SIENA. Io sono nato a Siena e amo la mia città, come amo i paesaggi che la circondano; la bellezza dei luoghi è felicità e la sua luce traspare dagli occhi della gente.
La nostra città non è solo un luogo di rara bellezza ma è un luogo la cui storia è segnata da ripetute manifestazioni di senso civico.
Basti pensare al laboratorio di partecipazione e di mutualità che sono le contrade. Basti pensare al rapporto simil-toyotista della comunità senese con la sua banca. Un organismo che in passato ha cercato di valorizzare il territorio e che ha anche ricevuto riconoscimenti internazionali per la sua carta dei valori, dove viene sottolineata l'importanza della responsabilità sociale e della tutela ambientale. Basti pensare agli affreschi del Lorenzetti nel Palazzo Comunale e al loro messaggio forte in termini di relazione causa-effetti: il buon governo genera benessere e armonia dentro e fuori la citta, il cattivo governo produce solo carestia e tensioni sociali.
Tre esempi di una matrice culturale senese che affonda le sue radici nell'etica della responsabilità.
Mi chiedo allora come si spiega l'operazione di privatizzazione della società Aeroporto di Siena? Una transazione avvenuta in sordina, eludendo qualsiasi principio di responsabilità sociale e, cosa ancora più grave, a favore ad una società offshore di private equity?
Indubbiamente la lobby politica/economica che nel 2007 ha preso questa decisione in un delirio di potenza non sia stata animata da una ideologia neo-liberista (ovvero motivata da principi di efficienza economica), ma soprattutto dal voler trasferire ad altri (al mercato) la responsabilità soggettiva di un bene come quello dell'aeroporto che è in perdita da sempre e che oggettivamente non è economicamente recuperabile. All'epoca la banca deteneva la presidenza nello steering committee della Cassa Depositi e Prestiti che a sua volta influenza le strategie di investimento del fondo Galaxy.
Sono passati quasi tre anni e lo scenario esterno è completamente mutato e questo impone un atto di lungimiranza politica ai vecchi soci dell'Aeroporto: tornare indietro sulle scelte fatte.
D'altronde il buon amministratore deve contestualizzare le proprie decisioni e se al cambiare delle condizioni esterne persiste sul già deciso è segno che non guarda al bene della collettività ma ad interessi suoi propri.
Propongo due brevi riflessioni che confermano tale cambiamento di scenario: una riguarda l'industria del trasporto aereo e l'altra la finanza
1) l'industria del trasporto aereo ha ormai superato la soglia della sostenibilità economica e ambientale. E' un'industria che si regge sui grandi numeri e sul taglio dei costi e che per aggirare l'ostacolo del “picco dell'olio” ora rivolge lo sguardo ai biocombustibili e questo rischia di aggiungere danno al danno. D'altronde come dimostrano studi accreditati il business aereo crea limitata occupazione mentre assorbe quote importanti di denaro pubblico (non per niente le compagnie non pagano imposte sui carburanti) a svantaggio di altre industrie a più alta intensità di manodopera. Insieme a Helen Ampt ho partecipato di recente a Bruxelles ad una conferenza dei comitati europei contro i danni provocati dagli aerei (UECNA). Li ho conosciuto persone animate da un profondo amore per l'uomo e per l'ambiente impegnate in un'azione di lobbying a livello internazionale.
Testimonianze dirette di un business aereo che divora boschi in Germania, si sta impossessando di fertili pianure a Nantes così come nella Valle di Rosia, rende insonni le notti a Ciampino e Marino e minaccia le ricchezze termali di Viterbo.
2) Ma veniamo alla finanza. La finanza che compra l'Aeroporto di Ampugnano è dello stesso genere di quella che ha prodotto il fenomeno del subprime e la crisi finanziaria internazionale. Con l'operazione che definirei “sub-ampugnano” la proprietà non ha più una faccia, diviene invisibile. Il pensiero debole alla base di tale ipotesi è che l'immaterialità dei proprietari neutralizzi la responsabilità. Nella sostanza, tanti proprietari che possiedono il bene indirettamente (tramite una società veicolo) motivati da aspettative di alti rendimenti del capitale ma ignari non solo del valore economico di ciò che hanno “comprato” ma del valore reale che lo stesso bene ha per la comunità locale, in termini ambientali, di salute etc.
