La banca verso la "public company"?
La Fondazione deve decidere come gestire la rimanente partecipazione del 15% al capitale azionario della banca: proseguire con la cessione, ora che il titolo potrebbe essere ceduto a quotazioni soddisfacenti o mantenere comunque una presenza tale da consentire una influenza significativa nella compagine azionaria?
Si avvicina inoltre il momento dell’aumento di capitale di 3 miliardi per la Banca. Non è più eludibile quindi per la Fondazione la definizione delle sue scelte strategiche sui suoi assets sui quali ricostruire la sua essenziale funzione di fondazione a sostegno della realtà economica e sociale di Siena
Una considerazione va svolta sul fatto che l’ingresso del fondo americano dopo analoghi acquisti in Unicredit e in Intesa san Paolo, dimostra l’interesse verso paesi con prospettive di recupero – come è l’Italia – e con prezzi competitivi delle loro società e verso il settore bancario italiano in particolare che, “grazie agli esami della Bce”, ha aumentato la trasparenza dei bilanci e rafforzato il patrimonio, ma dimostra anche che Siena non è certo vista come area sottosviluppata come vorrebbe far credere qualcuno, al contrario è vista dal forse più importante gruppo di gestione del risparmio del mondo come “opportunità di buon investimento”.
Quello che sta risultando chiaro comunque è che MPS potrebbe ormai avviarsi ad essere – e il mio giudizio su questa evoluzione è assolutamente positivo – una “public company” con una struttura azionaria polverizzata, mille miglia lontana da quella idea difficile a morire ancora per molti senesi di una banca saldamente controllata dalla Fondazione.
Non sappiamo quanto sia strategico l’ingresso di BlackRock o se sia destinato a fare la fine del rapido ingresso ed uscita da Ubibanca lo scorso anno, lo vedremo nei prossimi mesi se la prospettiva di BlackRock sia quella di investitore di medio termine, con effetti sul governo societario della banca in attesa della ripresa, ma comunque l’ipotesi di public company rimane attuale.
Certo è che una public company è per sua natura un’impresa manageriale, in cui si realizza una delega per l’appunto a dirigenti a cui si affida il compito di gestire l’impresa; qualcosa di ben diverso da quanto qualcuno può ancora pensare a proposito di una gestione diciamo così in famiglia.
Se la banca ha avviato una azione di risanamento apprezzata da tutti, non solo dal mercato, lo si deve alle capacità del nuovo management svincolato da logiche di partito, se la Fondazione ha saputo vendere a condizioni favorevoli, un paio di mesi fa inimmaginabili, lo si deve alla Presidente Antonella Mansi pure lei scelta solo per le sue reali capacità manageriali.
La Fondazione non diventerà mai una public company, ma come è stato fatto per la Presidente, agli stessi criteri di nomina basati su reali capacità professionali che prescindano completamente da logiche di partito o di clientela, si dovranno prima o poi adeguarsi le scelte per tutti gli organi gestionali.
L’esperienza della Banca e della presidenza della Fondazione siano di esempio per tutti gli enti a partecipazione o di nomina pubblica della nostra città. Almeno a questo ci servano le vicende di quest’ultimo anno.
Umberto Trezzi – Federmanager