SIENA. Purtroppo ancora una giornata segnata da notizie di drammatici episodi di violenza maschile contro le donne: a Monza, a Roma, a Cagliari, a Caserta e nella ‘nostra’ Montepulciano.
Antoneta, badante romena, viveva infatti nella provincia senese e ha trovato sulla sua strada la mano violenta dell’ex compagno italiano.
Un’altra storia consumata tra quelli che dovrebbero essere gli affetti più cari e la cosiddetta “protezione” delle mura domestiche, che invece continuano ad essere il luogo principale e relazionale più diffuso della violenza di genere.
Episodi ai quali spesso si arriva anche dopo tante denunce per maltrattamenti che le donne riescono con coraggio a portare avanti nonostante i rischi che comunque possono correre.
Tutto questo risulta più assurdo se si pensa che nella legge di riforma del codice penale, approvata proprio un mese fa, il 14 giugno, si è introdotto un nuovo articolo, il 162 ter, che prevede l’estinzione dei reati a seguito di condotte riparatorie, senza tenere conto che tra questi reati vi sarebbe potuto rientrare anche lo stalking: senza il consenso della vittima l’imputato potrà estinguere il reato pagando una somma se il giudice la riterrà congrua, versandola anche a rate.
Solo la mobilitazione dei sindacati, delle associazioni femminili e dei centri antiviolenza ha fatto ammettere l’errore al Dicastero della giustizia, con la promessa di una norma riparatoria.
Lo Stato non può tradire le donne due volte, prima esortandole a denunciare e poi archiviando le denunce, o peggio, depenalizzando il reato di stalking.
Il reato di stalking non può essere depenalizzato in un paese come l’Italia dove ogni due giorni viene uccisa una donna e che ha registrato nel 2016 120 femminicidi. Evidentemente c’è ancora troppa superficialità e non sufficiente consapevolezza di questa tragica mattanza.
A cosa dobbiamo ancora assistere prima che si pensi concretamente ad aiutare le persone vittime di abusi e violenze? Siamo stanchi di piangere, vogliamo poter iniziare a dare delle risposte. La vita, la libertà di viverla, non possono essere considerati disponibilità del “più forte” o meglio ancora un privilegio, ma devono essere diritti esigibili a tutti gli effetti.