Lettera sulla situazione del partito democratico
SIENA. Come in tutte le rivoluzioni c’è un tempo per le armi e uno per la politica. Anche nella nostra Siena era soffiato il vento del cambiamento, innestato da Renzi e da un nuovo e giovane gruppo che prometteva una radicale rottamazione di una classe dirigente ingessata ed anagraficamente anziana. Finalmente una voce autorevole aveva riacceso la passione politica della base, in un partito che ultimamente appariva stanco e appannato. Ma nonostante tutto a Siena vinceva ancora Bersani e la nostra città appariva, come nei secoli passati, una roccaforte inespugnabile al rinnovamento. Poi la inevitabile capitolazione, ma solo quando la vittoria di Renzi era certa, con la triste corsa di noti personaggi ad accreditarsi e a salire sul carro del vincitore. La battaglia però aveva lasciato morti e feriti e così chi veramente aveva combattuto questa guerra in buona fede, ora voleva gustarsi il sapore della vittoria.
La città intanto cominciava a toccare con mano i risultati di un decennio di “buongoverno” che si mostravano nella loro inimmaginabile crudezza. Una banca in crisi con oltre mille esternalizzati, una Fondazione prosciugata, un sindaco indagato costretto a dimettersi, un eccellente e sospetto suicidio (David Rossi), il fallimento della Siena Biothec e dell’Enoteca Italiana, il caso Ampugnano (casualmente in prescrizione) ecc…ecc.. chi più ne ha più ne metta. Le condizioni per un drastico cambio di passo e di classe dirigente c’erano tutte ed anche chi, in tutta onestà, aveva intenzione di farlo.
Poi, come succede in tutte le Rivoluzioni, può capitare che alla fine, tolto un tiranno ce ne vada un altro, oppure che ritornino al potere proprio coloro che c’erano prima, con il triste risultato di aver combattuto per niente. Ed ecco spiegata la frustrazione di molti compagni che sono stati in trincea e che, nonostante la loro linea abbia vinto, sono costretti ad abbandonare il Partito o ad abbassare la testa all’evidenza.
Aver vinto ed aver perso nello stesso tempo non deve essere una cosa facile, specie per chi ci aveva creduto ed aveva lanciato il cuore oltre l’ostacolo. Così, mentre i vertici del PD senese facevano finta che andava tutto bene, il voler far coesistere all’interno della stessa stanza due anime completamente diverse ed incompatibili, ha continuato a mietere vittime politiche.
Lo abbiamo visto alle recenti regionali dove i candidati del PD si sono fatti la guerra tra di loro senza esclusioni di colpi, o a Monteroni, dove è uscito dalle primarie un candidato (Berni), non appoggiato dalla vecchia classe dirigente e nemmeno (allora) del PD.
Ed abbiamo constatato che il clima era realmente terribile dalle dimissioni di molti personaggi politici (Il primo fu il sindaco Ceccuzzi, poi il segretario Giulio Carli nel 2013), ma soprattutto quelle di Francesca Bianchi dall’Unione Comunale di Sovicille che si dimise dalla carica di presidente dell’assemblea regionale del Pd Toscana con le seguenti parole: “In questo Pd dove le regole si fanno ma poi si disattendono o non si fanno rispettare”, vedi (qui).
E per finire quelle più recenti del segretario provinciale Guicciardini che, dopo aver sempre fatto bel viso a cattiva sorte ed averci sempre raccontato che nel suo partito andava tutto a meraviglia, ha lasciato il timone dicendo: “Siamo al punto in cui mi sono accorto che era impossibile me, portare ulteriormente avanti il percorso di cambiamento e che, anzi, il partito era sempre più avvitato sulle dinamiche interne invece che quelle esterne”.
Ma cosa sta succedendo nel PD senese?
Sembra che neanche il renzianissimo Scaramelli, dall’alto della sua posizione, riesca a pacificare gli animi e che anche al Nazionale, ormai, di Siena e dei suoi eterni litigi interessi poco. Fatto sta che il malessere comincia a ribollire ed il coperchio a sollevarsi. Così alcuni iscritti, rottamatori della prima ora, cominciano a rendersi conto che la benzina è finita e che più di lì non si va proprio. Stanno assistendo, malgrado la loro buona volontà, ad un muro della vecchia dirigenza fatto di potere e di logiche da primissima repubblica, contro al quale si rimbalza e basta. Ecco allora una scottante lettera della sezione di Monteroni, condivisa sui social, a riguardo della recentissima elezione della Micheli alla segreteria provinciale del PD: “Non ci convince perché appare intrisa da una logica “da caminetto” che appanna il senso e il bisogno di cambiamento chiesto e dimostrato da migliaia di cittadini nel corso di primarie, di elezioni europee, amministrative e regionali. Non ci convince perché trascura le responsabilità sullo stato disastroso in cui versa la federazione provinciale del PD ed oscura alcune sconfitte elettorali, non solo locali”. Per chi volesse leggerlo integralmente è ancora più duro (finalmente) di quel che potrebbe sembrare: (qui).
Dunque a Siena sembrerebbe esserci un Partito poco Democratico e poco incline al cambiamento, specie negli uomini e negli incarichi. Grazie a questo, i soliti nomi e cognomi che albergano da decenni nelle “Partecipate”, stanno ormai mettendo le radici come le sequoie e se ne andranno solo quando il Signore li chiamerà a se. Sarebbe bello sostituirli con qualche giovane, magari laureato e disoccupato, ma si scatenerebbe la terza guerra mondiale, come se la “poltrona” fosse per alcuni personaggi, un diritto acquisito.
Intanto, per non farsi mancare nulla, anche il sindaco attuale risulta indagato per fatti precedenti a questo incarico, quel Valentini che aveva incarnato erroneamente le istanze e le speranze di una “primavera senese” che, alla stregua di quelle arabe, finirà per farci dire: “era meglio quando c’era Gheddafi”.
Augusto Codogno