"Attenzione alla subalternità culturale. La stiamo già dimostrando in troppi campi"
SIENA. Tra grane dell’ACSiena e del 4% MPS (che mi sembra esser stato bene impostato da Pierluigi Piccini), non pretendo certo di porre nuovi problemi al nuovo sindaco, cui non può che andare la solidarietà di tutti noi, che lo si sia votato o meno. Ora è sul seggiolone, non credo invidiatissimo, le elezioni sono lontane (si spera) e la città ha interesse a scuotersi e ripartire con il concorso di tutti, anche delle opposizioni che possono fare un lavoro molto costruttivo se vogliono. Come tanti operanti in gruppi che non hanno rappresentanza consiliare ma idee ed energie: funzionino da think tank, cercando di riunirsi. La frammentazione non ha più senso oggi. I problemi non sono frammentati: sono macigni ben compatti.
Io voglio invece togliere un pensiero al Sindaco, ed è il mio regalo andando verso la mezza-estate, tanto prima non avrà neppure il tempo di leggermi. Il regalo consiste nel consigliargli vivamente di non occuparsi più di tanto, ormai, della Francigena. Mi spiego. Le prospettive sul punto, da Monteriggioni e da Siena, sono diversissime e a confonderle si fan solo pasticci.
Monteriggioni ha fatto benissimo a valorizzare la Francigena, come ha fatto bene a fare il Medieval Festival, quel complesso di iniziative sempre appetibili per grandi e piccini.
Ma per Siena la Francigena è un altro discorso. La strada è sempre la stessa, intendiamoci. Ma è stata inserita in modo abnorme nel discorso storico sulla città, per cui ha creato più confusione che chiarezza. E sulla storia della città non bisogna averne, se possibile.
Insomma, è divenuta nozione vulgata, corrente in certi libri di storia ma soprattutto nei discorsi delle guide turistiche, a contatto quotidiano con centinaia di turisti che poi a loro volta racconteranno ecc. che Siena è ‘figlia della strada’, perché il suo successo sarebbe legato alla sua posizione lungo la Francigena. La strada porta merci, pellegrini, studenti ecc.
Già, ma c’è un’obiezione di fondo insuperabile. Se non c’è dubbio che la strada veicola merci e culture mi si deve spiegare perché quel grande successo di Siena non è arriso anche alle altre città lungo questa strada. Perché Siena?
La risposta l’ho già scritta tante volte, ma si legge poco: la fortuna di Siena è legata alle miniere delle Colline Metallifere e al contemporaneo legame con il Papato, che la vicinanza discreta (ma non troppo) ha favorito, anziché svantaggiare (come per Orvieto, ad esempio). Siena non è figlia della strada, ma di quei gagliardi imprenditori (e i politici che li appoggiarono, essi stessi a volte) che seppero sfruttare quelle miniere e viaggiando per il mondo nei posti giusti seppero trarre enormi profitti dai cambi, puntualmente reinvestiti in patria.
Siena figlia della strada è una malignità fiorentina. Come dire: figli di rapporti volanti…o figli di p….in parole più espressive.
La fonte prima di questo complimento è un famoso cronista fiorentino guelfo del Trecento molto noto, cui evidentemente Montaperti bruciava assai. Giovanni Villani raccontò che anticamente un cardinale passando per Siena sulla Francigena fu ospitato da una ricca albergatrice (“madonna Veglia”), che nulla chiese per le sue cure. Al commiato il cardinale si dichiarò pronto a soddisfare un suo desiderio: che Siena divenisse sede di vescovado, e quindi ‘civitas’ come si pensava allora.
Siena avrebbe avuto umilissime origini: neppure città era. Ma una albergatrice, cioè una persona tra le meno stimate in passato per il lavoro svolto, aveva risolto il problema. In una società in cui le nobili origini erano essenziali, si poteva gettare un’umiliazione maggiore? Conclusione? Raccontate a chi vi parla di Francigena che i senesi sono stati grandi per ben altro, ma che i fiorentini ce la invidiavano eccome, solo perché erano rimasti fuori da quell’arteria europea. I senesi erano stati sempre da loro accusati anche di esser vani per la Diana e Talamone, ma l’acqua ce l’hanno eccome e la fortezza di Talamone si staglia ancora là, bellissima, com’è stata fatta dai senesi e illustrata già da un Lorenzetti.
Morale? Attenzione alla subalternità culturale. La stiamo già dimostrando in troppi campi. Ma questo sarebbe un altro discorso.
Mario Ascheri – Club Unesco Siena