Il suo intervento è stato pubblicato sul sito di Siena Cambia
SIENA. Da Siena Cambia: “Proponiamo una interessante riflessione di Francesco Burroni sull’evoluzione dei luoghi della cultura, con molti spunti di discussione”.
“Mentre nel secondo dopoguerra iniziava un percorso che portava la cultura a trasformarsi da fenomeno di élite a fenomeno di massa, negli anni ’70, anche come effetto della “rivoluzione culturale” del ’68, prende forma un altro cambiamento epocale. La cultura non è concepita più soltanto in maniera “passiva”, come può essere quella di un lettore di un libro, del visitatore di una mostra o dello spettatore di una performance dal vivo, ma si diffonde sempre più l’esigenza di essere parte attiva di questi processi e in moltissimi passano dalla ricezione alla produzione dell’evento culturale. Cresce di conseguenza in maniera esponenziale la domanda di formazione culturale, così anche nella nostra città, che fino agli anni ’70 aveva due scuole di musica, la Rinaldo Franci e l’Orchestra a plettro e, nello stesso palazzo della mecenate baronessa Sergardi, una scuola di teatro e una di danza, cominciano a proliferare centri di formazione per la musica, la danza, il teatro, la scrittura e si intensificano decisamente le mostre d’arte, le rassegne cinematografiche, i festival estivi ecc…
L’offerta formativa si trasforma e si adatta alle nuove esigenze di allievi di ogni età, cultura e condizione sociale che vedono nella formazione non necessariamente la preparazione ad una carriera professionale ma la realizzazione di una propria esigenza.
Di conseguenza gli allievi passano dalle decine di allora alle migliaia di oggi.
Sempre dagli anni ’70 prende vita una rivoluzione copernicana della performance dal vivo e dello spazio dedicato alla cultura. Il luoghi canonici dedicati storicamente allo spettacolo come a Siena il teatro dei Rozzi, dei Rinnovati, o la sala da concerto dell’Accademia Chigiana, sono non solo poco accessibili alla massa dei nuovi produttori di cultura ma anche fisicamente e tecnicamente inadatti ad accogliere le nuove forme di spettacolo e di presentazione di attività culturali. Così anche a Siena il teatro e la musica cominciano a occupare i circoli, le case del popolo, le Contrade, le aule magne delle scuole e delle università, le chiese sconsacrate e non, mentre in estate gli spazi si moltiplicano con l’utilizzo delle piazze e delle strade.
Nell’ultimo decennio un’ulteriore trasformazione ha prodotto un’evoluzione anche questa epocale nell’offerta culturale della nostra città: affiancando le proposte ufficiali di Comune e Chigiana anche i privati sono scesi in pista proponendo, in spazi piccoli e medi, eventi culturali e performativi (concerti, spettacoli, presentazione di libri, mostre ecc.) a proprio rischio d’impresa. Questi nuovi spazi per la cultura, siano essi librerie, bar, ristoranti, pub ecc. possiedono anche un ulteriore elemento di attrazione: la possibilità di socializzare, di fare nuove conoscenze, di prolungare o anticipare la serata con una cena, uno stuzzichino, una bevuta o quant’altro. Il moltiplicarsi esponenziale dell’offerta performativa va di pari passo con la crescita del numero di allievi dei vari centri di formazione che trovano in questi spazi un’immediata occasione di presentare la propria attività creativa senza sottoporsi, specialmente a inizio carriera, ai difficili percorsi istituzionali e non del difficile mercato del lavoro dello spettacolo. Va inoltre considerato che questi centri di formazione hanno prodotto grandi professionalità con la nascita di varie formazioni e compagnie professionali che, pur operando anche in Italia e all’estero, hanno scelto la nostra città come base della propria attività artistica e lavorativa.
