(e nelle altre città-stato medievali del centro-nord italiano)
di Mauro Aurigi
RIFLESSIONI DI UN AUTODIDATTA
E’ da poco passato il 14 luglio o, meglio, “le 14 Juillet”, festa nazionale francese per la presa della Bastiglia e per la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” nel 1789. L’apparente calma, ancorché tuttora limacciosa, sul fronte pandemico sembra avere istigato più d’una testa d’ovo a riflessioni irriverenti per quella ricorrenza dei nostri cugini d’Oltralpe (del tipo: cosa se ne sono fatti della loro celeberrima “Dichiarazione” nelle loro colonie?).
Premetto subito che mi trovo a disagio a intromettermi in una simile erudita questione, perché sono stato uno svogliatissimo studente, per un modesto diploma di ragioniere, poi! Per giunta quel diploma è andato disperso all’Università di Firenze con l’alluvione del 1966, senza che mai io sia stato in grado di dare neanche un solo esame di Economia. Nel 1957 infatti, grazie alla media del sette all’esame di Stato, il mese successivo (a soli 18 anni!) fui subito catturato anima e corpo dal Monte, al quale sono restato devoto per 42 anni, in giro per mezza Italia. Lo lasciai nel 1999, a soli 60 anni, perché non riuscivo a sopportare il modo in cui la ricchezza accumulata in mezzo millennio, grazie ai Senesi, dalla Banca, questa venisse letteralmente sbranata e divorata da coloro che nel 1995 la vollero privatizzare, ossia scippare alla Città che ne era la proprietaria (da notare: “privatizzare” ha la sua radice in “privare”).
L’ “INTIMA CIVILTA’ EUROPEA ANTITIRANNICA”
Svogliatissimo studente, dicevo, però assoluto autodidatta. Sono stato infatti lettore folle, cosa per cui mi sono fatta un’idea della “intima civiltà europea antitirannica” di cui ha discusso sui social il nostro grande Mario Ascheri, ma di cui non ho mai trovato traccia nei libri di storia scolastici. Per cui devo tutto a gente come Ascheri, appunto, Quentin Skinner, Robert Putnam, John Pocock, Maurizio Viroli ecc., se oggi so che quell’ “intima civiltà europea antitirannica”, in altre parole il “pensiero politico occidentale” (ossia, “sic et simpliciter”, l’odierno Occidente) vide la luce la prima volta nella “libertas” delle città-stato medievali del centro-nord italiano o, meglio, nell’Umanesimo fiorito, anche a Siena, nelle loro università, grazie a pensatori come Bartolo da Sassoferrato o Marsilio da Padova. Se ricordo bene fu allora (nel XIII secolo!) anche ipotizzata addirittura l’elezione popolare del Papa (da cui persecuzioni e precipitose fughe all’estero, soprattutto presso l’imperatore ghibellino Ludovico il Bavaro).
Così mi sono convinto che senza Umanesimo non sarebbe stato possibile il sorpasso nel Dugento dei tre Orienti (arabo, indiano e cinese) che ci superavano da secoli e al cui cospetto eravamo solo dei barbari. Né avrebbe visto la luce il Rinascimento, né la Riforma protestante (tutti i padri riformatori erano umanisti dell’umanesimo italiano appreso nelle università italiane o da docenti italiani nelle università europee). Né avremmo avuto l’Illuminismo settecentesco e neanche lo sviluppo dell’ideologia socialista nell’Ottocento. Quindi senza il nostro Umanesimo niente Occidente: tutto il mondo oggi sarebbe come Africa, Asia e sud America.
MA C’E’ CHI NON E’ D’ACCORDO
Ha ragione l’Ascheri: dovremmo menarne gran vanto! E invece può capitare che storici odierni (Alessandro Barbero per esempio), addebitino gran parte dei problemi insoluti e insolubili dell’Italia odierna – “in primis” lo scarso senso dello stato – proprio alla civiltà comunale del nostro Medioevo, al suo frazionismo e campanilismo che avrebbero impedito allora il formarsi di un grande stato unitario nazionale come succedeva in tutta Europa.
Tesi spericolata: basti pensare che l’ideale di uno stato unitario italiano nasce e si materializza proprio in quel centro nord dove fiorì la divisiva civiltà comunale e non nel sud dove da secoli, se non da millenni, esistevano due stati nazionali unitari tra i più antichi e celebri d’Europa.
(Nota: sono pronto a sostenere rivoluzioni culturali, ma non rivoluzioni cruente. E ciò non per motivi etici o umanitari, ma perché le rivoluzioni armate hanno sempre generato mostri.)