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SIENA. I tanti fatti di cronaca quotidiana, non solo i terribili avvenimenti di Rosarno dei mesi scorsi, mostrano in modo inequivocabile quanto sia cruciale il tema dell’integrazione degli immigrati nella nostra società. Ci dicono che i flussi migratori sono sia fonte di grandi benefici economici, ma anche di gravi tensioni sociali. Dimostrano al contempo come sia riduttivo e intellettualmente disonesto confinare alla dimensione religiosa il problema dell’integrazione. L’immigrazione ha tante facce, è crescita e sviluppo economico ma è anche sfruttamento e degrado, è integrazione e solidarietà ma anche razzismo e xenofobia. Parlare di immigrazione tocca al fondo della nostra identità e umanità e ci mette spesso a confrontarci con il problema della sicurezza e della paura ma anche con la tolleranza e il rispetto. Parole importanti che, quando si parla di uomini e donne in carne ed ossa, bisogna avere il coraggio di pronunciare con onestà intellettuale e non perché imboccati dall’ideologia o dalla propaganda opportunistica politica del momento. Per questo sarebbe meglio parlare del riconoscimento dei diritti fondamentali di ciascuna persona, sia o no cittadina italiana. Meglio tutelare sul piano economico gli stranieri di grande volontà che per anni lavorano in Italia. Naturalmente garantendo un equilibrio tra la domanda e l’offerta in modo flessibile del fabbisogno di mano d’opera.
È necessario continuare a parlare di immigrazione, ma anche agire per centrare l’obiettivo e trovare soluzioni concrete. Il governo ha fatto sul piano della lotta all’immigrazione clandestina, una certezza delle regole che sono gli stessi immigrati regolari a richiedere allo Stato; nell’ambito del "pacchetto sicurezza", il Parlamento ha previsto per la prima volta l’ "accordo di integrazione". Esso consiste in una serie di impegni che l’immigrato sottoscrive ed è chiamato ad onorare nel periodo di validità del permesso di soggiorno, pena la perdita dei crediti necessari per ottenere il rinnovo e quindi l'espulsione.
Ma forse non è abbastanza. L'integrazione necessita tempo, è una meta che non si acquisisce una volta per tutte, ma che viene costantemente perseguita. Proprio per la sua natura multidimensionale, se si limita a un solo ambito, essa sarà necessariamente parziale con gradi diversi di integrazione, posizionati nel tempo in modo diacronico. L'integrazione, infine, è bidirezionale in quanto non riguarda solo gli immigrati ma anche e congiuntamente i cittadini del paese ricevente. Nonostante i quadri normativi di riferimento, le politiche sociali adottate a livello nazionale, l'integrazione è infatti sempre un fatto locale: ci si integra nel territorio e nella città in cui si vive e non in un luogo astratto quale lo stato. Non serve il buonismo politicamente corretto di chi professa "immigrato è bello" ma occorre parlare prima di identità nazionale. Cosa fare? Investire, come in altri paesi, nel sistema scolastico, come strumento per trasmettere la nostra identità culturale. Porre dubbi sulla decisione di imporre un tetto del 30 per cento agli immigrati nelle nostre scuole. Rafforzare i controlli sui posti di lavoro per contrastare l’impiego in nero degli immigrati per essere molto più efficaci rispetto ad introdurre nuove leggi (come quelle che istituiscono il reato di immigrazione clandestina) destinate a non essere applicate. Dovremmo avere tutti l’umiltà di dubitare, di osservare per imparare, di farci aiutare dai dati e dai numeri.
Partito Socialista – Riformisti Siena
È necessario continuare a parlare di immigrazione, ma anche agire per centrare l’obiettivo e trovare soluzioni concrete. Il governo ha fatto sul piano della lotta all’immigrazione clandestina, una certezza delle regole che sono gli stessi immigrati regolari a richiedere allo Stato; nell’ambito del "pacchetto sicurezza", il Parlamento ha previsto per la prima volta l’ "accordo di integrazione". Esso consiste in una serie di impegni che l’immigrato sottoscrive ed è chiamato ad onorare nel periodo di validità del permesso di soggiorno, pena la perdita dei crediti necessari per ottenere il rinnovo e quindi l'espulsione.
Ma forse non è abbastanza. L'integrazione necessita tempo, è una meta che non si acquisisce una volta per tutte, ma che viene costantemente perseguita. Proprio per la sua natura multidimensionale, se si limita a un solo ambito, essa sarà necessariamente parziale con gradi diversi di integrazione, posizionati nel tempo in modo diacronico. L'integrazione, infine, è bidirezionale in quanto non riguarda solo gli immigrati ma anche e congiuntamente i cittadini del paese ricevente. Nonostante i quadri normativi di riferimento, le politiche sociali adottate a livello nazionale, l'integrazione è infatti sempre un fatto locale: ci si integra nel territorio e nella città in cui si vive e non in un luogo astratto quale lo stato. Non serve il buonismo politicamente corretto di chi professa "immigrato è bello" ma occorre parlare prima di identità nazionale. Cosa fare? Investire, come in altri paesi, nel sistema scolastico, come strumento per trasmettere la nostra identità culturale. Porre dubbi sulla decisione di imporre un tetto del 30 per cento agli immigrati nelle nostre scuole. Rafforzare i controlli sui posti di lavoro per contrastare l’impiego in nero degli immigrati per essere molto più efficaci rispetto ad introdurre nuove leggi (come quelle che istituiscono il reato di immigrazione clandestina) destinate a non essere applicate. Dovremmo avere tutti l’umiltà di dubitare, di osservare per imparare, di farci aiutare dai dati e dai numeri.
Partito Socialista – Riformisti Siena