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Le Papesse: l’intervento di Pierluigi Piccini

Una presenza che si è fatta sentire e ha generato energia, dice l'ex sindaco

SIENA. Nel dibattito sulla cultura e sulle possibilità concrete di una valida e credibile candidatura di Siena a Capitale Europea della Cultura 2019 (alla luce della grave crisi del Santa Maria della Scala) abbiamo voluto introdurre anche l’esperienza (forse non del tutto persa, ma la nostra è solo una speranza) del Palazzo delle Papesse. Ricordiamo che l’edificio per diversi anni ha accolto mostre di artisti contemporanei di fama mondiale, allestendo anche collettive su temi e linguaggi atti ad un dialogo tra artisti provenienti da diverse esperienze e diversi territori. Insomma – per chi ricorda alcune delle esposizioni allestite nel prestigioso palazzo di via di Città – delle vere esperienze multisensoriali, capaci di attirare un pubblico giovane e, soprattutto, internazionale…

Per conoscere storia e vicissitudini del Palazzo delle Papesse (ma l’augurio è di ricevere da altri responsabili e “addetti ai lavori” segnalazioni e storie di esperienze culturali nate… e poi morte, a Siena) abbiamo deciso di intraprendere un cammino tra coloro che ne sono stati fautori, sostenitori, “genitori” partecipi e “tutori”. Abbiamo chiesto a Pierluigi Piccini, un intervento sulle Papesse, e lui ci ha risposto così…

“Il palazzo delle Papesse nasce come una sfida e come un omaggio. Una sfida, perché era in evidente controtendenza rispetto all’immagine che la città e le amministrazioni precedenti avevano voluto dare di sé all’esterno e agli stessi concittadini. Quel poco di contemporaneità che era riuscita a penetrare si poteva rintracciare in qualche drappellone ma, comunque, sempre dentro la retorica delle avanguardie italiane ormai storicizzate. L’introduzione dell’arte contemporanea non poteva, altresì, essere disgiunta dal tentativo più generale di rinnovamento che la città aveva deciso di darsi. Competere con le realtà anche più grandi dimostrando, altresì, che Siena non era soltanto passato, ma sapeva misurarsi con la contemporaneità: dal recupero del Santa Maria della Scala, con la proposta innovativa della finanza di progetto, alle fibre ottiche e alle sue applicazioni pubbliche (su cui torneremo), la tecnologia applicata nel governo del territorio e della pubblica amministrazione, al museo per bambini e via discorrendo. Senza dimenticare che ciascuna di queste iniziative portava con sè una moltiplicazione di progetti e di opportunità.

Ma era anche un omaggio a Cesare Brandi e al suo metodo di ricerca, all’innovatore negli studi sull’arte. Prendere Brandi come riferimento significava rompere con le iniziative e gli uomini che avevano determinato la politica culturale in città per tanto, troppo tempo. Alcune incomprensioni furono dettate anche da questo approccio, da questa volontà di superare lo storicismo marxista e far entrare aria nuova, fresca. Proiettare, insomma, Siena nella dimensione nazionale ed europea.

Un’ulteriore aspetto da sottolineare è che il Palazzo delle Papesse, essendo una struttura pubblica, diventava immediatamente concorrente ed anche sollecitatore di confronti con le gallerie private. Non è un caso che in quel periodo, nel territorio della stessa provincia nascono altre iniziative che nel tempo sono diventate eccellenti.

Siena, con il Palazzo delle Papesse, si è sicuramente caratterizzata come uno dei punti di riferimento per l’arte contemporanea, producendo esposizioni di notevole interesse e attirando lattenzione delle riviste specializzate e non solo in quelle. A questo proposito vorrei solo ricordare, fra i tanti articoli e recensioni, quello del magazine del Sole 24 Ore. Ma ha anche lavorato per promuovere e far conoscere una dimensione, sicuramente difficile come quella della contemporaneità nell’arte anche presso gli stessi senesi. Per la curiosità che ha generato, per le critiche che ha ricevuto, perché ha incentivato un certo numero di artisti senesi, perché ha dialogato, direttamente e indirettamente, con lIstituto darte. Una presenza che si è fatta sentire e ha generato energia. Ma è stata anche una sede per la formazione, nel campo degli allestimenti e della gestione museale. Molte persone che, in quel periodo, si sono formate a Siena, ricoprono oggi incarichi importanti anche a livello internazionale.

Ma nellavventura delle Papesse c’è qualcosa di più e si chiama Accademia Multimediale, con i suoi laboratori attrezzati. Nell’Accademia doveva avvenire, cosa che è durata troppo poco, lincontro fra ricerca artistica nelle stanze del Palazzo delle Papesse, tecnologia e applicazione pratica. Ricreare un circolo virtuoso capace di introdurre innovazione nei processi produttivi di vario tipo, come ad esempio nell’arredo urbano, che fu oggetto dei primi corsi di formazione diretti dallarchitetto Fuksas. L’esempio era stato preso dalle Marche (alcune aziende fortemente dinamiche sul piano del design) e importato a Siena con notevoli innovazioni procedurali. I risultati arrivarono da subito sia per gli allievi, che a numero chiuso frequentavano e pagavano le iscrizioni ai corsi. Sia per i contratti che nel frattempo iniziavano ad essere sottoscritti dalla stessa Accademia per progetti mirati, come quello con alcune industrie di Pontedera. Anche questa esperienza è finita insieme alle Papesse, per la non comprensione della valenza strategica che rappresentava e perché si è preferito dirottare le risorse su altre iniziative più visibili, come ad esempio “La città aromatica” che nulla ha lasciato se non lauti compensi al responsabile e alla società napoletana che l’organizza. L’Accademia sarebbe stata utile a creare quel ritorno economico di cui una struttura pubblica ha bisogno, ma oltre a perdere lo slancio iniziale, èstata burocratizzata, messa in mano al solito entourage politico, quello della comunicazione che punta ad arrotondare lo stipendio con il denaro pubblico. Di questa esperienza non rimane ormai più nulla; la stessa documentazione fatta di foto, di cataloghi e di documenti è andata quasi del tutto perduta. Si è voluto così cancellarne anche la memoria”.

Pierluigi Piccini

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