Gli abbinamenti di Campione: uno stimolo a continuare le accoppiate
di Gianfranco Campione
SIENA. Malgrado le sue insopportabili manifestazioni e i suoi eterni e assurdi riti, non riesco a disinteressarmi del tutto della politica. Il caldo, forse dandomi alla testa, mi ha suggerito in questi giorni alcuni accostamenti, che vorrei proporvi, tra alcuni dei suoi protagonisti ed i vini.
Berlusconi: uno spumantino da Luna Park che, rivestitosi (etichetta classica, bottiglia champagnotta, capsula dorata e tappo a fungo con gabbia) da Champagne millesimato, ha pensato di poterli emulare sui tavoli del mondo che conta. Ma Obama, la Merkel e i mercati non possono prendere sul serio le bollicine ottenute in pochi giorni con l’anidride carbonica. Il vero pérlage si ottiene con anni di lenta preparazione in cantina.
Di Pietro: un tempo (ma nemmeno tanti anni fa!) si diceva che gli unici vini genuini erano quelli che faceva il parroco nella sua vigna dietro la chiesa. Poi si è scoperto che i vini del parroco erano una bufala. Purtroppo, l’aura di semplicità e onestà che hanno accompagnato i primi passi politici dell’ex magistrato è scomparsa, sostituita da pesanti sentori di demagogia, populismo e inutile furbizia. Che delusione!
Monti: ampia struttura, sobrietà, lunga preparazione in vigna, onestà di pratiche: proprio come i grandi Baroli. Ma non è che è stato invecchiato un po’ troppo a lungo nelle botti e che, asciugatosi per molti anni in legno di castagno sia divenuto troppo austero ? Sarebbe un’eresia ammorbidirlo con un po’ di Primitivo?
Bersani: un Barbera dei Colli Piacentini, rosso violetto, genuino e vivace. Assorbe bene il grasso dei salumi, ma come ne verrebbe fuori se dovesse assorbire, in posti di alta responsabilità nazionale, gli spreads, i ratings e le complicate strategie dei banchieri e dei grassi speculatori di Wall Street e della City?