Considerazioni e timori sul futuro dell'Università di Siena
Il DAS – Dimensione Autonoma Studentesca, vuole sottolineare alcuni aspetti di diffusa tragicomicità – evidente spirito del tempo – che si stanno manifestando nella nostra città.
Innanzitutto non possiamo che dirci sollevati dalla nomina a Rettore del prof. Angelo Riccaboni: la prospettiva di un commissariamento governativo, seguito da annunciati tagli scellerati e senza criterio, avrebbe infatti compromesso ogni possibilità di rilancio e quindi di salvezza per l’Università di Siena. Al tempo stesso, però, rimarremo vigili, attendendo le mosse del nuovo Rettore per valutare se davvero si vuole procedere a una reale ri-fondazione dell’Ateneo, dove rispetto al famigerato buco, molti più danni sta creando lo psicodramma collettivo che avvolge e stravolge la comunità accademica.
Ribadiamo quindi quanto sia necessaria l’indizione degli Stati Generali dell’Università, in cui studenti, lavoratori e docenti possano confrontarsi sulle reali prospettive di un risanamento che non può essere distaccato dal rilancio del nostro Ateneo.
Ma ciò non è di per sé sufficiente. Questa convergenza per ricostituire la comunità accademica deve essere accompagnata da un “patto” di cittadinanza, in quanto la questione della nostra Università è il problema della nostra città, il più grande da affrontare adesso, in un momento sicuramente non propizio giacché, con le elezioni alle porte, è più forte la strumentalizzazione politica rispetto alla produzione di idee e di progetti.
In questa prospettiva si pone la tragicommedia di una classe politica gonfia di se stessa, e scollata non solo dalla cittadinanza ma dalla stessa realtà che la circonda.
E qui si inserisce la candidatura di Siena a Capitale Europea della Cultura.
Vorremmo invitare il sindaco Cenni a fare una bella vacanza all’estero. Ad andare, per esempio, a Salamanca – che capitale europea lo fu nel 2002 – o a Donostia – candidata per il 2016. In quelle città il nostro Sindaco potrebbe cogliere l’abissale differenza tra fruizione di cultura e creazione di cultura.
Non è una sottigliezza accademica: sono categorie con un valore sociale estremamente diverso.
La nostra città, con una storia millenaria e un patrimonio artistico unico al mondo, è votata per natura alla Cultura. C’è un Ateneo, seppure in grave difficoltà, che risulta essere tra i migliori d’Italia e che ancora ha punte d’eccellenza nella produzione culturale, con migliaia di studenti che ogni anno “operano Cultura”.
Eppure si continuano a spendere soldi per iniziative che non vanno oltre il Costituto o la Città Aromatica: due iniziative che, seppur di indubbio interesse, restano per la cittadinanza nell’ambito della mera fruizione culturale. Del ricevere un qualcosa senza però avere la possibilità di elaborarlo criticamente e assumerlo come proprio, una cultura impacchettata, relegata tra un’adultera venerazione del passato e un’aristocratica ossessione per i grandi eventi pop.
L’amministrazione locale non può esimersi dall’affrontare questa dura realtà. Se davvero vuole salvare il nostro Ateneo – e quindi la città stessa – deve capire che la cultura è un fatto complesso, che fonda la società ogni giorno, nella sua funzione di critica di se stessa e della comunità a cui appartiene.
Se non si capisce questo, se non si comprende che progetti come quello delle Papesse – ormai distrutto, e praticamente mai attuato – servono doppiamente alla nostra città, creando cultura e posti di lavoro, non si potrà mai fare nulla per uscire dal tunnel in cui ci siamo cacciati, e le cui conseguenze si incominciano solo a intravedere.
Abbiamo la grande opportunità di creare spazi culturali che, con il nostro patrimonio cittadino e accademico, potrebbero trovare rilevanza internazionale, creare centinaia di posti di lavoro, far tornare l’Università di Siena allettante per quegli studenti che devono scegliere dove costruire il proprio futuro.
Tuttavia questa classe politica subalterna agli interessi del capitale immediato è cieca di fronte a progetti innovativi che tuttavia, a lungo termine, creerebbero lavoro e indotto non indifferenti. Un’amministrazione che neppure riesce a digerire le critiche di un prelato, potrebbe riuscire a capire l’importanza di questa opportunità? Non lo crediamo.
Per questo, nelle prossime settimane, il DAS si impegnerà attivamente per far capire al Sindaco, alle istituzioni locali e alla cittadinanza tutta cosa vuol dire “fare cultura”, con azioni volte a rivendicare il ruolo fondante del “sapere critico” per la società.
La libertà nasce dalla cultura: prima martiri che schiavi!
DAS – Dimensione Autonoma Studentesca