SIENA. Il 9 maggio saranno quarantatré anni dal ritrovamento, nel bagagliaio della R4, dal cadavere di Aldo Moro. Cade, questa ricorrenza, nel bel mezzo di una vicenda – quella degli arresti dei beneficiari italiani della cosiddetta “dottrina Mitterrand” – che ci ha riportato alla memoria l‘orrore del terrorismo rosso, il sangue ingiustamente versato di servitori dello Strato che pagarono con la vita lo stare dalla parte giusta.
Faremmo un torto all’uomo, al suo pensiero, alla Storia stessa, se ricordassimo il prigioniero e la vittima delle BR. Dimenticando, invece, il politico che Moro è stato. Evitandone il pensiero, complesso e così poco in sintonia, nel suo intricato svilupparsi, con i canoni della comunicazione di questa infruttuosa modernità.
Eppure, nel tempo che stiamo attraversando, quello della non politica di un governo “del tutti dentro”, ultima rappresentazione di un Parlamento che sarà ricordato soltanto per essersi “delegittimato” con la riduzione dei propri membri, sommo tributo al populismo pentastellato, Moro e il suo pensiero, così eretico nel confronto con l’oggi, sarebbero un’ancora di salvezza cui, urgentemente, appigliarsi.
Riaffermando che il pensiero politico è, appunto, complesso. Che gli strumenti della politica, leggi elettorali in primis, devono tendere a garantire l’inclusione delle rappresentanze sociali, portandole dentro i meccanismi decisionali della Repubblica, togliendo così spazio alle derive antidemocratiche. Che la competenza non è vezzo elitario, ma requisito necessario per la classe dirigente.
Se il trascorrere del tempo fa del rapimento e dell’omicidio di Aldo Moro ambito di indagine per gli storici, la sua presenza politica, determinante nei passaggi fondamentali della politica italiana dagli anni Sessanta in poi, pemane. Non come ingombrante totem. Ma come ricchezza di contributo, da acquisire al necessario, improcrastinabile, processo di emancipazione della politica dal grigiore di questo trentennio.
Perché se a Draghi è chiesto di rilanciare l’economia del Paese, la Politica ha il dovere di rilanciarne, altresì, il progetto di sviluppo. Nel suo complesso. Non solo economico. A principiare dalla innovazione delle istituzioni e dei rispettivi assetti. Per questo occorrono riferimenti saldi cui attenersi.
Del Moro esanime, riverso in quel bagagliaio, faremmo, allora, rispettosi sempre del dolore immutabile della famiglia, volentieri, atto di rimozione. Non è però possibile rimuovere il suo pensiero e il suo impegno politico che è il faro cui volgere lo sguardo, in questo tempo buio per una politica che ha smarrito il senso della sua funzione.
Guardiamo, dunque, lì. A lui. E, finalmente, svegliamoci.
Associazione Confronti – Siena