Un ricordo di Richard Sapper, l'uomo che ha ridisegnato un bel pezzo del nostro gusto
SIENA. Lo conoscevo quando era ancora quasi sconosciuto, quando il design era un concetto (e una parola) da addetti ai lavori; quando l’Italia – come l’abbiamo conosciuta e incastonata nel nostro immaginario – era ancora in costruzione, quando Richard Sapper (a due tavoli da disegno dal mio) riempiva lo spazio intorno a sé con l’energia smagliante e ottimistica di uno che stava per ridisegnare un bel pezzo del nostro gusto (lampade, telefoni, sedie, utensili di cucina, radio …). Al sesto piano de “la Rinascente”, di fronte a una prima pattuglia di guglie del noster Domm (quel de Milan), inondati dalla luce che anche a Milano – a dispetto degli increduli – c’è, ho fatto parte immeritatamente di un gruppo di grafici, designer, residenti e consulenti (tutti rigorosamente pagati in nero!) che davano forma al made in Italy, di cui allora non c’era nemmeno percezione … Bruno Munari, Enzo Mari, Albe Steiner, Max Hubert, Erberto Carboni, i fratelli Castiglioni, Mario Cristiani, Georges Coslin, Vuokko Eskolin, Harry Moilanen, Norbert e Ornella Linke, Verbena Rebora … e tanti altri che con vari incarichi, esterni e interni, facevano parte di quell’Eden della grafica e del disegno industriale pensato e realizzato da Augusto Morello (successivamente Presidente dell Triennale). E Giulio Carlo Argan veniva a raccontarci l’arte italiana, con seminari geniali mai visti dopo allora, un giovanissimo Umberto Eco passava spesso da quelle parti e le ore di libertà, a fine giornata, ci vedevano tutti al Jamaica (Giamaica) a bere un bicchiere di vino (in tempi in cui il vino era retaggio di ubriaconi). I fotografi – oltre al mitico Clari – erano Libis, Mulas, Aldo Ballo; Giorgio Armani era il visionario vetrinista de la Rinascente che contribuì a crearne lo stile.
Sotto la guida di Borletti e di Brustio, furono organizzate – una dopo l’altra – le mostre di Messico, Giappone, Gran Bretagna e India; con la vendita dei prodotti di quei paesi, importati direttamente, senza mediazioni pseudo globalizzanti che avrebbero potuto appiattirli o banalizzarli, asservendoli al gusto italiano invero assai provincialotto, a quel tempo.
Un bagno nell’intelligenza e nella visionarietà, sono stati quegli anni di lavoro: senza le mediazioni di interessi finanziari o dei banchieri internazionali; quelli che, per intenderci, pensano che con il denaro si compri tutto. Con il denaro – è vero! – si fa moltissimo, ma non si sostituisce l’esperienza, né si rimpiazza la creatività di uno sguardo che intravede che cosa l’Italia e le sue storie potranno diventare. Uno sguardo azzurro, con sahariana, come quello di Richard Sapper, designer italianissimo, con passaporto tedesco.
La ringrazio per l’articolo”sguardo azzurro con sahariana”. Ci ha fatto molto piacere sentire un racconto personale dell’atmosfera geniale creata da Augusto Morello che circondava mio padre. Chi l’ha scritto? Cordialmente Cornelia Sapper