SIENA. “L’ambulatorio medico per migranti svolge la sua attività nella provincia di Siena da tre anni, occupandosi di fornire un servizio di medicina di base e di mediazione rivolto ai migranti non ancora in regola con il permesso di soggiorno. In relazione a questa specifica competenza e sulla base della nostra esperienza ci sentiamo chiamati in causa in questo periodo in cui il tema principe, capace di animare ogni discussione e di riempire giornali e telegiornali, è proprio quello dell’immigrazione. Non è nostra intenzione addentrarci in prima battuta in questioni che non ci appartengono fino in fondo e che devierebbero sicuramente la linea che queste poche righe hanno l’intenzione di tracciare, ma piuttosto ci preme
fornire il punto di vista di un osservatorio dedicato, di chi quotidianamente per lavoro vive a contatto con il mondo dell’immigrazione, regolare e soprattutto irregolare, potendo cogliere le molte sfaccettature di questo prisma culturale.
Da qualche tempo la questione immigrazione ha subito una vertiginosa ascesa nella speciale classifica delle patologie che affliggono e che ammalano il nostro Paese, guadagnando una connotazione esclusiva di pericolosità, nociva tendenza da correggere, marasma da espettorare.
Quale sciagurato medico, di fronte ad una simile e tanto evidente diagnosi, non si sarebbe immediatamente operato per sanare e bonificare l’ambiente, purificandolo definitivamente dall’agente colpevole di così tanto marciume?
E dunque: identificazione, isolamento ed espulsione sono i trattamenti terapeutici, la cura proposta. Il messaggio divulgato dai media attribuisce alla gente la percezione di insicurezza, modulando e investendo il sentire comune della capacità decisionale responsabile di certi provvedimenti, necessari perché richiesti. La denominazione, impersonale e facilmente strumentalizzabile, di gente ci include, ma non ci rappresenta affatto.
Dal basso della nostra esperienza esprimiamo il dissenso nei confronti di un sillogismo assurdo che lega in maniera inscindibile ed univoca il mondo dell’immigrazione a quello della insicurezza sociale. La strada intrapresa per risolvere una questione talmente complessa è, purtroppo, ancora
una volta quella più semplice, in cui si sceglie in maniera miope di limitare, di confinare, di chiudere, abbandonando deliberatamente i percorsi di inclusione, di interazione, interculturalità, troppo tortuosi, impopolari e impervi.
Chi si occupa di sanità sa bene che il concetto di salute è da estendersi alla sua più ampia accezione. Non è possibile disgiungere lo stato fisico da quello psicologico-sociale e, quindi, il benessere di un individuo dipende necessariamente da entrambe le condizioni. Da sempre l’essere umano, proprio alla ricerca di questo benessere, si è spostato, è migrato alla volta di condizioni migliori, più favorevoli, vantaggiose. In questa fase storica della nostra realtà nazionale è senza dubbio più semplice porre limitazioni per chi migra verso di noi, ma non dovremmo dimenticare quanto sia stato importante per le generazioni che nel secolo passato ci hanno preceduto, riuscire a muoversi verso altre terre per cercare un’alternativa, un cambiamento. Ascoltando i racconti di quanti si sono rivolti a noi siamo certi che i viaggi della speranza, definiti non a caso in questo modo, vengono affrontati non con l’intenzione di delinquere, ma con un sentimento misto che salta freneticamente tra la necessità di fuggire da un presente senza futuro e il desiderio di potersi offrire finalmente una possibilità di vita.
A giorni si aprirà il dibattito parlamentare per l’istituzione del reato di clandestinità. Tra i numerosi interrogativi che verranno posti, ne vorremmo sollevare alcuni. I medici e i mediatori operano nell’ambulatorio in base ad una convenzione stipulata (secondo le vigenti norme nazionali e regionali in materia) con la USL territoriale di competenza.
Come sarà possibile comprendere quale dovrà essere il comportamento da tenere nei confronti di persone che, in maniera schizofrenica, sono da tutelare o da perseguire, a cui garantire le cure primarie o da espellere? Inoltre, i medici che, rispettando il codice deontologico a cui hanno
prestato giuramento, si impegnassero nel fornire assistenza non più ad individui non ancora in regola con il permesso di soggiorno, ma a veri e propri 'criminali' di cosa dovrebbero essere accusati? Di favoreggiamento, di complicità? Se così fosse lanciamo la nostra provocazione, ammettiamo la nostra complicità, la nostra colpevolezza. Se così fosse, allora TUTTI DENTRO!!
Le nostre parole verranno, probabilmente, tacciate di estremismo, di faziosità, di distacco dalla realtà, verranno arricchite di contenuti pregiudiziali e colorate di una veste partitica che non ci appartiene. Ci teniamo a ribadire come queste riflessioni nascano non solo dalla coscienza individuale, ma quanto più per competenza specifica.
A 60 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo le soluzioni proposte per contribuire a diffondere equità passano ancora una volta attraverso la discriminazione, la repressione, l’esasperazione del diverso. “
Le operatrici e gli operatori del settore