di Silvana Biasutti
MONTALCINO. Non passa giorno senza che, navigando in rete, io non incroci un messaggio preciso, dettagliato e supportato da testimonianze scientifiche, il cui obiettivo è quello di dissuadermi dal bere vino. Non genericamente alcol, no, proprio il vino.
I messaggi che incontro sono esattamente agli antipodi rispetto alle testimonianze (scientifiche) di vent’anni fa che incoraggiavano l’inclusione del vino nella dieta quotidiana e sono tutti costruiti allo stesso modo – iniziano colloquialmente, poi elencano un po’ di dati che legano livelli diversi di consumo a patologie, e terminano concludendo che comunque un bicchiere di vino dà piacere, aiuta a socializzare … ma l’OMS raccomanda di azzerare il consumo “di vino”.
Il tutto avviene più spesso in inglese, ma ho ascoltato anche qualche versione in italiano.
I personaggi che dichiarano sono sempre diversi, con un’aria affidabile, anche se non mi sembrano noti.
Questa campagna va avanti da mesi, è molto curata e si capisce che è anche ben supportata.
È un pensiero che ruzzola e striscia quotidianamente, su Instagram e in trasmissioni su salute, integratori, cibo, sport ed è impossibile che io sia l’unica osservatrice ad aver notato di quale insinuante energia sia portatore.
La campagna, ben costruita, è un continuum che non martella, ma ti prende per mano e ti porta ogni giorno a fare i conti con quel bel calice che hai sempre associato a momenti felici, con visualizzazioni appaganti, stati d’animo elettrizzanti, immagini e colori di stagioni e incontri e legami affettuosi, eccetera, smantellando quell’idea.
(Tra l’altro, il marchio Toscana è assai legato a quel clima).
Sto osservando questo fenomeno più attentamente da due o tre mesi; da quando su un’autorevole testata di wine&food online è apparso un articolo su di un tema (per me) inedito: la dealcolizzazione del vino. L’autore poneva domande su motivi e prospettive e io ricordo di essere intervenuta nella discussione proponendo di cercare in una certa direzione.
Sono solo una signora che ha conosciuto il vino in famiglia da piccola, con un padre severo e competente e buon conoscitore di vigne, cantine, produttori. Poi da adulta ho assaggiato, sperimentato, frequentato e vissuto nel paesaggio di un vino famoso, conoscendo un mondo ricco di suggestioni, di storia e di civiltà.
So perfettamente che il vino (ma ancora di più birra e superalcolici) non può che essere consumato con attenzione e proprietà; come ogni alimento, e come ogni alimento dev’essere di ottima qualità.
È strano che non si faccia attenzione alla purezza di altri ingredienti di bevande che finiscono soprattutto nelle diete dei giovani e giovanissimi, per dedicare una nuova diuturna attenzione a un alimento così antico. Per esempio è stranissimo che non si cerchi di allineare ai nostri criteri di sicurezza alimentare i numerosi prodotti di uso quotidiano che ora ci arrivano anche da paesi lontani dei cui standard colturali e sicurezza alimentare poco sappiamo.
Ivece ci si affanna ogni giorno a distruggere un mondo così antico, importante e radicato nella nostra cultura e per l’economia di numerose regioni europee.