Nessun commento a proposito dell’esito dell’incontro: dobbiamo accontentarci solo di sapere che l’incontro c’è stato
di Mauro Aurigi
SIEN. Stamani, manovrando distrattamente il telecomando, mi sono imbattuto in un primo piano del ministro degli esteri Luigi Di Maio che, colto da una telecamera per le vie di Roma, annuncia solennemente urbi et orbi di essere stati (chi?) alla Direzione Nazionale Antimafia per chiedere al Procuratore generale Franco Roberti di avviare un impulso investigativo (sic!) a proposito della micidiale miscela corruttiva provocata nel campo degli appalti dall’intreccio di affari tra cooperative, politici corrotti e mafia. Miscela corruttiva che, preoccupatissimo, il Nostro non esita a definire la Nuova Tangentopoli Italiana.
Nessun commento a proposito dell’esito dell’incontro: dobbiamo accontentarci solo di sapere che l’incontro c’è stato. Perché Di Maio è giovane ma una cosa l’ha capita: contrariamente a cosa predicava neanche 4 o 5 anni fa insieme al suo movimento – e (ahimè!) anch’io con loro – l’ “essere” non serve più per avere successo, consensi e popolarità. Ma serve assai più e meglio il “sembrare”, cosa che fa soprattutto evitare figure cacine. Sì, molto meglio il “sembrare”. E Di Maio non scherza: lui “sembra” parecchio.
Sempre distrattamente, mentre stavo per orientare altrove il telecomando, un pensiero mi è balenato in mente. Ho subito scartata l’ipotesi che il Nostro fosse andato a parlare col Roberti a puro titolo personale, cosa che, tra l’altro, avrebbe dovuto escludere la necessità di parlarne subito dopo “coram populo” e soprattutto in favore di telecamera. E allora mi sono chiesto a quale titolo mai il ministro degli esteri sarà andato a discutere con il capo dell’Antimafia. Aveva forse un mandato del governo di cui egli è ministro autorevole, ancorché in tutt’altro campo? Non mi risulta. E meno che mai mi risulta che avesse avuto mandato dal Parlamento che, nonostante tutto, sarebbe ancora l’unica istituzione costituzionalmente investita del potere di legiferare e emanare norme in qualsiasi campo (potere legislativo). Norme alle quali il Governo (potere esecutivo), di cui Di Maio è uno degli esponenti più importanti, deve costituzionalmente e quindi obbligatoriamente conformarsi. Di più: nella sua dichiarazione alla o alle telecamere il ministro è come se avesse incarnato la brutta copia di Antonio Di Pietro (potere giudiziario) lanciando una sfida alle cooperative corruttrici, ai politici corrotti e alla mafia che sta dietro a tutto quanto.
Che dire? Se quell’incontro, nel suo piccolo, è stato ufficiale e formale allora è come se Di Maio stesse facendo le prove per accentrare nelle sue mani (un pezzo di) tutti i tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario. Starà mica tentando di emulare Putin?
Caccio sorridendo quelle folli idee dalla mia mente, ma mentre lo faccio ecco che mi viene in mente un’altra preoccupazione. Avete mai visto Putin sorridere e meno che mai ridere? E Di Maio?
Riflettete gente, riflettete: non fidatevi mai di chi non sa, almeno ogni tanto, ridere o almeno sorridere.