Egregio Direttore,
leggo sulla stampa che il 31 ottobre una quarantina di dipendenti dell'Università, in un'assemblea spontanea convocata dalla CGIL (assemblea spontanea?!), hanno richiesto di adire le vie legali contro Panorama, il TG5 e il blog "Il senso della misura" del prof. Giovanni Grasso, rei di un "processo sommario all'Ateneo – senza far emergere una seria e responsabile inchiesta" che offende Siena in generale e i lavoratori universitari in particolare.
Già questo ha dell'incredibile: come se la "seria e responsabile inchiesta" non fosse prima di altri, e assai prima della stampa, compito proprio della CGIL interna all'Università e di quei suoi convocati, che invece si sono guardati bene, in questa occasione o prima, di farla. Anzi, ed è il colmo, è ancora fresco l'inchiostro su questa dichiarazione dei sindacalisti: "tutto il dibattito sul grave buco finanziario dovuto alle precedenti gestioni è assolutamente privo di ogni fondamento".
Ma questo è niente rispetto ad un altro aspetto. E' chiaro a chiunque che i travisamenti, le esagerazioni, le strumentalizzazioni, i giudizi affrettati o addirittura offensivi attribuiti a quei media, anche se reali, sono cosa assolutamente insignificante, anzi un banalissimo e logico effetto di una causa, che invece è la questione centrale: il più grosso buco di tutti i tempi e di tutte le università italiane. La cifra è ancora incerta (nel senso che è destinata a salire), ma si parla di 250 milioni di debiti per un "parco" di 16.000 studenti.
Bene, di fronte ad una simile enormità che può mettere in discussione addirittura i loro stipendi e che dovevano conoscere bene e che da tempo avrebbero dovuto denunciare, CGIL e convocati sono rimasti ancora una volta silenti (e ci mancherebbe altro che i sindacalisti vengano a dirci ora che non ne sapevano niente, perché significherebbe che loro all'Università, nel frattempo, erano in tutt'altre faccende affaccendati). Insomma si sono riuniti solo per scagliarsi contro la pagliuzza che gli è sembrato di vedere negli occhi dei giornalisti senza accorgersi del trave nei propri.
Non solo: nella sostanza vorrebbero che intanto la magistratura condannasse non chi il buco l'ha fatto, ma chi del buco ha parlato.
C'è una perversa logica da processo staliniano in tutto ciò: sarebbero le illazioni dei giornalisti a infangare i lavoratori e la città, non la voragine nei conti dell'Università e il colpevole, se non peggio, silenzio di chi, come i dipendenti e i sindacalisti, nell'Ateneo non erano certo semplici spettatori, ma attori a titolo pieno. E' questa la vergogna, esimio rettore Focardi, altro che la stampa o la televisione o, figuriamoci, il
blog dell'integerrimo Giovanni Grasso.
Già questo ha dell'incredibile: come se la "seria e responsabile inchiesta" non fosse prima di altri, e assai prima della stampa, compito proprio della CGIL interna all'Università e di quei suoi convocati, che invece si sono guardati bene, in questa occasione o prima, di farla. Anzi, ed è il colmo, è ancora fresco l'inchiostro su questa dichiarazione dei sindacalisti: "tutto il dibattito sul grave buco finanziario dovuto alle precedenti gestioni è assolutamente privo di ogni fondamento".
Ma questo è niente rispetto ad un altro aspetto. E' chiaro a chiunque che i travisamenti, le esagerazioni, le strumentalizzazioni, i giudizi affrettati o addirittura offensivi attribuiti a quei media, anche se reali, sono cosa assolutamente insignificante, anzi un banalissimo e logico effetto di una causa, che invece è la questione centrale: il più grosso buco di tutti i tempi e di tutte le università italiane. La cifra è ancora incerta (nel senso che è destinata a salire), ma si parla di 250 milioni di debiti per un "parco" di 16.000 studenti.
Bene, di fronte ad una simile enormità che può mettere in discussione addirittura i loro stipendi e che dovevano conoscere bene e che da tempo avrebbero dovuto denunciare, CGIL e convocati sono rimasti ancora una volta silenti (e ci mancherebbe altro che i sindacalisti vengano a dirci ora che non ne sapevano niente, perché significherebbe che loro all'Università, nel frattempo, erano in tutt'altre faccende affaccendati). Insomma si sono riuniti solo per scagliarsi contro la pagliuzza che gli è sembrato di vedere negli occhi dei giornalisti senza accorgersi del trave nei propri.
Non solo: nella sostanza vorrebbero che intanto la magistratura condannasse non chi il buco l'ha fatto, ma chi del buco ha parlato.
C'è una perversa logica da processo staliniano in tutto ciò: sarebbero le illazioni dei giornalisti a infangare i lavoratori e la città, non la voragine nei conti dell'Università e il colpevole, se non peggio, silenzio di chi, come i dipendenti e i sindacalisti, nell'Ateneo non erano certo semplici spettatori, ma attori a titolo pieno. E' questa la vergogna, esimio rettore Focardi, altro che la stampa o la televisione o, figuriamoci, il
blog dell'integerrimo Giovanni Grasso.
Mauro Aurigi