Il destino dell'Aeroporto di Ampugnano è segnato, nonostante i silenzi dei vecchi azionisti e dei nuovi. E a segnare il suo arretramento sono le condizioni del mercato.
Di certo la privatizzazione sostanziale a favore di un fondo di private equity ha segnato una profonda cesura tra capitale e attività d'impresa. Nel mezzo, managers con pochi scrupoli, bravi in ingegneria finanziaria ma in ogni caso indifferenti agli effetti reali delle loro strategie di massimizzazione dei rendimenti del capitale. Stride il contrasto tra l'immaterialità di scelte gestionali fatte tenendo conto di ciò che avviene nei mercati internazionali dei capitali e la materialità di un bene che ha implicazioni/rischi operativi anche di grave portata.
Ritengo che la parentesi Galaxy debba essere presto chiusa, se al fallimento di questa operazione, i nostri politici locali non intendano perdere ulteriormente la loro credibilità politica.
Occorre ribadire con forza che l'Aeroporto è una “res publica”1 e che i soci pubblici e privati devono tornare indietro sulle scelte fatte e chiudere i rapporti con Galaxy.
L'obiettivo della nostra azione è innanzitutto di ricomporre questa falsa dicotomia pubblico/privato e di sfatare l'idea che privatizzare significhi migliorare l'efficienza economica di un bene. Ma occorre fare un passo ulteriore e cominciare a immaginare possibilità di utilizzo di tale area che siano in armonia con l'ambiente e che creino occasioni di lavoro socialmente responsabile e duraturi nel tempo. Tale area potrebbe essere destinata ad un uso rurale che alimentasse produttivamente la filiera corta già avviata con il “Mercatale”.
Oggi in un'epoca di scarsità è interesse della comunità che le risorse non vengano disperse in operazioni insostenibili sia in termini economici che ambientali, i cui effetti sono quelli del malgoverno magistralmente raffigurati da Ambrogio Lorenzetti.
Torno a ripetere che Siena non ha bisogno di un aeroporto ma di collegamenti ferroviari efficienti e la comunità non è più disposta ad assistere passivamente ad avventure che mettono a repentaglio il proprio futuro ma vuole partecipare attivamente allo sviluppo ecosostenibile del territorio.
Luciano Fiordoni
La nostra città non è solo un luogo di rara bellezza ma è un luogo la cui storia è segnata da ripetute manifestazioni di senso civico.
Basti pensare al laboratorio di partecipazione e di mutualità che sono le contrade. Basti pensare al rapporto simil-toyotista della comunità senese con la sua banca. Un organismo che in passato ha cercato di valorizzare il territorio e che ha anche ricevuto riconoscimenti internazionali per la sua carta dei valori, dove viene sottolineata l'importanza della responsabilità sociale e della tutela ambientale. Basti pensare agli affreschi del Lorenzetti nel Palazzo Comunale e al loro messaggio forte in termini di relazione causa-effetti: il buon governo genera benessere e armonia dentro e fuori la citta, il cattivo governo produce solo carestia e tensioni sociali.
Tre esempi di una matrice culturale senese che affonda le sue radici nell'etica della responsabilità.
Mi chiedo allora come si spiega l'operazione di privatizzazione della società Aeroporto di Siena? Una transazione avvenuta in sordina, eludendo qualsiasi principio di responsabilità sociale e, cosa ancora più grave, a favore ad una società offshore di private equity?
Indubbiamente la lobby politica/economica che nel 2007 ha preso questa decisione in un delirio di potenza non sia stata animata da una ideologia neo-liberista (ovvero motivata da principi di efficienza economica), ma soprattutto dal voler trasferire ad altri (al mercato) la responsabilità soggettiva di un bene come quello dell'aeroporto che è in perdita da sempre e che oggettivamente non è economicamente recuperabile. All'epoca la banca deteneva la presidenza nello steering committee della Cassa Depositi e Prestiti che a sua volta influenza le strategie di investimento del fondo Galaxy.
Sono passati quasi tre anni e lo scenario esterno è completamente mutato e questo impone un atto di lungimiranza politica ai vecchi soci dell'Aeroporto: tornare indietro sulle scelte fatte.
D'altronde il buon amministratore deve contestualizzare le proprie decisioni e se al cambiare delle condizioni esterne persiste sul già deciso è segno che non guarda al bene della collettività ma ad interessi suoi propri.