In sostanza con la nascita di questi nuovi spazi, l’utilizzo di spazi “non convenzionali”, l’offerta artistico-performativa che proviene da studenti, amatori e professionisti, si può ormai parlare apertamente parlare di “cultura diffusa” che va dal concerto della Chigiana, alla jam session in un jazz club ricavato da una delle tante cantine di tufo che ospitò forse la taverna in cui Cecco Angiolieri creò il suo “S’i’ fossi foco”. A tutto ciò vanno aggiunti altri importanti fattori: la domanda crescente di socializzazione e di cultura, e in particolare di cultura dal vivo, in una città che ha migliaia di studenti universitari italiani e stranieri e la “disabitudine” dei residenti del centro storico a rapportarsi con una vita notturna che ormai non si limita più alle iniziative estive delle Contrade.
Purtroppo, a Siena e in tutto il paese, il progressivo aumentare degli spazi è andato tragicamente a cozzare con l’irrigidimento delle norme fiscali, per la sicurezza, l’igiene, la quiete pubblica ecc. creando ai coraggiosi imprenditori privati non poche difficoltà di carattere logistico e amministrativo che hanno portato spesso alla chiusura del locale.
Di fronte a questo panorama crediamo che l’Amministrazione comunale possa attivamente rapportarsi con questa nascente e crescente “cultura diffusa” dove l’iniziativa dei privati completa e si integra con quella proposta dalle istituzioni ufficiali:
- Favorendo al massimo, attraverso regolamenti chiari e non rigidi, la possibilità presentare eventi performativi nei vari locali armonizzando gli orari dei frequentatori, per la maggior parte giovani, con quelle dei residenti dei vari quartieri cittadini
- Incentivando le proposte dei privati anche con forme di sostegno economico
- Pubblicizzando attraverso i propri canali mediatici gli eventi
Parlando di spazi non alternativi ma complementari a quelli ufficiali non si può non spendere due parole anche per gli altri spazi pubblici partendo da quello che è (o diventerà a breve) lo spazio culturale per eccellenza della città: il Santa Maria della Scala. Sarebbe sbagliato pensarlo solo come contenitore-museo di gallerie d’arte o di mostre temporanee, i tantissimi esempi che provengano dall’estero ci insegnano come ormai questi grandi contenitori possano offrire proposte variegate ed integrate affiancando all’attività puramente espositiva anche quella di socializzazione, di ristoro, di formazione e di eventi dal vivo. Oltre al Santa Maria della Scala molti altri spazi pubblici possono essere messi a disposizione soprattutto nel periodo estivo, si pensi ad esempio al grande contenitore della Fortezza Medicea ma anche alle sempre più frequenti iniziative dei commercianti che propongono eventi nelle strade, nelle piazzette e nei portoni storici.
In questa moltiplicazione di spazi, i due teatri ufficiali dei Rozzi e Rinnovati rischiano di rimanere delle cattedrali nel deserto e inutilizzate per la stragrande maggioranza dei giorni, sia perché il budget per la stagione teatrale è limitato e di conseguenza è limitato il numero delle recite, sia perché i costi altissimi di affitto scoraggiano decisamente l’iniziativa dei privati e in particolare degli artisti, professionali e amatoriali, che operano in zona e che potrebbero invece usufruire di prezzi agevolati o meglio ancora gratuiti considerando che offrono un servizio alla comunità e che potrebbero far vivere questi teatri tutti i giorni dell’anno o quasi.
Per finire una riflessione sull’utenza dei nuovi spazi che vengono spesso un po’ frettolosamente etichettati come luoghi di incontro per i giovani e di espressione della cultura giovanile. Questi parametri non sono ormai più validi e, pur considerando un’evidente predominanza delle fasce di età più basse, è indubbio che in questi nuovi spazi si cimentano artisti di ogni età e anche il pubblico segue felicemente questa tendenza, così se un locale propone la classica serata con dj, magari un altro propone un concerto jazz, un reading poetico, la presentazione di un libro ecc.
Siena è una città culturalmente viva, ad ogni livello, e segue una sua evoluzione guidata dalle radici storiche e dai cambiamenti sociali. Questa vivacità va stimolata con le giuste scelte, equilibrate e lungimiranti che confidiamo questa amministrazione abbia il coraggio e la volontà di compiere.
Francesco Burroni”