Parlano i senesi che hanno scelto di trasferirsi altrove e altri che di Siena si sono occupati a vario titolo
SIENA. Un dibattito quello sul presente ma anche sul futuro di Siena, città annichilita da quanto è accaduto negli ultimi anni, che ha bisogno di aprirsi a nuove idee, nuove osservazioni, nuove opinioni. L’impressione che abbiamo è che oggi a parlare siano i soliti di sempre. Che certo possono anche dire delle cose interessanti. Ma non basta. Occorre far parlare anche i senesi che vivono fuori Siena a partire dai non pochi giovani che hanno lasciato la città, alla ricerca di sbocchi di lavoro adeguati alle loro speranze, far parlare chi è invece venuto in questi anni a Siena come i giornalisti che hanno seguito le varie inchieste, come chi a Siena in passato ha studiato e ne conosce pregi e difetti. Insomma ci sono tante persone che possono dare un contributo di idee ad un città che ne ha davvero bisogno. A loro c i rivolgiamo per stimolare il dibattito con una rubrica che abbiamo chiamato Extramoenia. Aperta a chiunque (senese o non senese) che abita più o meno lontano e che guarda Siena con disincanto da fuori le mura.
Un primo contributo ci arriva da Claudio Lenzi, senese dell’Onda, giornalista professionista alla Gazzetta dello sport.
Scrivo all’indomani della più sonora, imbarazzante sconfitta incassata dalla Robur Siena negli ultimi anni e come giornalista sportivo non posso che partire da qui con il mio pensiero sulla città, che di batoste ne ha prese molte e ciononostante rinuncia a reagire. È davvero così difficile fare squadra? Leggo di Parma che a 15 anni dal crac Parmalat si ritrova “sofferente, umiliata e arrabbiata… ma il declino è un affronto inaccettabile”. Per questo nasce il patto per il rilancio con dentro imprenditori, Fondazione CariParma e società civile (parmaiocisto.it). Qualcosa di simile, in caso di vittoria, sarebbe potuto essere il progetto “Siena 2019”? Non lo sapremo mai, perché con il successo di Matera ha prevalso la delusione e così un anno e mezzo dopo il sito ufficiale risulta malfunzionante e abbandonato, simbolo di un’altra occasione persa.
Eppure – capitale o non capitale – di eccellenze da valorizzare ce ne sono ancora molte in città, penso al complesso del Duomo e del Santa Maria della Scala, alla Chigiana che ha avuto tre premi Oscar come docenti dei corsi estivi, a uno sport non più d’élite ma per tutti, al progetto ormai quasi decennale di un museo del Palio, alle contrade. Sì, quelle stesse contrade che avrebbero detto “no” alla regina Elisabetta. La notizia, così riportata, potete ancora trovarla su Repubblica, Il Fatto Quotidiano, FanPage e pure il Guardian, peccato che non sia vera. Siena non ha snobbato la regina, sono gli organizzatori che hanno rinunciato ai colori delle 17 consorelle per motivi logistici. Un Comune attento alla propria immagine e reputazione avrebbe chiesto una rettifica, invece ha preferito lasciar correre per ridare forza e lustro al “Si fa come ci pare” che tanto piace dentro le mura. Questa, almeno, è la sensazione. Fino a prova contraria, fino a quando anche Siena imparerà a comunicare globalmente la sua bellezza, con un portale dedicato al turismo che sia almeno in inglese e con una presenza strategicamente diversa sui principali social network, da Twitter – dove l’assenza del Comune è particolarmente significativa quando scattano gli attacchi al Palio – a Facebook, che oggi rappresenta la principale fonte d’informazione per le fasce più giovani della popolazione. Io stesso, leggo di Siena quasi esclusivamente da qui. A che punto sia l’amministrazione, però lo dicono i dati, sulla pagina ufficiale zero o quasi interazioni e appena 2750 “Mi piace”, meno di Poggibonsi o Torrita. Per quanto tempo, ancora?