"Non sono senese, ma il Palio è il Palio, e guai a chi me lo tocca"
SIENA. Sono un appassionato di Palio. Sempre stato. Non sono Senese, quello no. Se per Senese si intende uno che “è nato nelle lastre”. Ma il Palio è il Palio, e guai a chi me lo tocca.
Negli anni vi ho accompagnato tanti cari amici che, contagiati dal mio entusiasmo, hanno voluto vederlo. E non tanto e non solo la corsa (la “carriera”), bensì per tutto il contorno: l’atmosfera della contrada, per quanto mi è possibile: la “tratta”, la cena della prova generale, i costumi, i colori, i canti, la ritualità della festa.
Vi ho accompagnato Napoletani e Romani. Milanesi e Veneziani. Persino alcuni amici tedeschi, abbastanza sbalorditi. A qualcuno di loro è piaciuto da matti, a qualcuno meno. Ma a nessuno è rimasto indifferente.
“Sono entrato in una specie di bellissima, affascinante macchina del tempo”, è quasi sempre il loro commento finale.
Il Palio di ieri è stato meraviglioso, come succede quasi sempre. Una corsa pazzesca e selvaggia. Libera, sublime e innocua, dove alla fine non si è fatto male nessuno. Come succede quasi sempre.
Per chi non è né Senese né contradaiolo, il fatto che abbia vinto la Torre piuttosto che l’Onda o la Selva fa poca differenza: è un particolare che sfuma nel delirio dei suoni e dei colori che Siena ti offre generosamente e dove ti immergi fin dentro il collo.
Mi hanno colpito anche i miei amici di Siena TV (bravissimi anche ieri, come sempre) che usano come “jingle” per le loro trasmissioni paliesche una vecchia canzone di Franco Battiato: “Parlami dell’esistenza… di Mondi lontanissimi…”.
E infatti il Palio (e Siena) danno sempre quest’impressione, al visitatore più attento: un mondo lontanissimo, dove il tempo fluisce in maniera diversa e viene cadenzato con ritmi originali rispetto al resto del pianeta.
Non troverete una città uguale a questa. E nemmeno una festa che possa eguagliarla in pathos e in emozione.
Gli sciocchi, invece, vedono il Palio e per prima cosa pensano che si tratti di una competizione violenta, incontrollata e senza regole.
Invece, le regole ci sono. E ferree, anche. Ma nessuno le hai né scritte né codificate. Perché non ce n’è mai stato bisogno. Sono regole che si osservano e basta. Che hai dentro di te, appartengono al profondo della tua coscienza. Perché ci nasci dentro, e vivi come se ti fossero appiccicate addosso.
Sono regole di vita, più che di Palio. Chiamano in causa l’onore e il rispetto. la generosità e l’amicizia. Il valore, e il mutuo soccorso che dovrebbe esistere tra gli uomini. Ti insegnano, soprattutto, l’amore per la tua terra e per il tuo popolo.
E che per la tua terra e per il tuo popolo, devi essere anche disposto a batterti.
Ti insegnano che non si scappa, di fronte al pericolo. Ma anche che non si combatte, quando siamo in venti contro uno.
E soprattutto che non si colpisce l’avversario, quando esso è caduto a terra.
Questo è il Palio. Da secoli.
Chi continua a pensare che sia solo cavalli che cadono, forse non l’ha nemmeno mai visto.
Riccardo Lorenzetti