Spese in eccesso, personale in eccesso...
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di Maramaldo 2010
SIENA. Lo sconforto di ascoltare in quel contenitore propagandistico che è “Mattino Cinque” in cui stamattina alle 8.45 Maurizio Belpietro intervista il ministro Gelmini, che cita il nostro Ateneo Senese come modello paradigmatico che giustifica da solo (o quasi) l’esistenza della sua “controriforma” dell’Università, mi spinge a scrivere qualche considerazione sull’argomento.
La verità, lo sappiamo, non è nelle opinioni della Gelmini e nei suoi tagli orizzontali al sapere, e le dichiarazioni del rettore Riccaboni (“A seguito delle recenti operazioni di dismissione immobiliare, la situazione finanziaria, a meno che non si verifichino eventi straordinari di particolare portata, sarà sostenibile, per lo meno, fino all’estate 2011, con un ridotto ricorso all’affidamento bancario”), lasciano chiaramente capire che i problemi di cassa sono e saranno continui, perché si deve continuare a pagare i mutui contratti, gli stipendi per il personale in esubero, affitti per ogni dove, e chissà quant’altro spesso nascosto (volutamente) tra le voci del bilancio e non percepibile ai profani, come le decine di milioni di euro di crediti non esigibili. Dove ti giri peschi sempre nel torbido.
Nella stessa nota di Riccaboni si parla di un contenzioso perso con i Collaboratori linguistici dell’Ateneo a causa di un contratto collettivo del 2006 dal valore “nullo”: qualcuno avrà colpa di aver fatto con colpevole leggerezza atti amministrativi “nulli” ma costosi? Apri il settimanale Zoom e ci leggi di un politico locale (non nominato), dipendente dell’Università, che è riuscito a trasferirsi all’Asl. Magari altri uffici pubblici si possono prendere in carico gli stipendi degli esuberi dell’ex rettore Focardi, come scriveva un famoso articolo di Panorama del 31 ottobre 2008! Cioè i 41 dipendenti della Certosa, i 1350 amministrativi per “appena” 1060 docenti, il calo delle immatricolazioni (nel periodo 2003-2008 sono passati da 19.172 a 16.552) che non giustificava l’aumento dei dipendenti né durante la gestione Tosi, né immediatamente dopo l’insediamento di Focardi. Quando una gestione è fallimentare, per prima cosa il proprietario di una azienda dovrebbe “tagliare le teste” ovvero cambiare i vertici che hanno generato e amministrato il deficit in favore di un nuovo management in grado di risolvere i problemi perchè non legato (e nel caso di un incarico come il Rettorato senese così attiguo alla politica locale) a doppio filo con le situazioni pregresse. E la giustificazione che una bella fetta di colpa sia del calo della riduzione progressiva sia dei contributi statali sia dei contributi della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena, come affermato da Focardi in una intervista a www.finanzaediritto.it, è una grave ammissione di superficialità di affidarsi all’incerto mentre le spese erano proprio certe!
Ma qui non si parla di una azienda privata con padrone certo, qui si parla di equilibrismi politici ormai incancreniti che privilegiano la casta al merito, la cooptazione alla concorrenza, lo yesman d’apparato al confronto civile e culturale. Lo spauracchio del declino della città che accompagnò la fuoriuscita dei senesi il 22 aprile 1555, davanti a tutta la fanteria spagnola schierata lungo la via S. Lazzaro, sembra poca cosa rispetto al futuro che ci aspetta. Il futuro passa dalla cultura e dal sapere, e qui ce lo stanno distruggendo.