Abbiamo realizzato nei primi giorni una parte della formazione del Personale. Tutte le aule sono state allestite, qualcuna in maniera speciale, dal momento che ospita un Progetto ministeriale di livello nazionale. Insomma, siamo dentro un’atmosfera in-tenzionale.
Penserete che stia disegnando qualcosa di ideale. Invece no, è la scuola in cui e per la quale lavoro. Abbiamo soddisfatto tutte le richieste di Scuola dell’Infanzia, nella Scuola Primaria mettiamo a disposizione tre modelli di tempo scuola, nella Scuola secondaria di 1° grado permettiamo la fruizione di un orario solo mattutino, in considerazione degli impegni di studio personale e di quelli possibili, sportivi o correlati agli extracurricolo che è nostra tradizione attivare.
Ora che il processo riformistico sembra aver raggiunto un suo assestamento, possiamo dedicarci alle costruzioni interne: imparare a far meglio, per non trasmettere solo conoscenze, ma per costruire competenze.
Ogni riforma va interpretata dal futuro, per ciò che può dare ad una società in termini di capacità di competere al raggiungimento di una più alta qualità generale della vita.
Molte riserve nascono da un pensiero saturo di passato e distratto rispetto alla dimensione europea ed internazionale. Troppe cose sono tramontate, nel mondo, in Europa e dentro i nostri confini nazionali. Non è più tempo di ritenere la scuola come uno spazio di terziarizzazione (ciò che accadde dagli anni Settanta).
Più risorse, comunque la si pensi, vanno spostate dalla spesa per il Personale alla dotazione di strutture e mezzi/strumenti.
Non si può studiare un po’ di tutto, è necessario caratterizzare le varie tipologie di istruzione successive alla formazione di base. Occorre realmente garantire attenzione al merito. Recuperiamo e sosteniamo i deboli, ma preoccupiamoci dei meritevoli, al fine di assicurare un certo contributo al benessere futuro di tutti.
Semplifichiamoci un po’, soprattutto a favore dei più piccoli dei nostri allievi, favoriamo tempi più distesi e più lunghi, proponiamo meno, condividendo spazi attivi e osserviamo/verifichiamo/valutiamo più frequentemente.
E’ vero, l’autonomia senza poteri e senza soldi langue (qualcuno ha dichiarato che “muore”), ma non è vero che siamo a zero risorse finanziarie. In tempi di difficoltà è giusto fare i conti, spendere meno e, possibilmente meglio. Così vale in termini di riduzione della spesa pubblica. E’ tempo di iniziativa, spazi per l’inerzia non dovrebbero essercene più.
La riforma delle Secondarie dà alle scuole spazi di “manipolabilità dei curricoli”, per adattamenti dei piani dell’offerta formativa ai diversi contesti (flessibilità, introduzione di nuove discipline, potenziamento di alcune discipline), nel rispetto del monte ore annuo deciso al livello centrale.
La compressione dei quadri orari delle scuole Secondarie di 2°grado è una giusta risposta alla precedente dilatazione dei percorsi, eccessivamente numerosi, di origine sperimentale.
L‘articolazione in due bienni e un anno terminale favorisce la caratterizzazione di ciascun percorso e consente le cosiddette “passerelle”.
Importante ed educativo è l’obbligo di frequenza di almeno il settantacinque per cento delle lezioni da parte degli allievi: anche perché l’apprendimento si realizza in gruppo e non esclusivamente da soli. Il Ministero ha emanato atti per facilitare il transito dal vecchio al nuovo ordinamento. Si elimina “difetto più vistoso sedimentatosi negli ultimi trentacinque anni con effetti devastanti sui livelli di preparazione media dei nostri studenti e sui livelli di dispersione scolastica interni al sistema” ha affermato Sergio Scala, Vice Direttore, Direzione generale dello Studente, MIUR. In questa direzione va il richiamo dei documenti MIUR al Quadro di riferimento dell’Unione europea: dobbiamo recuperare il chiaro ritardo rispetto al perseguimento di competenze, essendoci troppo attardati sul perseguimento di conoscenze.
Le Linee guida MIUR propongono di approfondire ciò che contraddistingue istruzione tecnica ed istruzione professionale (proprio un Governo di centro–sinistra con la legge 40/1997 ricostruì l’area tecnico–professionale distinguendola da quella liceale e restituì alle competenze statali l’istruzione professionale quinquennale).
Serve un rilancio dell’istruzione tecnica (vedi progresso economico e sociale), per dotare le persone della capacità di comprendere e applicare le innovazioni prodotte di continuo dal progredire della scienza e della tecnica. Per questo, serve una didattica partecipativa e laboratoriale.
L’istruzione professionale può e deve guardare ai processi applicativi, a favore delle medie e piccole imprese locali. Tutto su una consistente diffusa base di istruzione generale.
Ora serve che tutti lavoriamo a far fruttuosa questa scuola. Verrà il tempo per migliorarla, se verificheremo che è necessario.
Le posizioni esclusivamente pregiudiziali convincono solo coloro che non sanno di cosa si parla.
Oliviero Appolloni
Coordinamento Comunale PdL – Siena