Voglio partire da qui, nel mio contributo al dibattito, perché voglio distinguere fra revoca della cittadinanza e antifascismo. Trovo proprio quest’ultimo dato più importante e significativo, in un momento storico nel quale si tende a dimenticare le nostre origini democratiche e a sfumare la memoria di quello che è stato. Un processo più pericoloso del revisionismo – a mio modo di vedere – perché consegna ai nostri giovani non i fatti e i motivi sui quali si è costruita l’Italia antifascista ma solo stereotipi di machismo e di autoritarismo che possono suggestionare e far prendere derive pericolose come già accade in alcune città italiane (vedi le spinte omofobe a Roma).
I nostri valori, quelli di Siena e dell’Italia hanno una matrice precisa nella quale si riconoscono tutte le forze progressiste: l’uguaglianza, la tolleranza, la solidarietà. Inutile stare qui a dire che a Siena le virtù cardinali del Buongoverno ci indicano da sette secoli i valori fondanti di una società civile e che forse proprio questa nostra antica tradizione ci ha dato gli anticorpi per respingere prima e superare dopo la dittatura fascista. Mi chiedo perché, visto che certamente questa non è la prima Giunta antifascista che governa Siena, proprio adesso arrivi la richiesta di revoca. Tutti distratti negli ultimi cinquanta anni?
Detto questo, mi riallaccio all’intervento di Marcello Flores, scritto come storico e docente più che come nostro assessore alla Cultura, nel quale ci si chiede che senso abbia revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini ad oltre sessanta anni dalla sua morte e ad oltre ottanta da quella scelta fatta dal comune di Siena.
E’ un capitolo che appartiene ai libri di storia e non alla nostra vita di oggi e la cittadinanza, per quanto onoraria, è difficilmente riconducibile ad una persona defunta per quanto essa in vita si sia macchiata di soprusi e crimini efferati. Quando fu conferita la cittadinanza onoraria a Mussolini l’Italia e Siena erano già sotto il tallone di un regime, per quanto ancora non formalmente espresso in forma compiuta ma già attivo da anni con ogni sorta di intimidazione alle forze politiche che sostenevano la democrazia. Quell’atto fu solo l’ennesima imposizione, subita non solo da Siena ma anche da tante altre città italiane. E a Siena in quegli anni, così come in tanti altri posti d’Italia, non mancarono coloro che vedevano nel nascente regime opportunità, riscossa sociale, in alcuni casi anche idealità fasulle, e che per questo cedettero al Duce e applicarono i suoi metodi.
Come giustamente dice Flores questa è storia, non si può negare che l’Italia sia stata – per scelta o imposizione aggiungo io – fascista.
Ma è proprio necessario oggi dividersi con animosità per annullare un atto come quello della cittadinanza onoraria a Mussolini sepolto (e dimenticato) nei libri di storia? Forse è meglio scegliere, come fa il presidente della Provincia Simone Bezzini, di misurarsi – per tenere vivi certi valori – sui nuovi fenomeni e dare risposte concrete sulle emergenze di oggi, sui problemi reali su certi, troppi, atteggiamenti di intolleranza che si verificano nella nostra penisola. Alla fine Bezzini propone una cosa interessante e cioè attualizzare il dibattito e cogliere le troppe analogie tra nuovi fenomeni di intolleranza e il periodo del fascismo, senza forzature storiche, ma proprio per far capire alle giovani generazioni a quali rischi si può andare incontro se non si tiene viva la fiamma della memoria, se non si legge la storia e la si confronta con il presente.
La mozione presentata da PRC offre in realtà l’occasione di un dibattito serio su come si portano avanti oggi i valori dell’antifascismo sui quali sono state fondate la Repubblica italiana e la nostra storia recente, sui rischi che corre la nostra democrazia e il nostro vivere civile qualora sfumino o si annullino i valori fondanti dell’Italia democratica e repubblicana, su quali insidie si nascondano nei continui attacchi all’unità del Paese e alla nostra carta costituzionale. Sono i temi che ho abbondantemente trattato nel corso delle celebrazioni del 25 aprile, o in altre circostanze, ma che vale sempre la pena ribadire.
Bene la città allora, quella città in quel particolare periodo, vide altri atti che sono lì a testimoniare la macchia di un regime che attecchì anche qui, e tra questi la cittadinanza onoraria a Mussolini.
Sarà il consiglio comunale a decidere. Ribadisco l’ impegno perché i nostri giovani sappiano ciò che è stato e perché non vada perduta la memoria dei crimini e dei sacrifici che caratterizzarono quegli anni. Noi il 3 luglio facciamo suonare il campanone e quei rintocchi segnano il giorno della liberazione di Siena dal fascismo e dalla guerra.
Maurizio Cenni
Sindaco di Siena