Il beneficio di gran lunga più proficuo dell’ultimo referendum è stato quello di avere scongiurato una dittatura (per il momento)
di Mauro Aurigi
“Inizio a leggere le migliaia di mail e sms che sto ricevendo e penso di essere un uomo fortunato se sono circondato da tanto affetto”.
Questa frase del discorso di addio di Renzi (7.12.2016, Enews 456), è una sorta di lapsus freudiano. Mi ricordo le ispirate parole di Berlusconi quando parlava del partito dell’amore. Anche lui voleva essere amato. In visita nel Kasakistan disse al dittatore locale Nazarbaev (eletto col 98% dei voti) che lo invidiava perché era così tanto amato dal suo popolo. Anche il dittatore rumeno Ceausescu pretendeva di essere amato dagli elettori. In realtà la cosa valeva anche per Mussolini, Hitler o Castro o Erdogan. Insomma non c’è tiranno, nella storia e nell’attualità, che non ambisca a questo viscerale rapporto con la popolarità. E tutti possono vantare, là dove ancora si vota, un consenso plebiscitario di oltre il 90%. Infatti si calcola che sotto il 70/80% nessuna dittatura riuscirebbe a sopravvivere.
In democrazia ovviamente il discorso è un altro: i governanti devono tutt’altro che essere amati. Infatti devono essere controllati dal popolo! Il controllo dei governati (tutti) sui governanti è il più grosso pilastro della dottrina democratica. Questo significa che in una democrazia compiuta ognuno vota chi meglio gli pare, ma dopo le elezioni tutti i governati, ossia tutti gli elettori, passano all’opposizione.
Ciò detto, quella frase di Renzi (il lapsus freudiano) svela bene ciò che ho sempre sostenuto: lui e i suoi (tanti anche a Siena) erano l’anticamera di una dittatura. E non è ancora detto che l’abbiamo scampata.