GAIOLE IN CHIANTI. In risposta al comunicato e alla celerità con cui la Regione rialza gli abusi fatti abbattere dalla forestale nei mesi scorsi.
Alla ricerca di un dialogo con chi fin’ora, ha sempre fatto cassa e i comodi propri senza ascoltare, senza tener conto delle esigenze altrui, senza voler alcuna intromissione nella gestione del territorio, anche di chi vi lavora, forti delle minacce e dell’incuter terrore, coperti sempre da qualche fellone.
In osservanza alle leggi vigenti, la Guardia Forestale (poi confluita all’inizia dell’anno nell’Arma dei Carabinieri), aveva provveduto a far smantellare come abuso edilizio i vari capanni di concentrazione in cui si riuniscono le squadre della caccia al cinghiale.
La Regione Toscana si è immediatamente adoperata per tappare questa falla normativa per far riedificare i capanni dove si riuniscono le squadre dei cinghialai prima della battuta di caccia. Celerità di intendi mai corrisposta quando venivano evidenziati i danni alle colture dal foraggiamento sconsiderato del cinghiale da parte dei medesimi.
Se il grido di dolore di chi vive e lavora un territorio non è stato molto considerato in virtù dell’economia del cinghiale o di qualche testa calda che ne tira le fila, è segno della sciatta complessità dei tempi.
Ma se la riedificazione dei capanni di caccia come luogo di incontro fra persone per un’attività “ludica” comporta l’estromissione dai giochi degli estremisti fanatici che vivono di cinghiale che non parlano, ma vomitano e minacciano chiunque ha un pensiero diverso, ben vengano queste costruzioni, purchè, finalmente, la pasturazione a pane e granturco, le recinzioni di protezione e i danni a loro stesse, gli incidenti e i lutti per le strade per la mole infinita di questi animali, abbiano un ampio titolo di coda con la scritta: fine.
Andrea Pagliantini