Basta con il terrorismo gusto-olfattivo, uno strano linguaggio esoterico
SIENA. Più o meno, sono ormai d’accordo tutti: la Rivoluzione (più poeticamente: il Rinascimento) del vino toscano e poi di quello italiano ha avuto inizio nella seconda metà degli anni 80 ed ha proseguito per tutti gli anni ‘90. Si è anche parlato di una sua prima fase più enologica (in cantina) e di una seconda più agronomica (in vigna).
Alla Rivoluzione eno-agricola vorrei sommessamente aggiungerne due, forse meno eclatanti e visibili ma certo importanti per il costume, soprattutto in Toscana: quella dello stile e quella del lessico. Chiamo “stile” le caratteristiche del vino che ci si manifestano dalla combinazione dell’olfatto (profumi, aromi) e del palato. Bene. Ricordo perfettamente che, prima degli anni medio-ottanta , i vini che esprimevano prima al naso e poi nel retro-palato profumi o aromi penetranti e decisi (fruttato, floreale, sottobosco eccetera), venivano immancabilmente classificati come “trafficati”, cioè non genuini. La nostra cultura del vino non li accettava, semplicemente perché erano sconosciuti. E perché erano sconosciuti? Perché la stragrande maggioranza dei produttori non riusciva ad ottenerli.
Non rivelo certo un segreto se ricordo che il Tignanello (con l’uvaggio allora rivoluzionario di Cabernet Sauvignon con Sangiovese), inizialmente in Toscana non piacque. O meglio: piacque “di ritorno”, in quanto sempre più richiesto nei ristoranti dalla clientela non toscana. Quando i Sangiovesi erano “muti”, nel bicchiere cantavano solo i forti aromi del Cabernet e poi del Merlot, spesso extra territoriali.
Oggi che la nuova agricoltura ed enologia Toscana fanno parlare con forza anche i Sangiovesi, i Canaioli ed i Ciliegioli, nessuno si sogna più di definire “trafficati” i vini dai profumi penetranti e decisi. La rivoluzione del lessico, cioè del modo di descrivere un vino, è la diretta conseguenza di quella dello stile. Quando i profumi ed il gusto divengono sempre più evidenti, puliti, precisi, anche il vecchio vocabolario si deve dare una mossa. Prima ci si arrangiava con genericità come: profumo intenso, etereo; oppure gusto tipico, caratteristico.
Oggi bisogna tirare fuori dai cassettini della memoria tutto quello che si è immagazzinato e poi compararlo, decidere ed esprimersi con decisione. Senza esagerare naturalmente nel senso opposto in quello che definisco tranquillamente terrorismo gusto-olfattivo, uno strano linguaggio esoterico, fatto il più delle volte per spaventare il lettore ed impedirgli di esprimere con tranquillità la propria validissima opinione.