SIENA. Il dolore che stiamo provando dalla mattina di giovedì è grande. Un dolore che, come italiani e come senesi, speravamo di non dover mai più provare. Prendere coscienza che dei giovani soldati che hanno solcato con l’allegra serenità dei vent’anni le strade della nostra città non torneranno mai più qui tra noi è doloroso e terribilmente ingiusto.I militari del 186° Reggimento fanno parte della città, sono senesi e come tali li abbiamo salutati ogni volta che sono partiti per le loro missioni. È stato con le lacrime agli occhi che abbiamo anche celebrato cerimonie di saluto in piazza del Campo, per far sentire loro vicina Siena. Vicina il giorno della partenza e stretta attorno a loro fino al rientro.Sei militari italiani non sono tornati a casa in vita. Sono caduti per una causa comune, sotto le insegne della nostra patria e nel nome della pace e della giustizia. Sono morti lontano da casa, lontano dall’abbraccio delle loro famiglie e delle loro città. Sono morti da soldati che compivano il loro dovere per il bene di tutti. Una convinzione che non riesce ad attenuare il nostro dolore ed il dolore dei loro familiari e amici e compagni. Un dolore e una vicinanza che ho espresso a nome di tutta la città all’arrivo delle salme a Ciampino e ai funerali di Stato, con il gonfalone di Siena, mentre il campanone in città suonava a lutto. Lutto cittadino, in segno di rispetto e solidarietà che la città tutta ha accolto con grandissima partecipazione. La partecipazione di Siena in questi giorni di dolore è infatti stata altissima, cittadini ed istituzioni si sono messi a disposizione del Reggimento e delle famiglie colpite, abbiamo fatto sentire, almeno spero, la vicinanza di Siena e dei senesi. E faremo di più individuando forme utili di sostegno.La città è stata unita, il paese è stato unito e solidale nel dolore, grazie anche alle parole immediate e sofferte che il presidente della Repubblica ha inviato alle famiglie. Verrà poi il momento dei distinguo. Parti stesse del governo hanno ripreso a parlare di uscita dall’area della crisi, di exit strategy, il presidente Napolitano ha ridato al Parlamento la centralità di questo dibattito. Un dibattito non inutile né sbagliato.In questi giorni, non possiamo non pensare al ruolo delle Forze Armate Italiane e dei tanti nostri militari che in questi anni si sono impegnati su tanti fronti diversi per contribuire a risolvere le grandi crisi internazionali, al servizio della pace, del progresso, della solidarietà, della dignità umana. La Folgore di Siena ha portato il nome della città nei Balcani, in Libano con l’operazione Unifil ed in Afghanistan, tutti luoghi dove davvero grazie ai tanti militari che negli anni si sono alternati in queste missioni di pace è arrivato un pezzo di Siena e dei senesi.I ragazzi del 186° Reggimento hanno sempre agito con coraggio, partendo verso destinazioni lontane, sapendo di avere davanti pericoli sconosciuti, con orgoglio. Non è facile mettere in gioco la propria gioventù per risolvere conflitti che appartengono ad altre culture, a comunità che ci sono sostanzialmente estranee. Ha senso morire così? Ha senso sacrificare dei giovani italiani in uno scenario di guerra così controverso e complicato? E’ difficile dire cosa dobbiamo fare adesso. Ma ricordiamoci che è fondamentale fare la nostra parte perché domani pace, solidarietà e concordia abbiano conquistato un altro territorio, convinto un altro popolo che non esiste altra via per la civile convivenza e per il progresso.Se riusciamo in questo forse un giorno potremo rileggere questi momenti con la soddisfazione di chi ha contribuito a compiere una missione difficile e di importanza vitale, con la consapevolezza di lasciare ai nostri figli un mondo più giusto e solidale.Santa Caterina, patrona d’Italia e d’Europa, si è rivolta con decisione agli uomini di potere. La sua parola ha richiamato con franchezza alla necessità dell’uomo di cominciare a governare se stesso prima di iniziare a governare gli altri. I soldati che piangiamo fanno parte a pieno titolo di questa società ed è per questo soprattutto che Siena sarà loro eternamente riconoscente. È per questo che piangiamo non soltanto i militari caduti a Kabul, ma dei nostri concittadini morti lontano per portare il loro contributo ad un mondo migliore.Il 186° Reggimento Paracadutisti “Folgore” di Siena ha saputo dimostrare, nel recente e più lontano passato, in ogni circostanza ed in qualunque zona che richiedesse aiuto, lo spirito, la passione, l’entusiasmo, l’abnegazione di chi è profondamente consapevole di svolgere un compito di assoluto valore. Di chi ha compreso la centralità e l’importanza della propria azione e del proprio incarico di pace. Fino all’estremo sacrificio.La nonviolenza deve rimanere la risposta da privilegiare. Nonviolenza però non significa impotenza, vuol dire al contrario impegno attivo. Significa agire e farlo attraverso l’Onu. La cui riforma è ormai la priorità ineludibile.Con la sincerità la commozione che provo e ho provato dico che noi senesi ci sentiamo orgogliosi del modo in cui le nostre forze armate hanno saputo svolgere il loro ruolo, per quello che hanno saputo fare sul piano del rapporto con la popolazione e di difendere la dignità di ogni uomo. Sacrificando la propria vita per rendere possibile quella degli altri.
Maurizio Cenni
Maurizio Cenni
Sindaco di Siena