Lo sostiene il segretario generale della Fabi Sileoni
ROMA. Sono oltre 16mila i bancari destinati a lasciare il lavoro entro il 2020. Lo sostiene il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui “in tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti a uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi, 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”.
Dal 2009 al 2016, spiega il sindacalista, “sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche recentemente sottoposte agli stress test dell’Eba, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi Banca, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”.
Gli organici delle banche italiane “risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi”. Negli ultimi sei anni “il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche”.
In dieci anni “nei 14 principali gruppi bancari i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i cinque maggiori gruppi creditizi”. Negli ultimi sette anni, in particolare, “i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in sei anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare – sottolinea Sileoni – alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale”.