La caduta di due alberi preoccupa gli abitanti della zona, ma nessuno interviene. Ed il pericolo resta
COLLE VAL D’ELSA. Da più di venti giorni per me andare al lavoro ogni mattina è come giocare alla roulette russa. Lo stesso al ritorno. Fino ad oggi è andata bene. Ma ogni volta penso: sarà questa la volta che mi becco la pallottola?
Il mio problema, dal 5 febbraio, sono i sei pini che costeggiano una curva sulla strada che porta a casa mia, nelle campagne di Colle Val d’Elsa. Quel giorno tirava un forte vento e io dovevo andare a fare fisioterapia dopo una frattura al piede. Erano le tre del pomeriggio e uno dei grossi pini cadde improvvisamente. Per un miracolo non prese due persone che stavano passando da quella strada da cui poco dopo sarei passata anche io.
Grazie alla buona volontà di alcuni vicini, armati di motosega e di trattore, la strada fu presto sgombrata. Ma fu chiaro che quei pini ormai erano diventati un grosso pericolo. Chi poteva garantire che non sarebbero caduti ancora, come era appena successo, all’improvviso? E chi poteva assicurare che nessuno si sarebbe fatto male?
Eppure, per una settimana, nessuno fece niente. I pini continuavano a svettare sul bordo della strada che porta a casa mia, con i loro alti fusti, i loro ridondanti ombrelli, le loro radici scoperte e ormai prive di terra.
Il 13 febbraio, logorata dal terrore costante ogni volta che dovevo affrontare quel tratto di strada, richiesi l’intervento dei Vigili del fuoco, che constatarono l’effettiva pericolosità di quegli alberi. Consigliarono al proprietario del terreno di tagliarli, prima che si verificassero incidenti ben più gravi. Mi chiesero se per qualche giorno potevo trasferirmi altrove (cosa che non era possibile, in quanto dovevo accudire la mia mamma, temporaneamente inferma), quindi chiusero la strada con il nastro bianco e rosso e annunciarono al proprietario che, grazie al fonogramma che avrebbero consegnato alle autorità, avrebbe potuto procedere al taglio delle piante senza bisogno di altre autorizzazioni.
Il giorno dopo fu tagliata una pianta. Per quella più pericolante occorreva però aspettare i tecnici della Telecom, visto che gravava sui fili del telefono.
Il 20 febbraio, alle 8 del mattino, mentre andavo al lavoro, affrontando quella curva mi trovai di fronte una specie di foresta. Erano i rami attorcigliati e spezzati di un altro pino, il secondo, caduto nottetempo. Anche stavolta, per fortuna, nessuna vittima. Non pioveva né tirava vento.
Feci tutte le telefonate di rito, approfittammo ancora una volta della disponibilità dei vicini e dopo due ore, con la strada liberata, potei raggiungere il mio luogo di lavoro.
Ma ormai vivevo nel terrore continuo al solo pensiero di dover passare sotto quegli alberi. Cominciai a dire agli amici di non venire a casa mia, limitai le mie uscite a quelle veramente indispensabili. Ogni volta che passavo sotto i pini mi fermavo, li osservavo per un po’, verificando che le radici fossero ben stabili, quindi passavo il più velocemente possibile trattenendo il respiro. E ogni volta, arrivata di là, mi pareva di aver vinto la sfida con la morte.
Chissà perché parlo al passato. Non è mica ancora cambiato niente.
Gli alberi, i tre rimasti (più un quarto un po’ più arretrato rispetto alla strada) sono ancora là. Dopo tutto questo tempo nessuno si è ancora deciso a tagliarli e io vivo continuamente in apnea, nel terrore che si possa rimanere schiacciati.
Dopo la seconda caduta, il 20 pomeriggio scrissi alla Polizia municipale di Colle e la mattina dopo, il 21, mi recai all’Ufficio tecnico del Comune per avere notizia dell’ordinanza che sarebbe dovuta seguire all’informativa dei Vigili del fuoco. Fu emanata poco dopo. E’ la n. 24 del 21 febbraio 2020 con cui si dispone la messa in sicurezza di quell’area sottoposta a pericolo a causa dell’instabilità degli alberi. Ma la situazione non è ancora cambiata.
In questi giorni mi è stato riferito che sarà la Telecom a tagliare gli alberi, dopo aver messo in sicurezza anche i fili del telefono. Ad oggi però, dopo più di venti giorni dalla prima caduta e a una settimana dalla seconda, non è arrivato nessuno.
Gli alberi sono ancora lì. (vedi la fotogallery qui sotto)
Noi continuiamo a sollecitare un intervento risolutivo.
E a pregare, trattenendo il fiato ogni volta che siamo costretti a passare da lì.
La nostra vita appesa a un filo. Del telefono.
Simona Pacini