I toni si alzano... ma non si addicono a chi dice di voler tenere le redini di un Paese
SIENA. Ci si interroga spesso su quali possano essere i “vizi privati” dei nostri politici e le dicerie, spesso molto interessate, talvolta sono palesemente campate in aria. Come quella, agli inizi della guerra fredda, che dipingeva i comunisti come “mangiatori di bambini” o che definiva “forchettoni” i democristiani dipingendoli tutti come un’accolita di espropriatori delle pubbliche ricchezze.
Riguardo Pier Luigi Bersani, che da mesi ci ha informato che andrà sicuramente a rappresentare il nostro Paese quale vincitore delle prossime elezioni, eravamo stati finora all’oscuro delle sue passioni segrete e sapevamo soltanto che cosa non gradisse fare: pettinare le bambole, asciugare gli scogli, cancellare le macchie ai leopardi e cose simili.
Poi, improvvisamente, la preoccupante ammissione di una passione ben più cruenta dell’ex comunista, attuale segretario del Partito Democratico: quella di “sbranare gli avversari”.
Un’uscita esasperata la sua, che può essere il segno di un crescente nervosismo per essersi ritrovato infognato, proprio in campagna elettorale, nello “scandalo Monte dei Paschi”, e di essere costretto ad occupare gli spazi televisivi con proclamazioni di estraneità, sua e del suo partito, da quella vicenda, trascurando le normali attività di propaganda ed esponendo il risultato delle urne a rischi imprevisti e dagli esiti impensabili.
Potrebbe, peraltro, essere anche il segno di una bruciante delusione per l’esplodere di un caso così clamoroso in realtà che finora si sono fregiate dei titoli di “banca rossa”, “provincia rossa” o “regione rossa” e che, dopo avergli negato il consenso alle primarie, danno ora un così grave colpo alla fama di “buon governo” che il suo partito aveva sempre rivendicato. E, di fronte al possibile crollo anche politico di queste tradizionali roccaforti, che potrebbe travolgere le orgogliose certezze della “vittoria annunciata”, è facile che la delusione sfoci in aggressività e che si tenti di terrorizzare gli avversari alzando al massimo i toni dello scontro, almeno nel linguaggio.
Va detto però, con tutta la comprensione per il dramma del buon Bersani legato sulla graticola, che le sue minacce non rispondono affatto all’interesse generale che tutte le ipotesi su cosa sia effettivamente avvenuto si possano esprimere liberamente, senza reticenze, omertà o timori reverenziali. E poi, vogliamo concludere, non ci sembra, soprattutto dopo aver avuto modo di conoscere lo stile di un Monti, che questi truci atteggiamenti si addicano a chi chiede di affidargli le sorti del Paese.
Renato Lucci