SIENA. Bere poco o bere tanto non dipende da regole o leggi, ma è una questione culturale: se si conoscono i suoi effetti non se ne abusa, ma ci si affida al buon senso e si trova la giusta misura. Il vino è un moderno veicolo di qualità della vita, di emozioni e socialità; è un alimento, di cui non abusare, ma al quale non rinunciare, puntando sulla diffusione di un consumo che sia critico. E’ questo il messaggio per i ragazzi che arriva dal talk show “Vino, identità e relazioni sociali”, oggi all’Università degli Studi di Trento, appuntamento di “Vino e Giovani”, la campagna di educazione alimentare e comunicazione ad hoc per le nuove generazioni di Enoteca Italiana e Ministero delle Politiche Agricole, in partnership con il progetto europeo “WineInModeration. Art de vivre”.
“Per trasmettere ai giovani questo messaggio – sottolinea il presidente di Enoteca Italiana Claudio Galletti – occorre, prima di tutto, liberare il campo dagli equivoci legati al suo consumo, troppo spesso sotto accusa quando si parla di problemi legati all’alcol, e ripartire dall’educazione al territorio e alla sua cultura, dove il vino è da sempre presente”. Ma da dove cominciare? Prima di tutto dal concetto fondamentale che il vino è un alimento e come tale deve essere considerato: “per fare cultura è importante anche partire dagli aspetti negativi che si attribuiscono al vino, per portare degli esempi e quindi informare correttamente – spiega Carlo Cannella, presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione – non c’è altro alimento come il vino che va consumato con moderazione perché è una bevanda alcolica. Ma non è una medicina da dosare, perché la sua natura è anche quella di veicolare emozioni. L’abuso fa male, ma un pasto accompagnato da un bicchiere di vino allieta la giornata e fa bene all’umore”.
Secondo l’indagine “Etnografia del consumo del vino negli spazi pubblici” del professor Omar Calabrese, docente di Semiotica delle arti del Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Siena, e di Luca Acquerelli – nuovo capitolo della collona “I Fogli di Bacco” di Enoteca Italiana – è il consumo critico, legato alla qualità piuttosto che alla quantità, la tendenza che si fa sempre più strada tra i giovani, e sulla quale puntare. Il vino è sinonimo di intimità, perché è prima di tutto in famiglia che ci si avvicina al suo mondo, e di contatto diretto tra le persone, anche che non si conoscono. I giovani amano berlo in compagnia e se prediligono le mura domestiche, una volta fuori di casa lo considerano il tramite per fare conoscenza, scambiarsi sapere ed esperienze, parlare del proprio territorio.
“Il vino è identità – sottolinea Carlo Buzzi, direttore del Dipartimento Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Trento – territoriale, di gruppo e personale. Legato ad un preciso stile di vita, il consumo di vino è più competente, fa la differenza. Tra molti giovani, in particolare in Italia, il consumo di vino non è un consumo di massa, ma di gran lunga inferiore alle altre bevande alcoliche. Ha caratteristiche élitarie, il suo consumo aumenta con il crescere dell’età ed è più intenso tra i giovani con un background culturale medio alto. Il vino non può essere omologato alle altre bevande alcoliche. Prima di tutto perché prima della quantità conta la qualità”. Senza dimenticare, aggiunge Charlie Barnao, sociologo dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, “la sua importante funzione di integrazione tra le persone. Messaggi che le famiglie, le istituzioni e il mondo della ricerca devono trasmettere tutti insieme alle nuove generazioni”.
“Per trasmettere ai giovani questo messaggio – sottolinea il presidente di Enoteca Italiana Claudio Galletti – occorre, prima di tutto, liberare il campo dagli equivoci legati al suo consumo, troppo spesso sotto accusa quando si parla di problemi legati all’alcol, e ripartire dall’educazione al territorio e alla sua cultura, dove il vino è da sempre presente”. Ma da dove cominciare? Prima di tutto dal concetto fondamentale che il vino è un alimento e come tale deve essere considerato: “per fare cultura è importante anche partire dagli aspetti negativi che si attribuiscono al vino, per portare degli esempi e quindi informare correttamente – spiega Carlo Cannella, presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione – non c’è altro alimento come il vino che va consumato con moderazione perché è una bevanda alcolica. Ma non è una medicina da dosare, perché la sua natura è anche quella di veicolare emozioni. L’abuso fa male, ma un pasto accompagnato da un bicchiere di vino allieta la giornata e fa bene all’umore”.
Secondo l’indagine “Etnografia del consumo del vino negli spazi pubblici” del professor Omar Calabrese, docente di Semiotica delle arti del Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Siena, e di Luca Acquerelli – nuovo capitolo della collona “I Fogli di Bacco” di Enoteca Italiana – è il consumo critico, legato alla qualità piuttosto che alla quantità, la tendenza che si fa sempre più strada tra i giovani, e sulla quale puntare. Il vino è sinonimo di intimità, perché è prima di tutto in famiglia che ci si avvicina al suo mondo, e di contatto diretto tra le persone, anche che non si conoscono. I giovani amano berlo in compagnia e se prediligono le mura domestiche, una volta fuori di casa lo considerano il tramite per fare conoscenza, scambiarsi sapere ed esperienze, parlare del proprio territorio.
“Il vino è identità – sottolinea Carlo Buzzi, direttore del Dipartimento Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Trento – territoriale, di gruppo e personale. Legato ad un preciso stile di vita, il consumo di vino è più competente, fa la differenza. Tra molti giovani, in particolare in Italia, il consumo di vino non è un consumo di massa, ma di gran lunga inferiore alle altre bevande alcoliche. Ha caratteristiche élitarie, il suo consumo aumenta con il crescere dell’età ed è più intenso tra i giovani con un background culturale medio alto. Il vino non può essere omologato alle altre bevande alcoliche. Prima di tutto perché prima della quantità conta la qualità”. Senza dimenticare, aggiunge Charlie Barnao, sociologo dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, “la sua importante funzione di integrazione tra le persone. Messaggi che le famiglie, le istituzioni e il mondo della ricerca devono trasmettere tutti insieme alle nuove generazioni”.