Il buon vino merita un buon bicchiere
SIENA. Sono passati almeno 15 anni. Eppure, i ricordi di quel sabato pomeriggio in cui invademmo gli immacolati uffici e lo stabilimento della cristalleria Riedel di Kufstein nel Tirolo Austriaco rimangono vivissimi.
Eravamo un bel gruppo di produttori del Chianti Classico, invitati dal simpatico ed attivissimo Georg Riedel, che aveva da poco scoperto la crescente importanza nel mondo del vino toscano, dedicando al Gallo Nero uno dei suoi famosi e pregiati bicchieri di cristallo. L’ultima parte della visita fu elettrizzante. Seduti intorno ad un lungo tavolo, ciascuno con quattro bicchieri di forma diversa, attendemmo che Georg ce li riempisse con il contenuto di quattro differenti bottiglie di vino, accuratamente coperte.
“Ora, amici miei – esclamò l’ospite consegnandoci un foglio di carta con matita -, vorrei mettere alla prova la bontà del vostro palato. Vi chiedo perciò di indovinare i nomi dei quattro vini e di scriverli sul foglio”.
Dopo alcuni minuti di silenzio , appena interrotto da qualche bisbiglìo, per ricevere conferma delle proprie sensazioni dai vicini, Georg raccolse i foglietti e procedette alla lettura dei risultati. Per tre dei quattro vini, si delineò subito una certa percentuale di concordanze: il n. 1 venne dai più indicato come un Chianti Classico; il n. 3, invece, fece pensare a diversi fra noi ad un buon Bordeaux; il n. 4, meno evidente, raccolse però vari consensi come probabile SuperTuscan. Nell’insieme, le valutazioni della maggioranza fra noi risultarono corrette e ricevemmo i complimenti del padrone di casa.
Con i risultati del vino n. 2 la scena cambiò completamente e ce ne rendemmo subito conto dal largo sorriso con cui Riedel iniziò a leggere le nostre valutazioni. Ricordo che, per quanto mi riguardava, avevo scritto: vino probabilmente difettoso. Altri uscirono fuori con una serie di ipotesi varietali o territoriali fra le più diverse; alcuni si astennero. Insomma, quasi uno scenario da “Bar dello Sport”.
Poi la rivelazione: il vino del bicchiere n. 2 era identico al n. 1. Si trattava dello stesso Chianti Classico del medesimo produttore. L’unica differenza, ci rivelò Georg visibilmente compiaciuto, era nel tipo di bicchiere usato. Un bicchiere inadatto per forma e caratteristiche a quel particolare tipo di vino.
Oggi, il numero dei ristoratori che non si curano di proporre vini di buon livello nel bicchiere più adatto, è, per fortuna, molto diminuito. Ma è sorprendente quanti tra essi (e anche quanti fra i nostri amici interessati al vino!) continuino a considerare la scelta del bicchiere più adatto come una inutile ricercatezza o come una pura forma estetica senza significato.
Avete mai riflettuto alla stretta correlazione che esiste tra le voci ed i vini? Molti sostantivi usati per descrivere le voci di grandi o buoni cantanti, potrebbero essere tranquillamente adoperati per definire i vini: vigore, profondità, morbidezza, spessore, dolcezza, trasparenza, ampiezza, armonicità.
E perché non pensare alla scelta dei bicchieri come a quella di un impianto “alta fedeltà” che trasmetta nel modo migliore alle nostre orecchie le voci dei cantanti favoriti?