I sassolini (pesanti) di Ferruccio De Bortoli
SIENA. Quando, l’altro ieri, ho letto nelle pagine del Corriere la lettera stizzita del presidente della Consob, che accusava il Corriere di essersi prestato a “lanciargli un avvertimento”, mi sono messa a ridere. Non per l’arroganza del tono, né per l’argomentazione (né per l’italiano); no, sogghignavo perché a suo tempo – cioè al tempo della ‘bomba MPS’ – in tanti ci siamo domandati dove fosse la Consob mentre accadeva tutto quello che veniva riportato dai giornali; ridevo, ieri, ma in realtà avevo voglia di piangere. E sono molte le notizie che fanno salire le lacrime agli occhi, di questi giorni. Lacrime di rabbia, ma a volte di sincero dolore: come quando vedi che il lavoro di tanta gente viene messo sotto i piedi da una combinazione di avidità e arroganza, per esempio.
Quando poi ho visto che la risposta era siglata fdb – tutto minuscolo –, riconoscendo, con un po’ di sorpresa la sigla del direttore, l’ho letta con grande interesse. Un po’ perché anch’io non ignoro che, dall’entrata degli Agnelli (mai nomina corrisposero meno ai relativi numina) nella compagine azionaria della testata, la figura del direttore è tempestata da voci (accade ogni volta che cambia l’azionista di riferimento in casa editrice; questa volta però mi sembra tutto più complicato del solito) –; ma soprattutto perché – ai miei tempi – ho conosciuto un fdb con la schiena dritta (molto dritta): e, ho sempre molto apprezzato il suo tratto pacato ma fermo, elegante ma semplice.
Nella risposta – fdb usa in modo incisivo la categoria del sarcasmo – ho anche letto uno spiraglio grigio che mi ha suscitato molte domande. Che però rimangono tali. Sarà perché non mi era mai successo di leggere – tra le righe – una tale durezza nei confronti del presidente di un organismo a cui – un tempo – noi cittadini portavamo grande rispetto (ma era un sentimento legato strettamente alla fiducia riposta nell’ente), e sono stata colta dall’idea (assurda, lo ammetto) che fdb stesse togliendosi una scarpa, più che un sassolino dalla medesima. E che stesse trasformando una fase di transizione del corrierone nell’occasione per sventolare una bandiera, lanciando un messaggio, da giornalista ai suoi lettori più attenti, in un momento di grande buio, di confusione, di troppo silenzio – da parte dell’informazione – sulle innumerevoli partite aperte nel nostro paese in pericolo. Forse è stata un’illusione, o un miraggio, ma è facilissimo essere vittima di tali fenomeni in giorni in cui l’informazione nostrale – di solito appiattita sull’aneddotica parlamentare – pare essere esclusivamente interessata agli eventi di piazza Tahrir (certamente importanti, intendiamoci), da cui si distrae solo per dedicarsi alle tigri assassine del Piemonte. (Si ascolti – a questo proposito – la rassegna di Primapagina su radio3, questa settimana).
Il miraggio-messaggio è durato giusto il tempo di leggere il botta e risposta tra i due, poi è tornato il silenzio sul nostro stato di salute e sulle cose di casa nostra.