Lettera aperta del sindaco di Cetona sullo status degli amministratori dei piccoli comuni
Riceviamo e pubblichiamo il grido d’allarme del Sindaco di Cetona, Fabio Di Meo, che, prendendo spunto dalle polemiche sollevate dal Capogruppo di minoranza Massimo Ceccobao, interviene sul tema dello status degli amministratori nei piccoli comuni, a partire dalla nuova normativa: si tratta di un’emergenza nazionale che dovrebbe unire maggioranza e opposizione in una battaglia unitaria.
“Ritengo che sia mio dovere prendere spunto dalle polemiche sollevate in questi giorni dal Capogruppo di Minoranza Massimo Ceccobao, per dire alcune parole di verità rispetto al tema più generale dello status degli amministratori nei piccoli comuni. La vicenda cetonese nello specifico è già stata chiarita dall’assessore Tosoni, e dunque voglio prescinderne in nome di un ragionamento più ampio, e quanto possibile universale, che riguardi tutti gli amministratori locali, di destra e di sinistra.
Tanto è vero ciò che, a scanso di equivoci, il mio punto di partenza vuole essere la nuova normativa sugli amministratori dei piccoli comuni approvata dal Governo nella manovra di settembre. Una vera e propria emergenza istituzionale.
La manovra infatti, unita ad una serie di precedenti innovazioni, renderà possibile fare l’amministratore in un piccolo comune solo ai pensionati, a chi vive di politica attraverso altri canali non avendo un proprio lavoro, o a persone facoltose. Alla faccia del rinnovamento, del ricambio generazionale, e della politica come impegno disinteressato. Dalle prossime elezioni trovare qualcuno disponibile, ma sarebbe meglio dire trovare qualcuno “per il quale sia possibile” candidarsi a sindaco, o fare l’amministratore, in un comune sotto i tremila abitanti sarà un’impresa alquanto ardua. Il combinato disposto della nuova legge e delle precedenti ha portato infatti a questa situazione: un sindaco per svolgere la propria attività amministrativa può assentarsi dal posto di lavoro, senza rimetterci lo stipendio, in media un giorno e mezzo a settimana, non un’ora di più. Un assessore sei ore a settimana, meno di una giornata lavorativa. Le giunte vanno infatti d’ora in poi convocate “preferibilmente” al di fuori dell’orario di lavoro dei componenti, e per i consigli comunali non c’è più la giornata di permesso, bensì solo il permesso per la durata del consiglio stesso, che per esempio a Cetona già si svolge sempre dopo cena per consentire una partecipazione più ampia. Mi chiedo se sia un tempo sufficiente a garantire un’efficace attività amministrativa per il bene della comunità, se sia sufficiente a consentire alla politica di riappropriarsi del primato su tecnocrazie varie, se sia sufficiente a permettere agli amministratori quella presenza e quella vicinanza alla comunità tanto spesso auspicata. Ma d’altronde dalle prossime elezioni i comuni delle dimensioni di Cetona potranno contare su sei consiglieri in tutto, quattro di maggioranza e due di minoranza, e su due assessori. Uno sparuto gruppo di amministratori, che si occuperanno del Comune nei ritagli di tempo, compreso il sindaco, e che però, distrattamente e in solitudine, prenderanno decisioni per conto dell’intera comunità. In realtà, almeno il Sindaco, un alternativa ce l’ha fin da oggi: lasciare il lavoro, andare in aspettativa, fare il primo cittadino a tempo pieno, e percepire un’indennità di circa 934 euro al mese netti, e comunque inferiore ai mille euro, (se lavora ne percepisce la metà), per dodici mesi, dunque meno di 12.000 euro l’anno netti, come unico suo reddito. E con quel reddito magari metter su o mandare avanti una famiglia se già ce l’ha. Nemmeno se fa il Presidente di un’Unione dei Comuni potrà sperare di risalire al di sopra della soglia di povertà, visto che si tratta di un incarico senza alcuna indennità. Ora se è in parte vero, e solo in parte perché le regole sono cambiate in corso d’opera, che per chi attualmente fa l’amministratore vale il motto “non glielo ha ordinato il medico di candidarsi”, nei prossimi anni che cosa accadrà ai nostri piccoli comuni? Chi sarà più disponibile ad amministrarli? Questo dovrebbe essere responsabilmente il tema, direi la battaglia, che al di là di ogni steccato e di ogni strumentalizzazione accomuni maggioranze e opposizioni dei piccoli comuni, perché è in gioco la rappresentanza democratica delle nostre comunità. Voglio ancora sperare, ma comincio seriamente a non crederci più, che le nostre piccole realtà possano emanciparsi dal “format”nazionale della denigrazione personale, del sospetto, delle accuse non circostanziate, del massacro delle reputazioni individuali in nome della ricerca di un consenso drogato di rancori e conflitti personali. Mi domando a chi giovi tutto ciò, se non a chi ritiene che l’abbattimento dei costi della politica passi attraverso la cancellazione dei piccoli comuni, surrettiziamente vero obiettivo di certa politica nazionale, e concretamente probabile esito dei corti circuiti della politica locale.”
Fabio Di Meo
Sindaco del Comune di Cetona