccetera, che salvo incoraggiamenti e pacche sulle spalle nulla ha prodotto.
Per di più oggi l’università è lacerata da lotte intestine delle lobby di potere, lotte che nulla hanno a che vedere con l’interesse dell’Ateneo, ma che aggravano il disagio e ritardano le azioni necessarie per uscire dalla crisi.
In altra occasione abbiamo detto che per salvare l’università non bastano i ragionieri, ma che occorre un progetto strategico di rinnovamento e qualcuno che possa portare avanti il progetto con decisione, nonché l’assunzione di responsabilità da parte di tutti
Purtroppo la cronaca di questi giorni è l’esatto contrario di quello che auspicavamo, e dobbiamo assistere a comportamenti che hanno determinato la giusta rivolta del personale tecnico amministrativo, che sembra debba essere l’unico a pagare la colpa di un disastro di cui non è responsabile.
Facciamo specifico riferimento alle PEO (progressioni economiche orizzontali), ovvero una sorta di riconoscimento di anzianità di servizio che per i docenti è automatica, mentre per gli amministrativi necessita di una copertura finanziaria, di una selezione e di approvazione del CDA.
In altre parole i docenti hanno già ricevuto un aumento che su stipendi medi di 4000 euro corrisponde mediamente a 150 euro mensili, che non incidono sul potere d’acquisto di questi stipendi, mentre non si trova la possibilità per gli amministrativi di consolidare il loro stipendio medio di 1100 euro al mese. E’ evidente che si tratta della solita ingiustizia, anche se a termini di legge, che fa pagare ai più deboli il costo della crisi.
Ma l’Ateneo senese, al di là della retorica patriottarda, è una delle risorse strategiche con cui la nostra comunità civica dovrà misurarsi con le sfide del futuro e sarebbe atto criminale lasciarla affogare tra lotte intestine, responsabilità non accertate ed una lotta di classe innaturale tra docenti ed amministrativi, che sono componenti inseparabili di uno stesso organismo.
Urge quindi che siano gli stessi docenti e amministrativi ad assumersi la responsabilità di un confronto che possa addivenire ad un patto di solidarietà, dove ognuno mette qualcosa, per uscire dalla crisi e dare a loro stessi, al CDA e alla città la prospettiva di fuoriuscita dalla crisi.
Basterebbe che la docenza si renda disponibile al congelamento del pagamento degli aumenti stipendiali, fino a quando non ci saranno condizioni economico finanziarie più favorevoli per l’Ateneo.
Agostino Milani e Massimo Bandini del Gruppo Consiliare Futuro e Libertà