Propongo due brevi riflessioni che confermano tale cambiamento di scenario: una riguarda l'industria del trasporto aereo e l'altra la finanza
1) l'industria del trasporto aereo ha ormai superato la soglia della sostenibilità economica e ambientale. E' un'industria che si regge sui grandi numeri e sul taglio dei costi e che per aggirare l'ostacolo del “picco dell'olio” ora rivolge lo sguardo ai biocombustibili e questo rischia di aggiungere danno al danno. D'altronde come dimostrano studi accreditati il business aereo crea limitata occupazione mentre assorbe quote importanti di denaro pubblico (non per niente le compagnie non pagano imposte sui carburanti) a svantaggio di altre industrie a più alta intensità di manodopera. Insieme a Helen Ampt ho partecipato di recente a Bruxelles ad una conferenza dei comitati europei contro i danni provocati dagli aerei (UECNA). Li ho conosciuto persone animate da un profondo amore per l'uomo e per l'ambiente impegnate in un'azione di lobbying a livello internazionale.
Testimonianze dirette di un business aereo che divora boschi in Germania, si sta impossessando di fertili pianure a Nantes così come nella Valle di Rosia, rende insonni le notti a Ciampino e Marino e minaccia le ricchezze termali di Viterbo.
2) Ma veniamo alla finanza. La finanza che compra l'Aeroporto di Ampugnano è dello stesso genere di quella che ha prodotto il fenomeno del subprime e la crisi finanziaria internazionale. Con l'operazione che definirei “sub-ampugnano” la proprietà non ha più una faccia, diviene invisibile. Il pensiero debole alla base di tale ipotesi è che l'immaterialità dei proprietari neutralizzi la responsabilità. Nella sostanza, tanti proprietari che possiedono il bene indirettamente (tramite una società veicolo) motivati da aspettative di alti rendimenti del capitale ma ignari non solo del valore economico di ciò che hanno “comprato” ma del valore reale che lo stesso bene ha per la comunità locale, in termini ambientali, di salute etc.
Il destino dell'Aeroporto di Ampugnano è segnato, nonostante i silenzi dei vecchi azionisti e dei nuovi. E a segnare il suo arretramento sono le condizioni del mercato.
Di certo la privatizzazione sostanziale a favore di un fondo di private equity ha segnato una profonda cesura tra capitale e attività d'impresa. Nel mezzo, managers con pochi scrupoli, bravi in ingegneria finanziaria ma in ogni caso indifferenti agli effetti reali delle loro strategie di massimizzazione dei rendimenti del capitale. Stride il contrasto tra l'immaterialità di scelte gestionali fatte tenendo conto di ciò che avviene nei mercati internazionali dei capitali e la materialità di un bene che ha implicazioni/rischi operativi anche di grave portata.
Ritengo che la parentesi Galaxy debba essere presto chiusa, se al fallimento di questa operazione, i nostri politici locali non intendano perdere ulteriormente la loro credibilità politica.
Occorre ribadire con forza che l'Aeroporto è una “res publica”1 e che i soci pubblici e privati devono tornare indietro sulle scelte fatte e chiudere i rapporti con Galaxy.
L'obiettivo della nostra azione è innanzitutto di ricomporre questa falsa dicotomia pubblico/privato e di sfatare l'idea che privatizzare significhi migliorare l'efficienza economica di un bene. Ma occorre fare un passo ulteriore e cominciare a immaginare possibilità di utilizzo di tale area che siano in armonia con l'ambiente e che creino occasioni di lavoro socialmente responsabile e duraturi nel tempo. Tale area potrebbe essere destinata ad un uso rurale che alimentasse produttivamente la filiera corta già avviata con il “Mercatale”.
Oggi in un'epoca di scarsità è interesse della comunità che le risorse non vengano disperse in operazioni insostenibili sia in termini economici che ambientali, i cui effetti sono quelli del malgoverno magistralmente raffigurati da Ambrogio Lorenzetti.
Torno a ripetere che Siena non ha bisogno di un aeroporto ma di collegamenti ferroviari efficienti e la comunità non è più disposta ad assistere passivamente ad avventure che mettono a repentaglio il proprio futuro ma vuole partecipare attivamente allo sviluppo ecosostenibile del territorio.
Luciano Fiordoni