(ho visto cose che voi umani non potete immaginare)
di Mauro Aurigi
La democrazia di “lorsignori”
Tanti, troppi, anche tra studiosi e commentatori del settore e soprattutto tra i politicanti, sostengono che il regime politico del nostro Paese sia una democrazia compiuta. “Anche troppo!”, protestano personaggi come Renzi, Berlusconi, D’Alema, Napolitano e perfino la JPMorgan, massimo mostro finanziario del pianeta, perché loro vogliono più potere all’esecutivo ossia al governo e quindi meno potere al Parlamento. Questa è la democrazia secondo loro! Per tutta questa gente è anche troppo democratico il semplice fatto che ogni 5 anni (talvolta un poco più spesso) al popolo venga permesso di votare. Cosa che, secondo lorsignori, basta e avanza per poter dichiarare che la “sovranità appartiene al popolo” come prescritto addirittura dall’art. 1 della nostra Costituzione. Ma si tratta di una bufala così enorme che la dice lunga sulla ignoranza dei suoi sostenitori o sulla loro ottusità o, più probabilmente, sulla loro ipocrisia (senza escludere che si tratti di una miscela di tutt’e tre le cose).
I segretari dei partiti “democraticamente” padroni dello Stato (e di Siena)
Perché è lapalissiano: il popolo è sovrano[1] se è detentore di ogni discrezionale potere 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno per tutti gli anni. Invece, dicono lorsignori, il popolo ha il diritto a esprimere la propria sovranità una sola volta ogni 5 anni e nel solo giorno delle elezioni, anzi solo nei tre o quattro minuti che ci vogliono per mettere un paio di croci sulla scheda. Dopodiché il potere “democratico” passa nelle mani di pochi, o più spesso di uno solo che lo deterrà tutte le ore e tutti i giorni dei restanti 5 anni e con ogni probabilità per diversi quinquenni a venire.
Peggio: il popolo cosiddetto “sovrano” in Italia da anni può scegliere solo quale partito votare. Infatti i segretari dei partiti si sono arrogati il diritto – in totale violazione della Costituzione come stabilito dalla Suprema Corte – di nominare chi siederà in quel Parlamento che pertanto è diventato una sorta di Parlamento del re (in una Repubblica!)[2]. Come se non bastasse, quei segretari dei partiti sono personaggi squisitamente privati, come squisitamente privati sono i partiti che gestiscono. Mentre i miliardi che servono per gestirli sono squisitamente pubblici e ciò in totale inadempienza del referendum popolare del 1993, al quale partecipò il 77% degli elettori, il 90% dei quali votò a favore dell’abolizione di quel finanziamento pubblico. Il che vuol dire che il 99% dei contribuenti è costretto a mantenere dei partiti a cui aderisce più o meno solo l’1% (UNO PER CENTO!) dei cittadini.
Sommiamo tutto ciò: più democrazia di così… neanche su Marte!
Pura aria di fogna in Via Duprè
Eppure … eppure … a pensarci bene quei tre o quattro miserabili minuti ogni cinque anni in cui il “popolo sovrano” esercita ed esaurisce il massimo possibile di “sovranità” concessagli, sono sufficienti a spargere il terrore nella casta dei partiti. Lo vediamo ora a Siena, dove siamo ufficiosamente appena entrati in campagna elettorale.
In una manciata di giornate si sono verificati alcuni eloquenti fenomeni.
Comincio dal terribile tanfo di fogna esalante dalle chiaviche che ha asfissiato abitanti, esercenti e passanti della popolarissima Via Duprè nell’Onda, per quasi 5 mesi (mesi di massima animazione locale visti anche i due Palii corsi, di cui uno vinto dalla Contrada). Risultati inutili tutti i tentativi di convincere il Comune a intervenire (in via ufficiosa si è sentito parlare di rimbalzo di responsabilità tra l’ente pubblico proprietario e quello privato che gestisce oltre l’acqua pubblica anche le fogne pubbliche), gli ondaioli prima hanno sigillato con cartoni e nastri adesivi le chiaviche della pubblica via, e poi, visto che il problema era stato così solo in parte risolto, qualcuno ha pensato bene, alla fine, di rivolgersi pubblicamente al quotidiano La Nazione. N’è uscita, un paio di venerdì fa, quella che si chiama una giornalata: come non pensare che, come detto prima, siamo già in campagna elettorale e che per quel quotidiano l’occasione era proprio ghiotta? Non l’avessero mai fatto! Immediatamente il mattino successivo (sabato, giorno non lavorativo!) ben due squadre si sono presentate: quella dell’ente pubblico proprietario e quella dell’ente privato appaltatore. In men che non si dica (una mattinata) il problema è stato brillantemente risolto con la rimozione di una banale ostruzione alla fogna a valle di Via Duprè. Come non pensare che, come per l’articolo de La Nazione, anche il merito di un così tempestivo e immediato intervento sia ascrivibile al solo e semplice fatto che tra qualche mese il “popolo sovrano” va ad esercitare quei tre o quattro, miseri sì, ma anche terrorizzanti minuti di “sovranità” quinquennale?
