Intervento di Mauro Aurigi scaturito dalla partecipazione agli Stati Generali della Cultura
di Mauro Aurigi
SIENA. Nel XIII secolo, mentre ogni altra parte del mondo conosciuto era soggetto a tirannie e il potere politico, militare, religioso e sociale era da sempre appannaggio esclusivo della nobiltà ‒ ovviamente per volontà divina ‒ i giuristi delle Università dei liberi Comuni italiani coniavano termini e concetti quali la “SOVRANITA’ POPOLARE” (un evidente ossimoro visto che la sovranità attiene al sovrano, ma sta nel primo articolo della nostra Costituzione) e “POPULUS SIBI PRINCEPS”, il Popolo principe di se stesso. Si trattava di un effetto, il più importante, del contemporaneo fiorire in quei Comuni dell’Umanesimo, la più grande rivoluzione del pensiero del passato millennio (fu ipotizzata anche l’elezione popolare del Papa). All’epoca della politica fu data la seguente definizione: “arte di reggere una società di uomini liberi solo sottomessi alle leggi che essi stessi si danno”.
Tutto ciò all’epoca si chiamava LIBERTAS, ma ancora oggi quei concetti sono la base fondante del “Pensiero politico occidentale”, ossia della nostra DEMOCRAZIA.
E L’OCCIDENTE DOMINO’ IL MONDO
Tuttavia della democrazia ora si tende a dare una definizione di tipo estetico (la libertà, la dignità, la giustizia, l’uguaglianza ecc.), nonostante sia sotto gli occhi di tutti che democrazia significhi anche ben altro, ossia produzione di ricchezza, senza la quale non c’è produzione di quella cultura (l’ignoranza è strettamente collegata alla povertà) che infine genera arte e scienza. E quanto più alti sono i livelli di democrazia, ossia quanto più il potere è nelle mani del popolo e quanto meno è nelle mani dei politici (i nobili dei tempi nostri), tanta più alta è la produzione di ricchezza, cultura, arte e scienza. E viceversa. Questa è una regola che non ha eccezioni nella storia. Si pensi agli effetti delle prime applicazioni della democrazia nelle città della Grecia classica e delle città-stato dell’Italia medievale. E non ha eccezioni neanche nell’attualità.
E’ infatti la democrazia che ha consentito l’abnorme sviluppo evolutivo dell’Occidente (grosso modo il 20% della popolazione mondiale) fino a fargli dominare culturalmente e economicamente, nel bene o nel male, il resto del mondo. Insomma senza Occidente il mondo sarebbe tutto Africa, Asia e Sud America. A riprova basti dire che nello stesso Occidente esiste analoga frattura: quanto più alti sono i livelli di democrazia, vedi il mondo protestante, tanto più i paesi sono evoluti e floridi. Viceversa per i paesi cattolici e ortodossi.
IL FASCISMO DI RITORNO
Questa è una visione del mondo che, si diceva, sta sotto gli occhi di tutti e che è difficilmente contestabile. Eppure tutti coloro, e sono centinaia, che commentano sui media italiani gli effetti della crisi economica in atto, si limitano a definire i paesi più virtuosi come “nord-europei”, e quelli meno virtuosi come “sud-europei”, tacendo scrupolosamente sul fatto che la diversificazione non è un effetto della geografia, ma della politica, perché i primi sono paesi a più alto livello di democrazia e i secondi sono quelli a più basso livello. E’ ovvio il motivo di questo strabismo: evitare di dover ammettere che è una forte democrazia quella che ti aiuta a non entrare nella crisi o comunque a uscirne meglio e prima. Perché ammetterlo significherebbe anche ammettere indirettamente che il pluridecennale progetto Gelli-Berlusconi-D’Alema-Renzi di costante e crescente limitazione della libertas democratica ci porterà in un baratro da cui sarà impossibile risalire. E questo non si può più dire o, meglio, non c’è più la libertà di dirlo, proprio perché ora, finalmente, un uomo solo, il bulletto di Rignano, ha tutto il potere: il partito e l’esecutivo (come Breznev nella Russia bolscevica), il legislativo, il giudiziario e la quasi totalità dei media. Sono i primi sintomi del fascismo di ritorno: già ora scontrarsi con simile autocrate è obiettivamente pericoloso. Infatti un buon terzo degli Italiani, quelli che sono soliti accorrere in soccorso del vincitore, è già salito sul suo carro.
Oggi solo il Movimento 5 Stelle ha come suo primo obiettivo, almeno nelle intenzioni, lo sviluppo della democrazia (maggiore potere al Popolo a scapito della Casta neo-nobiliare della politica) quale motore primario della spirale virtuosa ricchezza > cultura > scienza e arte: quanto più salda sarà la democrazia, tanto più virtuosa sarà quella spirale. Ma è una strada tutta in salita, considerato che il termine “democrazia” è letteralmente scomparso dal lessico di tutti gli altri partiti. Ancora più in salita considerato che il M5S postula la Democrazia Diretta, ossia la più completa e avanzata formula democratica, come soluzione finale: tutto il potere al Popolo con la Casta ridotta a mero esecutore della volontà che sale dal basso (e i partiti ridotti a semplici movimenti di opinione autofinanziati esclusivamente dagli aderenti).
Ma se il resto della politica non cambia verso”, sarà arduo salvare il Paese (e la Città).
PS: ho sentito la necessità di tornare su questo argomento, che a molti apparirà noioso e ripetitivo, perché il 26 marzo al Santa Maria della Scala, durante le quasi tre ore di interventi di presentazione dei lavori de “GLI STATI GENERALI DELLA CULTURA” attraverso i quali si spera in un rilancio culturale e quindi occupazionale della città, in quasi tre ore ripeto, solo l’istituzione più a-democratica, anzi proprio antidemocratica, ossia il Prefetto (chapeau!) ha citato il termine democrazia. Da tutti gli altri silenzio assoluto: la democrazia non è più un valore di cui tenere conto.