SIENA. Già da quando è arrivato il signor Ponte avevo scritto un articolo sul sito dei fedelissimi dicendo che ben presto avrebbe chiesto di poter fare lo stadio. Questo è l’unico e vero interesse che può spingere ad investire nel Siena e credo anche che possa essere un interesse legittimo, ma siccome ormai abbiamo visto abbastanza chiaramente come si sono comportate le varie proprietà succedutesi, facciamo sì, che almeno questa volta, resti veramente qualcosa alla Robur.
Come? Obbligando la proprietà a costruire una cittadella dello sport con almeno quattro campi, spogliatoi, palestra e tutto il necessario per le esigenze di una società professionistica e delle sue squadre giovanili. Ovviamente per il terreno deve essere trovata una soluzione politica, come fatto a Firenze, ma finché la proprietà non garantisce con fideiussione bancaria l’intero impegno economico per la realizzazione della cittadella dello sport, a mio avviso, dello stadio nuovo, non si può neanche iniziare a parlare.
E’ ora il momento per avanzare questa richiesta perché la società, contrariamente al passato, non ha debiti e quindi non può dire che la patrimonializzazione è impossibile perché costringerebbe ad indebitarsi ulteriormente. Quindi, approfittando dell’euforia dovuta al probabilissimo “ritorno” fra i professionisti ed approfittando dell’entusiasmo della proprietà e dell’assenza di debiti, dobbiamo far sì che si creino immediatamente quelle strutture tecniche e sportive che potranno permettere alla Robur una lunga vita nel futuro, indipendentemente dalle proprietà che si succederanno.
In pratica cerchiamo di seguire i modelli Empoli, Atalanta o Udinese, perché solo con strutture adeguate e giovanili importanti, potremmo sperare di tenere la Robur a lungo fra i professionisti. Questo, però, va capito ora, perché se sbagliamo nuovamente, fatto lo stadio, resteremo ancora una volta a mani vuote ed allora, non ci sarà più neanche la speranza di risorgere, perché non avremmo più interessi economici in grado di portare nuovamente investitori di peso verso la Robur.
Giorgio Finucci