Aurigi descrive "cosa potrebbe succedere se venisse gìù il Monte
di Mauro Aurigi
Quello dell’Antonveneta, a cavallo del 2007 e 2008, è il più grosso e veloce bidone finanziario della storia, tra l’altro trattato con sole 3 telefonate, nell’arco di 48 ore, senza neanche un solo incontro personale tra venditore e compratore, il tutto per pagare ben 20mld: 10 il costo, più 7 per un taciuto finanziamento dell’Amrobank a Antoveneta da rimborsare subito e circa 3mld di crediti inesigibili che l’Antonveneta aveva in pancia ma che sono venuti alla luce successivamente. Venti miliardi per una banca che poi il Monte ha dichiarato alla Bankit valerne neanche tre. Ah, dimenticavo: nelle casse del Monte non c’era un solo euro, neanche bucato: tutta l’ingente, secolare riserva del Monte e della Fondazione era evaporata in precedenti operazioni ugualmente a capocchia ancorché non di queste dimensioni ‒ vedi agli inizi del secolo l’acquisto della decotta Banca 121 o la svendita dell’ottima Cassa di Prato. Per fronteggiare la spaventosa emergenza finanziaria provocata dal bidone dell’Antonveneta fu dato il colpo di grazia alla Fondazione: in poco più di un decennio il suo patrimonio iniziale ammontante nel 1995 a più di 20mld, ossia il 100% delle azioni della Banca più alcuni miliardi di patrimonio proprio, si è ridotto a un centinaio di milioni. Il tutto sotto i benevoli occhi della Banca d’Italia. Altro che dare tutta la colpa alla crisi come fanno quelle anime belle del Pd!
Eppure a Siena non si va molto più in là della lamentela piagnucolosa che non ci saranno più i milioni da distribuire alla clientela più affamata e vorace della regione. Questa è l’unica cosa che preoccupa la Casta senese ‒ anch’essa come la sua clientela affamata e vorace il giusto ‒ incapace com’è di produrre ricchezza o indurne la produzione, ma capacissima nel parassitare fino alla consunzione la ricchezza altrui. Qui è evaporata ricchezza per la spaventosa somma non di 20mld che erano il valore del Monte all’atto della privatizzazione, ma forse di 50mld se si tiene conto dei 13mld di aumenti di capitale e dei 20 anni di inflazione e di mancati utili. Qui, se venisse giù il Monte (e sarebbero bastati molto meno di quei 20mld per farlo rovinare), potrebbe scatenarsi un devastante effetto domino. L’intero sistema bancario italiano potrebbe non reggere la botta. E se ciò accadesse ne sarebbe travolto lo Stato italiano i cui oltre 2000mld di debiti, che nessuno vorrebbe più sottoscrivere, diventerebbero una minacciosissima mina vagante nell’UE e anche oltre. Potrebbe venire giù tutto il sistema europeo. Reggerebbe il resto dell’Occidente a una simile scossa?
VENTIMILA LAVORATORI POTREBBERO DOVERE PAGARE IL CONTO
Ho usato il condizionale ma è cosa su cui riflettere. Certo non posso attribuire al Mussari la perversa volontà di provocare un simile catastrofe, ma poi lo penso a fare il gradasso sugli spalti della Robur e della Mens Sana … più perverso di così … Comunque vada saranno lacrime e sangue in questo territorio forse per secoli a venire. Si è persino sentito parlare di licenziamenti e esternalizzazioni forse addirittura per 10.000 lavoratori (circa 2000 li hanno già “sistemati”). E con l’effetto cascata sull’indotto quella cifra spaventosa potrebbe raddoppiare. Quanti troveranno un altro lavoro di questi tempi? Quanti perderanno la casa? Quanti potrebbero veder piangere i propri figli per la fame come abbiamo già visto negli USA? No, nessuna pietà anche se qualcuno non è d’accordo, come dico subito. Con le recentissime condanne ai tre moschettieri mi è infatti tornato alla memoria l’articolo apparso il 3.1.2014 su Sette, settimanale dell’autorevolissimo Corriere della sera: un lungo servizio su Mussari a firma di Walter Mariotti, senese, già vicedirettore di Panorama e prima ancora direttore di un mensile del gruppo Il Sole 24 Ore. Ho conosciuto Mariottimolto tempo fa, quando era addetto stampa o qualcosa del genere di Antichi, allora sindaco forzista di Grosseto. Era un uomo di destra e tale è rimasto. In un altro contesto l’avrei detto senza sarcasmo o ostilità: sarebbe stata solo una constatazione. Ma in questo caso si sono superati i limiti della decenza. Che fa dunque Mariotti? Cerca di capire come sia stata possibile una simile catastrofe per suggerire interventi affinché non succeda più? Si strappa i capelli nell’impossibilità di trovare una soluzione? Oppure va a portare un po’ di compassionevole e umana solidarietà a quei lavoratori che non hanno un briciolo di responsabilità nel disastro (a parte l’adesione della maggioranza di loro ai sindacati che nella vicenda non sono stati inutili, ma perniciosi)? Usa la penna per denunciare, proporre, sollecitare affinché si trovino gli ammortizzatori per limitarne le sofferenze?