Figurati se potevano mancare Piccini, Valentini e Mancuso, tutt’e tre candidati
Poi ci sarebbe il caso rumoroso, proprio negli stessi giorni, dello sfogo di Pierluigi Piccini – probabilmente ancora una volta futuro candidato a sindaco – con Le Iene di Canale 5: ha dichiarato cose a proposito del Monte dei Paschi che fino ad oggi aveva tenuto per sé. Come non pensare che la ragione di quello sfogo abbia la stessa origine del fenomeno di cui sopra, ossia il breve periodo che ancora ci divide dai tre o quattro miserabili minuti della ridetta “sovranità popolare”? Da notare che nelle 167 pagine di un suo recente libro-intervista (praticamente un monologo) non ha trovato i 2 centimetri lineari necessari per citare almeno una sola volta il termine “democrazia”: un Principe perfetto.
E come non pensare la stessa cosa dell’attuale sindaco Bruno Valentini, quasi sicuramente ricandidato, che solo pochi giorni fa ha presentato in Consiglio Comunale una modesta ma significativa e inaspettata proposta di assunzione di nuovo personale al Comune?
E ancora: come ancora non pensare la stessa cosa del vice-sindaco Fulvio Mancuso, della cui candidatura a prossimo sindaco di Siena pure si parla, che si è presentato in Consiglio comunale con la faccia … come dire? … finalmente, “pulita”? (via la a zazzera e via la barba!).
Sicuramente è solo la punta dell’iceberg. Ma se tanto ci dà tanto, proviamo a immaginarci quali benefici effetti avremmo se la sovranità fosse esercitata dal popolo più frequentemente o magari sempre. Sì, si sarebbe trattato proprio di quel regime auspicato fino all’altro ieri da quei marziani dei 5 Stelle, inopinatamente apparsi in Italia per propagandare la “democrazia diretta”, ossia roba come la volontà che sale dal basso, governanti controllati dai governati (i quali quindi, comunque abbiano votato, tutti all’opposizione), il rifiuto del leader (termine che è la traduzione letterale di duce e führer) carismatico, gli eletti ridotti al ruolo di meri esecutori della volontà degli elettori, ecc. ecc. Roba che col cavolo il popolo senese avrebbe consentito la privatizzazione del Monte e la sua successiva e immediata rovina. Roba che in paio di legislature anche Siena raggiungerebbe vette di civiltà e prosperità da far invidia alle città del nord Europa. Roba da marziani, insomma.
P.S. Pare che l’intervento nelle fogne dell’Onda, pochi giorni dopo, non abbia risolto del tutto il problema. Occorre una nuova “giornalata”, ma prima delle elezioni, perché dopo sarebbe del tutto inutile.
NOTE
[1] I termini “sovranità popolare” e “populus sibi princeps” furono coniati, nel XII-XIV secolo dagli umanisti dei liberi Comuni italiani del Medioevo, contro quell’oligarchia nobiliare che per la prima volta nella storia dell’uomo fu privata di ogni potere politico di cui fino ad allora era stata – per diritto divino – monopolista indisturbata e indiscussa (fu ipotizzata anche l’elezione popolare del Papa, … mica noccioline!). Quindi avere identificato questa nostra attuale “classe dirigente a vita” col termine “casta”, ossia interpretandola come una nuova aristocrazia (ritorno al Medioevo feudale?), non è del tutto fuori luogo.
[1] E ciò anche con il nuovo progetto di legge elettorale, il c.d. Rosatellum (o Fascistellum) ora in gestazione, con il quale almeno due terzi parlamentari sarebbero ancora nominati dai padroni dei partiti.