“L’ALAIN DELON DI CATANZARO”, ANZI “CORTO MALTESE”
No, Mariotti non fa niente di tutto ciò (anzi giustifica e minimizza: la colpa è della crisi) e soprattutto non ha una sola riga di commiserazione per le vittime. Mariotti va a consolare invece il loro carnefice, l’avv. Giuseppe Mussari, ex presidente della Fondazione e della Banca, ufficialmente responsabile primo della disastrosa gestione del Monte degli ultimi 12 anni . “L’Alain Delon di Catanzaro”, dice, “l’uomo duro, intelligente, abilissimo ….”, “faccia da cowboy buono” che tutte le mattine lascia la sua villa tra gli oliveti per raggiungere in auto il suo amato castrone Già del Menhir a pensione dall’amico Andrea De Gortes, in arte Aceto. Quindi “Giuseppe entra nella stalla, sella il cavallo e parte. Inizia quindi a cavalcare lentamente, nel silenzio del vento, come farebbe Corto Maltese….”.Tutte le mattine. Ecco, in tutta questa tragedia Mariotti non trova di meglio che consolare questo signore, ingiustamente costretto a una triste vita fatta solo di “villa in campagna, cavalli, buona cucina e gelato al pistacchio” . Questa non è una destra normale, non è neanche una destra impresentabile: è una destra ripugnante.
Il Mussari invece di casacche ne portava due, ben mimetizzate: quella della sedicente sinistra da esibire a Siena (da subito, appena arrivato a Siena dal Sud come studente negli anni ’80) e quella di destra da esibire a Roma, ambedue indispensabili per una carriera strepitosa, inopinatamente stroncata dalla magistratura. Eccole, una volta assolto il rito del dovuto omaggio ai notabili nazionali del proprio partito, le frequentazioni romane del “banchiere rosso” Mussari riportate dalla stampa: Giulio Tremonti, Raffaele Lombardo, Gianfranco Micciché, Gianni Letta, Silvio Berlusconi, Daniela Santanché, Guido Crosetto… Suppliche da ascoltare e probabilmente da soddisfare e suppliche proprie da sottoporre. Così si spiega come a Siena quelli di FI-Pdl non si siano limitati al solito compiacente silenzio, ma abbiano accolto tutte le sue spericolate avventure finanziarie con l’applauso, giungendo all’acme dell’esaltazione per l’Antonveneta. Così si spiega il silenzio totale sulla vicenda MPS da parte di Berlusconi & C. Spenta ogni fiammella d’opposizione è toccato a una sparuta pattuglia di cittadini della società civile resistere, resistere, resistere (ovviamente, in un simile clima, a loro rischio e pericolo).
CONQUISTATI ANCHE FI PRIMA E PDL DOPO, MA A CHE PREZZO?
Ecco come si spiegano le telefonate da Firenze di un preoccupato Verdini, che pure era ed è un falco, alla direzione del suo quotidiano senese “Il Cittadino” (quello cartaceo, chiuso nel 2006, anzi “soffocato” come si può vedere qui). Ordinava, il Verdini, di smetterla con gli attacchi al Mussari, perché quest’ultimo se ne era lamentato a Roma con i vertici del partito (di Verdini, ovviamente). Deve essere per questo che il Monte si è trovato immobilizzato per 27mld. di titoli di stato sottoscritti (vado a memoria: in proporzione tre o quattro volte più di colossi come Intesa e Unicredit). Denaro dei depositanti da impiegare come vero e proprio ossigeno all’economia, per lo sviluppo e l’occupazione, invece congelati a sostegno compiacente di uno Stato il cui ministero retto da Tremonti forse stava e sta perfino peggio del Monte. Come se fossero soldi suoi e invece erano e sono dei depositanti. Così come ha sperperato 20mld nell’operazione Antonveneta. Sempre soldi non suoi, anzi presi a debito (non suo, ma della Banca e dalla Fondazione) visto che le casse erano assolutamente vuote. Ecco come si fa una brillante carriera senza nemici e sulle pelle della povera gente. Anch’egli dunque, come il suo esegeta Mariotti, uomo non di una destra normale ma di una destra impresentabile e ripugnante. Dio li fa e poi li appaia. Non saprei cos’altro dire, a proposito del servizio apparso sul supplemento del Corriere della Sera. Anzi ce l’avrei, ma dovremmo far notte.
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